DOMANDA: MA DOV’È FINITO IL DECRETO DI SALVATAGGIO SULLE BANCHE VENETE? SENZA, LA BCE DOVRÀ DICHIARARNE DOMANI IL FALLIMENTO, CON EFFETTI IMMAGINABILI SU RISPARMIATORI, OCCUPAZIONI E IMPRESE DEL NORDEST - ECCO PERCHÉ PADOAN E GENTILONI OPPONGONO RESISTENZA ALLA PROPOSTA DI INTESA SU BAD BANK E CONTO DELLO STATO
1. MA DOV’È IL DECRETO SUL SALVATAGGIO DELLE BANCHE VENETE? SENZA, LA BCE DOVRÀ DICHIARARNE IL FALLIMENTO
DAGONOTA - Ma il decreto sul salvataggio delle banche venete dov'è e, soprattutto, cosa contiene? Sembra che il governo esiti rispetto ai contenuti di cui si e' parlato sinora. Se così fosse, la Bce non può che prepararsi (in assenza di decisioni da Roma) a dichiarare il fallimento di Veneto Banca e Popolare di Vicenza, con gli effetti immaginabili su risparmiatori, occupazione e imprese del Nordest che stanno cercando di ripartire. Gentiloni e Padoan, se ci siete battete un colpo, qualsiasi cosa vi dicono dal Pd...
2. BANCHE VENETE, CORSA CONTRO IL TEMPO PER EVITARE IL FALLIMENTO
Osvaldo De Paolini per www.ilmessaggero.it
Ore di forte tensione attorno ai contenuti del decreto del governo destinato a risolvere il problema delle banche venete con un salvataggio in extremis. Le condizioni poste da Intesa Sanpaolo per rilevare al costo di 1 euro le due banche “ripulite” di ogni passività, solo in parte vengono infatti considerate accettabili dal governo: il tema degli esuberi (circa 3.500) sembra essere la pietra più spigolosa, anche se non la sola, che fino a questo momento non ha consentito di raggiungere l’accordo.
La resistenza del governo ad accogliere la proposta vincolante di Intesa è per certi versi comprensibile: ai 5-6 miliardi che servirebbero per avviare la bad bank va infatti aggiunto il costo degli esuberi e quello della gestione dei crediti deteriorati dei due istituti, i quali possono essere forieri di perdite ulteriori. Un conto molto salato per lo Stato, che alla fine potrebbe superare anche 10 miliardi.
E tuttavia, qualora non si raggiungesse l’accordo e la Bce dovesse domani decretare il fallimento dei due istituti di credito, si entrerebbe in una fase di forte tensione per l’intero sistema bancario nazionale che verrebbe messo immediatamente sotto osservazione dalla Vigilanza Unica con conseguenze drammatiche per la nostra reputazione sui mercati.
In altre parole, il governo deve decidere se accogliere le condizioni di Intesa inserendole nel decreto di salvataggio, rischiando in tal modo le proteste di Bruxelles (che già ha sollevato dubbi sul fronte degli esuberi) e quelle della Ragioneria (che chiederebbe conto sulle coperture necessarie), oppure affrontare una situazione che, secondo i banchieri riuniti in Abi, porterebbe a conseguenze ben peggiori non solo per il Triveneto ma per l’intero Paese.
Non a caso un paio d’ore fa Lando Sileoni, segretario generale della Fabi, il sindacato che raggruppa cui fanno riferimento la maggioranza dei bancari, ha lanciato un segnale decisamente allarmante: «Ci appelliamo al premier Paolo Gentiloni, al ministro dell’Economia Padoan, a tutte le forze politiche affinché difendano col coltello tra i denti il settore bancario italiano, i lavoratori bancari delle due banche venete, i risparmiatori e le imprese».
E ancora: «In Europa c’è chi vuole i licenziamenti e il fallimento di Popolare di Vicenza e Veneto Banca. Il gruppo Intesa, che si è reso disponibile a salvarle e a scongiurare un effetto domino a danno del settore bancario, deve essere tutelato. Ci rivolgiamo alle istituzioni e alle forze politiche affinché almeno una volta il sistema Italia faccia quadrato e difenda gli interessi di tutte le parti in causa. Chiediamo infine al premier Gentiloni, sempre estremamente sensibile sugli argomenti di carattere sociale, di intervenire per fermare questo gioco al massacro che farebbe perdere credibilità al Paese e inciderebbe pesantemente sull’occupazione».