CONTE ALLA RESA DEI CONTI - SOLTANTO SE LA SINISTRA PERDESSE ANCHE LA TOSCANA IL GIUSEPPI RISCHIEREBBE DI LASCIARCI LE PENNE. IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO HA PERSO CIRCA IL 30% DI APPREZZAMENTO E HA IL FIATO SUL COLLO DEL QUIRINALE CHE MONITORA CON LA MASSIMA ATTENZIONE L'APERTURA DELL'ANNO SCOLASTICO (MATTARELLA HA VOLUTO CHE IL PREMIER CI "METTESSE LA FACCIA" SULLA SCUOLA INVECE DI LASCIARE SOLA LA AZZOLINA) - LA LEADERSHIP DEI GRILLINI È GIÀ SEGNATA. COLLEGIALE O INDIVIDUALE, RUOTERÀ INEVITABILMENTE INTORNO A DI MAIO. . E NON È UN CASO CHE GRILLO…
Marco Antonellis per “Italia Oggi”
Tutta la politica è in trepidante attesa dei risultati delle prossime elezioni regionali: «Sono questi risultati che faranno la differenza per il governo più che il referendum» spiegano fonti della maggioranza. Gli scenari che si vanno delineando a poco più di una settimana dal voto sono sostanzialmente tre: 3 a 3 tra centrodestra e centrosinistra, 4 a 2 per il centrodestra o addirittura 5 a 1 per Salvini e company. A Palazzo Chigi sanno bene però che il governo rischierebbe veramente solo in un caso: con il 5 a 1 per il centrodestra.
Insomma, solo perdendo anche la Toscana il governo potrebbe subire serie ripercussioni mentre con un 4 a 2 per il centrodestra (con i dem che tengono Campania e Toscana) o, meglio ancora, con un 3 a 3 (che comprenderebbe la vittoria di Emiliano in Puglia) Conte, al netto di qualche screzio tra alleati, potrebbe addirittura uscirne più saldo di prima. Ma le prossime elezioni regionali oltre che per il futuro del governo e del Pd saranno fondamentali anche per il futuro dei 5 Stelle.
Da giorni, anzi da settimane, si rincorrono le voci su quale sarà la nuova leadership del Movimento 5 Stelle, il maggiore azionista di governo intorno al quale, almeno oggi, gira il futuro dell'esecutivo. «È un dibattito francamente sterile e fuorviante.
La politica a volte sa essere oscura, ma raramente il quadro è così nitido come oggi» spiegano fonti di primo piano del Movimento. Basterà analizzare meticolosamente gli sviluppi della campagna referendaria e delle regionali che si terranno il 20 e il 21 settembre. E basterà invertire la chiave di lettura. Non occorre domandarsi se è Luigi Di Maio, o meno, a volerci mettere sempre la faccia per chissà quale attitudine mediatica del personaggio.
Non è questo il punto da cogliere. Al contrario, ciò che si sta pian piano materializzando all'interno dell'arena grillina è che non è Di Maio a voler fare campagna elettorale, ma è la base 5 Stelle a voler fare campagna solo con Di Maio. Non c'è, con tutta evidenza, nessun altro in grado di portare la gente piazza come fa il ministro degli Esteri, ormai stabilizzato in un equilibrio che mai avremmo potuto immaginare dopo il suo congedo da capo politico del M5S. Vuoi le relazioni con il mondo diplomatico, vuoi le influenze di uno dei dicasteri più pesanti del governo come la Farnesina, vuoi il sostegno incondizionato di ambasciatori di primo piano come Ettore Sequi ed Elisabetta Belloni e vuoi la capacità di influenza e la grande rete di contatti che tutti attribuiscono al portavoce, Augusto Rubei, fatto sta che il giovane-vecchio «Giggino» è tornato ad essere al centro della scena politica, forse come non lo era nemmeno poche settimane dopo la vittoria delle politiche del 2018. Insomma, la leadership dei grillini è già segnata. Collegiale o individuale, ruoterà inevitabilmente intorno a Di Maio.
sergio mattarella giuseppe conte 9
E a deciderlo non dovrà essere il blog o il gruppo parlamentare, perché lo hanno fatto già le piazze di questi giorni, lo hanno già scelto i territori, gli stessi territori con cui il Pd dovrà necessariamente mediare se in futuro vorrà portare a casa un'alleanza organica, come continua a ripetere Zingaretti. E, guarda il caso, la prima proposta ai dem di un tavolo nazionale per le grandi città al voto nel 2021 è partita, con la sorpresa di tutti, proprio da Luigi Di Maio. Sono in molti nei palazzi che contano a dire che il ragazzo è incredibilmente cresciuto.
Gli incontri con Letta e Draghi e gli apprezzamenti che gli stessi non hanno nascosto nei suoi confronti lo dimostrano. E non è un caso che, si racconta, Beppe Grillo in primis sia tornato a proiettarsi tra le braccia di Di Maio. Il comico genovese, del resto, ha sempre avuto un certo fiuto per queste cose. Ma soprattutto lo dimostra l'attuale panorama politico, oltre la stessa orbita grillina. Salvini è alle prese con le proprie difficoltà interne e ha Zaia alle calcagna.
Zingaretti è alle prese con Orlando e Delrio che continuano a scalpitare mentre Franceschini si è «strategicamente» inabissato. Conte sembra invece essere in caduta libera: il presidente del Consiglio ha perso circa il 30% di apprezzamento rispetto ai picchi che si sono registrati nel corso dell'emergenza Coronavirus. Ed ha il fiato sul collo del Quirinale che monitora con la massima attenzione l'apertura dell'anno scolastico ed ha voluto che Conte ci «mettesse la faccia» sulla scuola invece di lasciare sola la Azzolina (da qui la conferenza stampa in pompa magna del Premier insieme al Ministro dell'Istruzione).