renzi padoan gentiloni

IL DEF SMONTA LE FAVOLE DEL DUCETTO. E PER QUESTO, MATTEO LANCIA UN ANATEMA CONTRO I COLLABORATORI DI PADOAN – LA BOSCHI HA LE VISIONI: INDIVIDUA UN TESORETTO MISTERIOSO DA 47 MILIARDI. LA RESA DEI CONTI E’ ATTESA IN AUTUNNO, CON UNA MANOVRA “MONSTRE” - PADOAN E CALENDA "AGNELLI SACRIFICALI"

 

1. E’ COLPA LORO, E RENZI PUNTA L’INDICE CONTRO I DIRIGENTI DEL MEF

 

Francesca Schianchi per la Stampa

 

divorzio renzi padoandivorzio renzi padoan

«Per mesi hanno detto che avevo lasciato un buco nei conti: adesso si dimostra che non è così». Nelle settimane scorse, l' ex premier Matteo Renzi aveva dichiarato in pubblico e in privato la sua contrarietà all' introduzione di nuove tasse nella manovrina da 3,4 miliardi richiesta dall' Europa. In particolare, non voleva sentire parlare di aumenti dell' Iva, o rincari della benzina o dello zucchero, che periodicamente rispuntavano sui giornali come una possibilità: ora sono esclusi, sospira soddisfatto con alcuni collaboratori. E, parlando con loro, individua i responsabili di quella che ritiene una campagna contro di lui: i dirigenti del Ministero dell' Economia.

 

Nel libro che sta scrivendo, in uscita il 10 maggio, uno dei capitoli più frizzanti sarà proprio quello dedicato ai suoi rapporti da inquilino di Palazzo Chigi con i funzionari del Mef. Spesso burrascosi: tanto che, gli hanno raccontato, tra chi ha brindato la sera della sua sconfitta, il 4 dicembre, c' erano anche non pochi di loro. «Io sono stato un sindaco, un amministratore, sono un rompiscatole», ammette con i suoi, convinto che, per fargliela pagare, si siano adoperati ad alimentare l' idea che abbia speso senza controllo costringendo il suo successore Gentiloni a ripianare i conti.

 

yoram gutgeldyoram gutgeld

Lo ha colpito che nel Def abbiano indicato che potrebbe esserci un significativo aumento del Pil, come se arrivasse per una fortunata congiuntura: «Sono le nostre misure che cominciano a dare frutti», insiste. E sottolinea compiaciuto che anche i provvedimenti scelti dal governo per la manovrina, lo Split payment e Equitalia, sono idee che risalgono alla sua gestione; una suggerita da Gutgeld, l' altra da Nannicini e Ruffini.

 

Ma all' orizzonte c' è anche la manovra prossima ventura, quella d' autunno, che rischia di essere impegnativa e per niente «elettoralistica», a pochi mesi dal voto. Tanto che qualcuno di nuovo riaffaccia l' idea del voto anticipato: l' ultimo a farlo, ieri, nel corso di una riunione di gruppo Pd al Senato, è stato il sottosegretario Luciano Pizzetti. «La legislatura si è chiusa il 4 dicembre», ha detto ai senatori il vice della Finocchiaro.

 

Tommaso NanniciniTommaso Nannicini

Finita la spinta propulsiva e, dinanzi a una manovra lacrime e sangue, meglio sarebbe per molti renziani andare al voto e lasciare che se la intesti il governo appena eletto. «Noi stiamo governando, non lo chiederemo noi - frena però l' ex premier - ma la verità è che tutti gli altri hanno paura delle urne». Manca ancora la legge elettorale: «Ci sta bene qualsiasi legge sia proposta in modo serio», dichiara in tv da Lilli Gruber, ribadendo di aspettare una proposta da quelli del no al referendum, «non li chiamo più accozzaglia ma vasta coalizione», quelli «bravi solo a mugugnare».

 

Lui, per ora, ha in mente le primarie del 30 aprile (sull' affluenza taglia corto: «quelli che saranno, centomila o cinque milioni, è comunque una grande dimostrazione di partecipazione democratica»), distratto solo dalle novità sul caso Consip, «una vicenda veramente grave: se fossi ancora presidente del consiglio sarebbe stato uno scandalo internazionale».

SLIDES SU PIL SLIDES SU PIL

 

Lancia una frecciata al ministro Calenda («sarebbe un' ottima idea per il centrodestra lui come leader, non so quanto per Calenda»), e fa i complimenti a Gentiloni e al ministro Padaon «bravi, le tasse non aumentano». Ma lancia un avvertimento: «Il tema vero è come continuare ad andare avanti, perché l' economia sta ripartendo ma noi andiamo ancora piano».

 

2. I numeri e la realtà la resa dei conti arriva in autunno

 

Massimo Giannini per la Repubblica

 

SPREAD  SPREAD

Lo spread a quota 211, il livello più alto degli ultimi tre anni, non è il miglior "benvenuto" al pacchetto Gentiloni- Padoan. Certo, i mercati fibrillano soprattutto per l' incertezza del voto francese del 23 aprile. Ma diciamolo con franchezza: il combinato disposto "Manovra aggiuntiva-Documento di economia e finanza- Piano nazionale delle riforme" non scalda i cuori. E neanche i cervelli. Quei testi (per quel poco che ancora ne conosciamo) raccontano un Paese sospeso tra due opposti.

 

Un pozzo che guarda il cielo. Il "pozzo" sono i deprimenti tamponi previsti dalla manovrina da 3,4 miliardi: la pioggerella di accise sugli alcolici e le sigarette, la spremutina di balzelli sul "gratta e vinci" e le lotterie, la rottamazione delle liti fiscali, l' inestimabile "lotta all' evasione" (nel senso che non se ne può stimare il gettito, anche se si quantifica sempre in cifre-monstre) e l' irrinunciabile "spending review" (nel senso che non si rinuncia mai a evocarla, anche se si traduce spesso in tagli semi-lineari).

 

maria elena boschi a porta a porta  4maria elena boschi a porta a porta 4

Il "cielo" sono le mirabolanti ambizioni indicate dal Def e dal Pnr: il "cruciale abbattimento del cuneo fiscale per aumentare il reddito disponibile dei lavoratori", il "taglio dei contributi sociali per le fasce più deboli (giovani e donne)", i 3,2 miliardi per il "reddito di inclusione alle famiglie in povertà", gli "ulteriori 2,8 miliardi per i rinnovi contrattuali del pubblico impiego" (come li ha fumosamente quantificati il ministro Padoan), il "tesoretto" da 47,5 miliardi (!) di investimenti disponibili fino al 2032 (come lo ha misteriosamente definito la Sottosegretaria Boschi).

 

In mezzo, c' è la dura realtà. Che gli stessi documenti del governo, tra le righe, non possono occultare. La realtà dice che quest' anno la crescita stimata sarà dell' 1,1% (contro una previsione iniziale dell' 1), ma per i due anni successivi riscenderà all' 1%, (contro una previsione iniziale dell' 1,3 nel 2018 e dell' 1,2 del 2019). La realtà dice che quest' anno la pressione fiscale scenderà al 42,3% del Pil (contro il 42,9 del 2016), ma nei due anni successivi risalirà al 42,8%. Quindi: la ripresa resterà fiacca e le tasse non caleranno.

 

Un governo a fine legislatura, che non ha nulla da perdere, poteva e doveva osare di più. Il pacchetto Gentiloni-Padoan, alla fine, serve essenzialmente a due cose. Primo: "comprare benevolenza" a Bruxelles, dove la "manovrina di primavera" da 3,4 miliardi ci salverà dalla procedura d' infrazione. Secondo: "comprare tempo" a Roma, dove la "manovrona d' autunno" da 30 miliardi diventerà la madre di tutte le battaglie.

 

PADOAN GENTILONI1PADOAN GENTILONI1

Una battaglia campale di cui già ora si vedono le schermaglie, e di cui lo stesso "decretone omnibus" dell' altro ieri (non a caso varato "salvo intese", come si dice quando non c' è accordo sui testi) è un riflesso evidente e dolente. Manovrina, Def e Pnr sono il frutto di un braccio di ferro pericoloso (che ci accompagnerà fino alla Legge di Stabilità di settembre) tra la Politica e la Tecnica.

 

Da una parte c' è Renzi. L' ex premier non molla, come dimostra la tornata di nomine nelle Spa partecipate dal Tesoro. Anzi, dopo il voto nei circoli rafforza la sua presa sul Palazzo (Chigi e Nazareno) e la sua pretesa sull' Europa ("veto sul Fiscal Compact!"). Non vuole sentir parlare di nuove tasse (e qui ha ragione, perché di tasse da pagare ne abbiamo già troppe). Ma esige che ogni atto del nuovo governo presupponga la celebrazione solenne dei "successi" di quello vecchio (e qui ha torto, perché di successi da celebrare ce ne sono ben pochi).

 

CARLO CALENDA A CAPALBIO - foto Enzo RussoCARLO CALENDA A CAPALBIO - foto Enzo Russo

Dall' altra parte ci sono Padoan e Calenda, che tentano una difficile resilienza. Padoan, trattato da "scolaretto", cerca di non piegare del tutto l' aritmetica del bilancio pubblico alla retorica della narrazione renziana. Ma fa una fatica immonda, e i risultati finora sono stati modesti. Esempi: la manovrina rinunciataria dal lato dello sviluppo, le privatizzazioni bloccate e ridimensionate da 8 a 5 miliardi, la gestione pasticciata del dossier banche.

 

Calenda, trattato da "reietto", cerca di sottrarsi al "fuoco amico" al quale sono esposti i provvedimenti che portano la sua firma. Ma fa uno sforzo immane, e anche in questo caso i risultati sono stentati. Esempi: la legge sulla concorrenza che aspetta da due anni e che è stata trasformata in un calvario dagli stessi colleghi ministri, e la norma anti-scorrerie, che doveva finire nel decretone di martedì ed è invece saltata.

 

Con una coda velenosissima, che dimostra a sua volta i colpi bassi che volano tra governo e partito. L' altro ieri sera dal Nazareno filtrava una velina, in pieno stile "Agenzia Stefani", in cui si dava conto del fatto che la norma anti-scorrerie, che "il ministro dello Sviluppo voleva inserire nella manovrina", è stata bloccata da Renzi, "attraverso Matteo Orfini e Ettore Rosato, perché sarebbe stata "pro-Mediaset". Cioè sarebbe servita a Berlusconi a evitare la scalata di Vivendi.

ORFINI RENZIORFINI RENZI

 

Un' autentica "fake news", visto che il testo del provvedimento prevede espressamente che "gli obblighi di cui al precedente comma si applicano esclusivamente agli acquisti di partecipazioni effettuati successivamente alla data di entrata in vigore del presente decreto". Dunque, non essendo retroattiva, il Cavaliere non avrebbe potuto usarla comunque per fermare Bollorè.

 

Ma tanto è bastato per rappresentare Calenda (già accusato di flirtare con Forza Italia), come l' autore dell' ennesima "legge ad personam". E' solo l' ultimo incidente, l' ultimo, che testimonia di quanto sia aspro già ora lo scontro interno alla maggioranza. E di quanto sia complessa la mediazione per Gentiloni. Ieri mattina il premier ha telefonato a Calenda per dargli il suo sostegno, almeno in "privato", perché "in pubblico" non se lo può permettere.

 

Ma si può andare avanti così, con un quadro politico sempre più sfarinato e un contesto economico sempre più complicato? E che succederà dopo il 30 aprile, quando Renzi verosimilmente si dichiarerà "trionfatore" alle primarie, fosse pure con un solo voto di vantaggio su Orlando e Emiliano? Lascerà la Legge di Stabilità a più alta intensità politica degli ultimi anni nelle mani degli odiati tecnici? O gliela vorrà dettare lui, col portafoglio generoso e l' occhio proteso alle urne del 2018? Urge una risposta.

 

renzi orlando emilianorenzi orlando emiliano

Magari già dal primo maggio, cioè il giorno dopo la chiusura di quei "gazebo democratici" nei quali da troppo tempo sembra imprigionato l' intero Paese. Tocca a Renzi l' onore e l' onere di spiegare agli italiani se quello di Gentiloni è davvero il "governo amico", o se invece (dopo l' apparente "riabilitazione" su Consip e l' imminente "re-incoronazione" nel Pd) non possa ancora scattare l' ora del fatidico #paolostaisereno.

 

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