NIENTE FUMUS, È TUTTO ARROSTO – LA GIUNTA DICE SÌ ALL’ARRESTO DEL PIDDINO FRANCANTONIO GENOVESE – SCONFITTA PER ALFANO CHE SOSTENEVA LA PRESENZA DEL SOLITO “FUMUS PERSECUTIONIS”
1. GENOVESE: GIUNTA CAMERA DICE SÃ ALL'ARRESTO
(ANSA) - La giunta per le autorizzazioni della Camera dice si alla richiesta di autorizzazione dall'arresto del deputato Pd Francantonio Genovese. Un maggioranza formata da Pd, M5S e Sel con 12 voti ha bocciato la relazione di Antonio Leone (Ncd) che diceva no alla misura cautelare sostenendo l'esistenza di fumus persecutionis. Cinque i voti contro l'arresto.
La giunta per le Autorizzazioni della Camera boccia a larga maggioranza (12 voti contro 5) la relazione di Antonio Leone (Ncd) che sosteneva ci fosse 'fumus persecutionis' nella richiesta di arresto del deputato Pd Francantonio Genovese da parte del gip di Messina. La relazione di Leone ha avuto a favore i voti di FI, Ncd, Lega, Per l'Italia e Sc. Contro si sono espressi Pd, M5S e Sel, convinti della non esistenza di alcun fumus persecutionis. Il presidente Ignazio La Russa (Fdi) non ha partecipato al voto.
Dopo la bocciatura di Leone è stato nominato un nuovo relatore per sostenere in Aula la posizione della giunta a favore dell'autorizzazione all'arresto: è il deputato del Pd Franco Vazio. Adesso la conferenza dei capigruppo dovrà decidere quando calendarizzare la votazione, che avverrà a scrutinio segreto. "Il nuovo relatore - spiega La Russa - ha chiesto qualche giorno di tempo per studiare il caso.
Ma dalla prossima settimana penso che la relazione potrà arrivare in Aula. Qualche deputato - aggiunge - in commissione ha espresso l'opinione che sia meglio sottoporre la questione al giudizio dell'Aula dopo le elezioni ma altri hanno manifestato l'esigenza di una decisione al più presto. La scelta attiene alla presidenza della Camera".
"Ringrazio la giunta - conclude il presidente La Russa - perché ancora una volta, di fronte a un caso delicato, ha mostrato compostezza, serietà e grande qualità del lavoro. Abbiamo concluso" l'esame del caso Genovese "nei tempi previsti. Sono molto soddisfatto".
2. IL PD SCEGLIE IL GIUDICE - GENOVESE VERSO L'ARRESTO
Wanda Marra per "il Fatto Quotidiano"
Non c'è fumus persecutionis". A metterci la faccia è Franco Vazio, avvocato ligure, renziano. Che ieri ha preso la parola in Giunta per dire sì all'autorizzazione a procedere nei confronti di Franco Genovese. Il 18 marzo il gip di Messina ha chiesto per il deputato dem un ordine di custodia per associazione per delinquere finalizzata al peculato, alla truffa e al riciclaggio. Ma per un parlamentare ci vuole l'autorizzazione all'arresto da parte della Camera di appartenenza, con tanto di voto dell'aula. Previo esame e voto nella Giunta delle Autorizzazioni.
Ieri il relatore di maggioranza, Antonio Leone (Ncd) ha dato parere contrario all'autorizzazione, sostenendo l'esistenza del fumus persecutionis (parlando di "vizio" dell'"impianto accusatorio" e esprimendosi contro il pericolo di reiterazione del reato). Ã stato Vazio a prendere la parola, per affermare l'indicazione contraria del suo gruppo. Dunque, la maggioranza parlamentare si spacca.
E il Pd renziano alla fine sostiene le ragioni dell'arresto, con il resto del partito che obtorto collo si adegua. I membri del Pd della Giunta (che sono 10) dovrebbero seguire l'indicazione di Vazio. Mentre Ncd e FI (in tutto 3) sosterranno Genovese. Resta l'incognita del resto della maggioranza, di Sel e della Lega, ma per il rotto della cuffia, ma con i 2 grillini, i voti dovrebbero esserci : i componenti sono 21, ma Paola Carinelli (M5s) è tra i sospesi per i fatti di gennaio. Quindi sono 20, maggioranza 11.
Oltre a Vazio e al renziano David Ermini, che è convintamente d'accordo con lui, alla fine anche la capogruppo dem, Anna Rossomando, pur con un certo travaglio, è arrivata alla conclusione che bisogna votare l'autorizzazione. E dunque, i democratici dovrebbero essere tutti allineati dietro di lei. Il più perplesso è Danilo Leva, ex responsabile Giustizia di Bersani. In questi casi il condizionale è d'obbligo. Sono passati quasi due mesi dalla richiesta del gip. La questione non è esattamente semplice.
Genovese, alto dirigente del Pd, ras di Messina, ex Dc, ex Margherita, arrivato in Parlamento con Bersani e "opportunamente" poi passato con Renzi, è il vero padrone del partito in Sicilia. Uno che i voti ce li ha. Tant'è vero che quando la Commissione di garanzia del Pd esaminò il suo caso insieme a quello di una serie di "incandidabili", prima delle elezioni di febbraio eliminò altri dalle liste (Crisafulli, Papania e Caputo) ma scelse di presentare Genovese . Nemmeno un anno e il caso è scoppiato. In piena campagna elettorale.
Per i membri della Giunta un lavoro pieno di pressioni, di tensioni. E infatti ci sono volute settimane e settimane di studio dei fascicoli e di riunioni. Lo stesso Genovese, che è stato ascoltato, ha presentato più di una memoria, facendo pesare il suo potere. Alcuni esponenti della minoranza Dem in Commissione non erano esattamente dell'idea di consentire l'arresto. Spiega Walter Verini, veltroniano, e dunque renziano: "Mi fido dei pareri degli avvocati e alla fine gli avvocati ci danno questa indicazione" .
Vazio è molto chiaro: "Noi non dobbiamo sostituirci ai giudici, dobbiamo solo esprimerci sul fumus persecutionis. Senza farci deviare da ragioni di pregiudizi ideologici o preconcette logiche di schieramento". Renzi le primarie in Sicilia le ha vinte anche grazie ai voti di Genovese, e il 25 maggio quelli gli servono ancora. Forse anche per questo ha scelto di non dare nessuna indicazione e di lasciar fare ai suoi parlamentari. Se tutto va come deve andare, oggi la Giunta boccia la relazione di Leone.
E per l'aula viene nominato un altro relatore, che potrebbe essere lo stesso Vazio. La parola passerà alla Boldrini per la calendarizzazione. Con ogni probabilità , prima delle Europee non se ne fa niente. Anche perché in aula il voto è segreto e la partita si riapre.
francantonio genovese francantonio genovese ANGELINO ALFANO BERLUSCONI PASCALE DUDU angelino alfano pennarello argento RENZI E ALFANO IN SENATO FOTO LAPRESSE