COMUNISTI FOR EVER! RENZI NON STARE SERENO: ALTRO CHE CANI SCIOLTI, DIETRO LA FRONDA DELLA MINORANZA PD CONTRO MATTEUCCIO NON C’È SOLO LETTA NIPOTE MA CULATELLO BERSANI IN PERSONA, TORNATO A TRAMARE FULL TIME
Maria Teresa Meli per "Il Corriere della Sera"
Matteo Renzi nella palude: il presidente del Consiglio, dopo avere evocato questo pericolo, si trova adesso in prossimità di quell'acqua stagnante che rappresenta il suo incubo.
Lo stagno non è il Parlamento, perché ieri la prova del Senato è andata bene. «Il 95 per cento del gruppo era con me», ha detto il premier. E ha aggiunto: «Del resto, l'ho detto chiaramente, non voglio una riforma purchessia, se è questo che volete, cercatene un altro: io non sono attaccato alla poltrona».
La riunione, in effetti, è andata bene. Chiti, che nell'entourage renziano tutti sospettano sia mandato avanti da Pier Luigi Bersani, è rimasto isolato. Quindi non è questo il vero cruccio del premier. Sono i «soliti mandarini» quelli che, secondo lui, vorrebbero il suo «impantanamento».
Si parla dei vertici della burocrazia, dei dirigenti della Pubblica amministrazione. Che stiano al Mef, per «boicottare le nomine» volute dall'inquilino di palazzo Chigi, o altrove, per frenare la corsa renziana, e, magari lanciare allarmismi sul fenomeno dell'immigrazione. Perciò oggi il segretario del Pd spiegherà perché e per come ha deciso di «cambiare verso al modo in cui finora si è affrontato il nodo della Pubblica amministrazione».
Quella del presidente del Consiglio è una corsa a ostacoli contro il tempo. Con chi è in confidenza il Renzi piè veloce ammette che i problemi ci sono e che la battaglia è ardua: «Non stiamo certo annegando nella palude, ma stiamo a galla con enorme fatica. Passiamo le notti a combattere gli immobilismi e i mandarini. E continueremo a passarle così. Non sarà facile, ma alla fine avremo la meglio».
La svolta, lo sa bene anche il premier, potrebbe venire dal voto del 25 maggio. Un risultato eccellente sgraverebbe il presidente del Consiglio da molti problemi. Ma Beppe Grillo e il suo movimento incombono. In Sicilia sono in testa al Pd nei sondaggi, al Sud è un testa a testa e in Toscana ed Emilia-Romagna la situazione è meno rosea di quanto potrebbe apparire. Il «marchio» Renzi funziona. Su questo non c'è dubbio.
Tutte le rilevazioni sono univoche. Ma il consenso e l'entusiasmo generati dal premier non si traducono ancora in voti per il Partito democratico. Anche per questo motivo Matteo Renzi farà campagna elettorale. Il presidente del Consiglio farà comizi e incontri in alcune grandi città : Firenze, Bari, Modena, Prato, Bergamo. Europee a parte, l'idea è quella di strappare altre due regioni al centrodestra, dopo la vittoria della Sardegna: il Piemonte e l'Abruzzo. Sarebbero tre regioni conquistate in tre mesi.
Dunque, campagna elettorale, senza esagerare, però. «Le elezioni europee - ha spiegato l'inquilino di palazzo Chigi ai suoi - non vanno trasformate in un referendum su me e sul governo. Questo è quello che vorrebbe Beppe Grillo e nessuno ha intenzione di fare il suo gioco. à chiaro che il voto sarà anche un test per l'esecutivo, ma questo è un altro discorso».
Già , il Movimento 5 Stelle è l'incubo del presidente del Consiglio. Nel suo staff temono che di fronte alla decisione di abbassare il tetto degli stipendi dei manager di Stato, Grillo possa rilanciare, proponendo un referendum per tagliare anche i soldi che finiscono nelle mani dei privati. Sarebbe come fare «più uno». E questo spiazzerebbe il Partito democratico.
Con lo sguardo rivolto ai sondaggi su Grillo, Renzi si prepara anche alle prossime battaglie interne al partito. Quella sul Jobs Act: il presidente del Consiglio, infatti, sa che la sinistra del Pd, che sul Senato gli è andata dietro, tornerà alla carica su questo punto. E poi c'è l'Italicum. Lì la minoranza del Partito democratico si appresta a giocare la sua partita. Sono tutti pronti ai nastri di partenza, Bersani in testa. Sì, proprio Bersani, che sulla riforma elettorale vuole condizionare le mosse del premier, tanto più adesso che Forza Italia appare più che mai fredda sul cosiddetto accordo del Nazareno.
«C'è chi vorrebbe condizionarmi e rallentarmi», dice spesso e volentieri Renzi. Ma c'è un di più. Che nel giro stretto del presidente del Consiglio si sussurra soltanto, per evitare di aprire nuovi fronti polemici. Il di più è un sospetto: che Bersani voglia dimostrare di avere dalla sua la maggioranza dei gruppi parlamentari per far pesare questa realtà quando verrà il momento di scegliere il nuovo capo dello Stato...
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