CHE FARÀ CONTE? LA RICHIESTA DELLA FIDUCIA BY DRAGHI SULLA RIFORMA DELLA GIUSTIZIA L’HA MESSO ALL’ANGOLO E LUI, INDECISO A TUTTO, NON SA CHE PESCI PRENDERE. I DEPUTATI PRONTI A NON VOTARE LA LEGGE CARTABIA VENERDÌ SONO UNA TRENTINA SCARSI. SE L’AVVOCATO DI PADRE PIO DÀ RETTA ALL’ALA MANEETTARA, IL M5S DOVRÀ USCIRE DALLA MAGGIORANZA E SARÀ INEVITABILE UNA SCISSIONE DEI “GOVERNISTI” GUIDATI DA DI MAIO (CHE SONO IL 40%) – ANCHE LETTA LO SCARICA: “PER NOI LA RIFORMA DELLA GIUSTIZIA È UNA PRIORITÀ E SONO SICURO CHE IL VOTO DI FIDUCIA LO DARÀ TUTTA LA MAGGIORANZA”
1 - DRAGHI SBATTE CONTE AL MURO: CHIEDENDO LA FIDUCIA L'HA SCHIACCIATO IN UN CUL DE SAC: SE LA POCHETTE DICE NO ALLA RIFORMA CARTABIA, IL M5S DOVRÀ USCIRE DAL GOVERNO, ANDARE ALL'OPPOSIZIONE E ASSISTERE ALLA SCISSIONE DEI ''GOVERNISTI'', ALMENO IL 40% DEI PARLAMENTARI CAPEGGIATI DA DI MAIO, CHE NON VOGLIONO ABBANDONARE LA MAGGIORANZA - SE CONTE DICESSE SÌ ALLA RIFORMA, OLTRE A PERDERE LA FACCIA, POTREBBE RITROVARSI UNA SPACCATURA UGUALE E CONTRARIA NEL M5S: L'ADDIO DEI GRILLINI DURI E GRULLI SEGUACI DI PATUANELLI, BONAFEDE, TRAVAGLIO, DI BATTISTA ETC. - COME FA SBAGLIA, ANZI SPACCA… E DIRE CHE A LUI E GUIDO ALPA DELLA RIFORMA FREGA POCHISSIMO: GLI INTERESSA RESTARE AL POTERE...
giuseppe conte foto di bacco (8)
2 - RIFORMA CARTABIA, ORA CONTE FRENA GLI SCONTENTI 5 STELLE
Federico Capurso per “La Stampa”
L'accordo appare «ancora lontano» a chi, nel Movimento, sta cercando in queste ore di sminare il terreno intorno alla riforma della Giustizia. «Servirebbe silenzio, mentre si lavora a testa bassa», sottolinea un pontiere, e invece «troppe voci incontrollate stanno avvelenando il clima».
Il riferimento è all'uscita infelice della ministra per le Politiche giovanili Fabiana Dadone, che venerdì ha minacciato le dimissioni dei ministri del Movimento se il testo della riforma non fosse cambiato, ma un certo fastidio viene mostrato anche per chi, dentro il gruppo parlamentare M5S, in questi giorni soffia sui malumori proponendo di uscire dal governo garantendo però un appoggio esterno. L'ipotesi rimbalza nelle chat e trova, soprattutto alla Camera, deputati disponibili al salto.
Più dei 30 disposti a non votare la fiducia venerdì prossimo, senza modifiche soddisfacenti sulla prescrizione, e abbastanza da innervosire gli alleati del Pd. Tanto da far ribadire ancora una volta ad Enrico Letta, dopo aver contattato Giuseppe Conte, che «per noi la riforma della Giustizia è una priorità e sono sicuro che il voto di fiducia lo darà tutta la maggioranza».
ALFONSO BONAFEDE GIUSEPPE CONTE
Come a voler far capire che il Pd farà asse coi Cinque stelle per ottenere qualcosa dalla trattativa, ma non li seguirà fino alla morte. Venerdì, qualunque sia il compromesso raggiunto, il Pd voterà a favore. E l'idea che il governo Draghi possa proseguire anche con un semplice appoggio esterno dei grillini viene bollata tra i Dem come «naif, nel migliore dei casi», perché per nulla al mondo vorrebbero trovarsi in minoranza in un governo a trazione salviniana.
Una volta chiarito che un terremoto politico sarebbe inevitabile, l'auspicio è che l'ipotesi di un appoggio esterno si squagli rapidamente anche tra gli ultimi pasdaran rimasti nel Movimento. A Letta sono arrivate anche le rassicurazioni del leader in pectore dei Cinque stelle circa la ferma volontà di ottenere una mediazione entro giovedì, così da arrivare serenamente al voto di fiducia.
Ci sono, però, ancora delle distanze da colmare e nelle ultime ore non si sono fatti passi avanti. Sull'entrata in vigore della riforma, innanzitutto, che i grillini vorrebbero spostare al 1 gennaio 2025 e che invece, per il governo, viene considerata troppo distante. Dei miglioramenti tecnici sull'articolazione dei processi per mafia, poi, sono stati assicurati sia dal premier che dalla Guardasigilli, e questo è un punto di partenza importante per Alfonso Bonafede e per la deputata Giulia Sarti, che si stanno occupando di individuare la strada giusta per arrivare a un'intesa.
giuseppe conte alfonso bonafede
Eppure, anche qui l'idea grillina di lasciare ai giudici di appello e Cassazione la possibilità di allungare i termini dell'improcedibilità, a seconda della complessità dei casi, non piace granché alla controparte governativa. Mancano cinque giorni allo showdown e la tregua resta fragile. Conte preferisce non parlare, per evitare ulteriori agitazioni interne. E Letta si trova così costretto a spendersi in prima persona per calmare le acque in casa M5S - un partito che non è il suo -, mentre si trova in Calabria per la campagna elettorale della candidata del centrosinistra alla presidenza della Regione, Amalia Bruni.
giuseppe conte dopo l incontro con mario draghi 1
«Alcuni miglioramenti e aggiustamenti sono nella logica delle cose - spiega il segretario Dem -. Poi ci sarà il passaggio al Senato, se ci sarà bisogno anche lì alcune cose si potranno aggiustare». E come tutte le riforme, aggiunge, «potrà esserci un periodo di prova, di come verrà presa, applicata e vissuta e ci sarà tutta la possibilità poi di aggiustare le cose».
Da una parte invita alla calma i grillini, dall'altra solleva perplessità tra le altre forze di maggioranza l'ipotesi di poter intervenire nuovamente in Senato, provocando ulteriori rallentamenti all'iter della riforma: «Il governo è d'accordo?» chiede il deputato di Azione Enrico Costa.
Ma dal Nazareno fanno capire che la battuta è stata «mal interpretata»: un eccesso di rassicurazioni. In altre parole, se arriveranno dei cambiamenti condivisi, bene. Altrimenti, il Pd voterà comunque a favore. Nessuno vuole un rimpallo tra le due Camere, «figuriamoci», fanno sapere. Ci manca solo che al triangolo di mediazioni tra Conte, Draghi e i malpancisti grillini, si debba fare i conti con un altro fronte.
3 - I TORMENTI DEI 5 STELLE SULLA GIUSTIZIA IL PD: FIDUCIOSI SUL SÌ, MA SI FACCIA IN FRETTA
Giuseppe Alberto Falci per il “Corriere della Sera”
«Sull'improcedibilità e sui reati di mafia non possiamo permetterci di indietreggiare. Non è una questione di bandierine. Ma se il governo non prendesse in considerazione le nostre istanze saremmo costretti a non votare la fiducia». A tarda sera, i dirigenti del M5S che parlano costantemente con Giuseppe Conte e che seguono passo passo l'evoluzione della trattativa con Mario Draghi e Marta Cartabia, accettano di parlare, sia pure coperti dall'anonimato.
NICOLA GRATTERI CAFIERO DE RAHO
E si sfogano. Forse drammatizzano, così da potere rivendicare, fra qualche giorno, un risultato. Di certo, si mostrano assai perplessi sull'esito finale della mediazione che riguarda la riforma del processo penale. I dubbi inducono ancora una serie di domande: «Quanto sarà lunga di lista di reati a cui non sarà applicata la riforma? In questa lista ci sono i reati di mafia? Altrimenti così come è la riforma è uno schifo».
Non è dato sapere se questi toni si tradurranno in atti concreti. Se, in sostanza, un Movimento ridimensionato dai sondaggi e ancora senza una guida formale avrà la forza di rompere e di uscire dal governo. L'unico dato politico vero è che le truppe parlamentari pentastellate continuano a non comprendere perché l'esecutivo non voglia ascoltare le criticità sollevate. Addirittura c'è chi, a taccuini chiusi, evoca la parola «complotto».
«Diciamoci la verità: chiediamo cose ragionevoli, le stesse del Csm, del presidente nazionale dell'Antimafia, Francesco Cafiero de Raho, di Nicola Gratteri. Perché allora non ce le concedono? Forse ci vogliono spingere fuori dal governo?». Nell'attesa, Conte ascolta i gruppi parlamentari, si confronta con i tecnici ed è sempre incollato al telefono in questo sabato di luglio da bollino rosso.
L'ex premier è nella Capitale in una giornata in cui nessuno osa proferire parola. Perché, confida chi siede alla trattativa, «ogni parola può essere male interpretata e di conseguenza potrebbe essere strumentalizzata da una parte o dall'altra. Avete visto cosa è successo alla Dadone? Meglio stare zitti e buoni».
rocco casalino con giuseppe conte
Ad esempio, Mario Perantoni, presidente della commissione giustizia, aspetta gli eventi prima di dire la sua. E domani Perantoni presiederà un ufficio di presidenza molto delicato dove verrà discussa e messa ai voti la richiesta avanzata da Forza Italia di allargare il perimetro della riforma del processo penale ai reati contro la pubblica amministrazione. Anche Angela Salafia, altro membro grillino della commissione Giustizia, resta in silenzio: «Salve le chiedo scusa, al momento sono fuori, non mi è possibile rispondere».
E mentre tutti si tengono coperti, i canali restano aperti. Luigi Di Maio e Stefano Patuanelli trattano con Palazzo Chigi, dove il dossier è nelle mani del sottosegretario alla Presidenza Roberto Garofoli. Entrambi i ministri sono convinti che sia possibile raggiungere una soluzione di compromesso prima dell'approdo in aula del provvedimento, fissato per il 30 luglio.
Anche Enrico Letta appare fiducioso «sul fatto che il voto troverà una maggioranza unita». In questi giorni i democratici hanno cercato di rendere più fluida l'interazione fra il governo e i 5Stelle. L'obiettivo del Pd resta quello «di approvare la legge prima possibile» escludendo la possibilità che il testo Cartabia possa essere modificato in Senato. «Figuriamoci», dicono dal Nazareno. E mentre tutto questo succede, rimbombano i mal di pancia dei 5Stelle: «Bisogna blindare tutti i processi per mafia».