A GENNAIO ARRIVA LA BEFANA DI RENZI - SARÀ CRISI A MENO CHE CONTE, PER RESTARE IN SELLA, NON CEDA SU TUTTI I FRONTI, INCLUSO SU QUELLO DELLA DELEGA AI SERVIZI SEGRETI - RENZI POTREBBE ANCHE USCIRE DAL GOVERNO, NON TOGLIENDOGLI LA FIDUCIA - BETTINI SUGGERISCE A CONTE DI AVVIARE UN RIMPASTO - LA MEDIAZIONE QUASI IMPOSSIBILE DI ZINGARETTI. È L'UNICO A CUI IL VOTO CONVERREBBE, MA SA CHE MATTARELLA, ANCHE IN CASO DI CRISI, NON ANDRÀ ALLE ELEZIONI PERCHÉ, CON QUESTO SISTEMA ELETTORALE, CONSEGNEREBBERO L'ITALIA AL CENTRODESTRA
Maria Teresa Meli per il ''Corriere della Sera''
italia23 il partito di giuseppe conte
C' è Giuseppe Conte, che respinge con queste parole il fantasma della crisi di gennaio: «Come la spiegherebbe Renzi agli italiani?». Il premier ne parla con i suoi consiglieri però non ne è sicurissimo: «Non mi fido», ha spiegato a un autorevole esponente dem non nascondendogli la diffidenza che prova nei confronti del leader di Italia viva.
C' è Renzi che ormai parla esplicitamente di quando staccherà la spina: «Meglio stare fuori dal Parlamento che dentro questo governo», si è lasciato sfuggire con un deputato. Un paradosso, una battuta ovviamente, perché il leader di Iv sa che anche in caso di crisi non si andrà alle elezioni.
L' ex premier comunque appare più che mai deciso e ieri in conferenza stampa ha illustrato un vero e proprio programma di governo. Di un altro governo, appunto: «Io mi sto giocando l' osso del collo sui contenuti non su beghe politiche». Come a dire che la crisi, checché ne pensi Conte, è più che spiegabile: questo esecutivo non è in grado di sfruttare l' occasione del Recovery fund e perciò deve lasciare il passo a un altro governo. A gennaio.
Ma l' ex premier potrebbe anche decidere per una mossa a sorpresa: far uscire Italia viva dall' esecutivo, non togliendogli la fiducia per senso di responsabilità.
E poi c' è Nicola Zingaretti, impegnato in un tentativo di mediazione quasi impossibile. È l' unico a cui il voto converrebbe, perché il Pd guadagnerebbe consensi, ma sa che le elezioni, con questo sistema elettorale, consegnerebbero l' Italia al centrodestra.
GIUSEPPE CONTE MATTEO RENZI - BY GIANBOY
E comunque è convinto che sul Recovery occorra «accelerare o si rischia». «Il piano - dice il segretario del Partito democratico ai suoi - deve essere approvato dal Consiglio dei ministri al più presto e poi andare in Parlamento. Se ne discute da troppi mesi».
Già, la «palude» è da sempre l' assillo di Zingaretti. E del Pd tutto, che chiede a Conte di «prendere iniziative» e di «dare risposte» a Renzi, ma anche agli stessi dem. Ma per come si sono messe le cose è difficile che si vada avanti.
L' eventualità di una crisi a gennaio è più che reale. A meno che Conte, per restare in sella, non ceda su tutti i fronti a Renzi, incluso su quello della delega ai servizi segreti che, secondo l' ex premier, dovrebbe affidare a «un uomo di fiducia o a un tecnico».
Ci sarebbe anche un' altra via, che è quella che, faticosamente, sta cercando di spianare Goffredo Bettini, padre nobile del Pd, impegnato in questi giorni a evitare uno showdown che «non farebbe bene al Paese».
Perciò Bettini ha suggerito a Conte di assumere lui in prima persona l' iniziativa di avviare un rimpasto. Finora il premier da quell' orecchio non ci ha voluto sentire. Come sanno bene gli esponenti di Leu che, quando sono stati ricevuti a Palazzo Chigi la settimana scorsa, si sono sentiti chiedere se erano interessati al rimpasto e volevano sostituire un ministro.
goffredo bettini gianni letta. giuseppe conte
Una domanda insolita, visto che Leu di ministro ne ha solo uno e, guarda caso, è anche il leader di quella formazione, ossia Roberto Speranza, titolare del dicastero della Salute. Un simile approccio al rimpasto la dice lunga sulle reali intenzioni del premier a riguardo.
E peraltro non è neanche detto che un consistente rimpasto basterebbe. L' altro giorno, interrogato sull' argomento, Renzi si è mostrato alquanto scettico: «Un Conte ter? Non credo proprio».
Ma se crisi sarà, come appare ormai probabile, il premier insiste nel volerla «parlamentarizzare». Un po' come fece con Matteo Salvini quando il suo governo numero uno cadde. La situazione attuale, però, è assai diversa da quella di allora.
«Adesso - spiegano al Pd - non c' è un' alternativa, e certo non la possono rappresentare un gruppo di responsabili provenienti da Iv e da Forza Italia. Non è pensabile che con la pandemia in corso e il Recovery plan si metta su una maggioranza raccogliticcia». E Renzi, da parte sua, avverte: «Io non sono Salvini, non mi faccio mettere in un angolo».