IL BANANA? FUORI DAI MARONI! - I LEGHISTI TIRANO LA CORDA: SOGNANO L’ALLEANZA CON IL PDL SOLO ALLE REGIONALI IN LOMBARDIA - MA SILVIO NON CI PENSA NEMMENO: O TUTTO O NIENTE - IL SOSPETTO: MARONI PREFERISCE BERSANI A PALAZZO CHIGI RISPETTO AL “PAREGGIO”? - IL CARROCCIO SE CORRE DA SOLO RESTA FUORI DAL SENATO E AVVANTAGGIA IL PD - SUL CANDIDATO PREMIER E’ STALLO - TRATTATIVA ANCORA APERTA: SI DECIDE AL 90°…

Amedeo La Mattina per "la Stampa"

L'accordo con la Lega è ormai l'araba fenice di Berlusconi. Strada tutta in salita, praticamente senza sbocco. «Non ci sono le condizioni, al momento», taglia corto Maroni, il quale ha chiesto al Cavaliere di indicare in candidato premier che non sia né lui né Alfano. Ma l'ex premier non ha intenzione di fare un nome, prima di tutto perché non ce l'ha e poi, se lo facesse, umilierebbe Alfano dopo avergli impedito di fare le primarie e aver candidato se stesso.

Ora Berlusconi pensa di cavarsela con un escamotage, ricordando che il Porcellum prevede l'indicazione del capo della coalizione: «La legge elettorale si ferma lì. Il mio partito potrebbe non indicare il mio nome alla presidenza del Consiglio». Ma per Maroni anche in questo caso non cambierebbe nulla: Berlusconi verrebbe comunque percepito dagli elettori del Carroccio come il candidato premier.

La base rumoreggia, Radio Padania dice «mai più alleati con il Nano di Arcore», il segretario lombardo Salvini pure, per non parlare dei capi leghisti veneti Zaia e Tosi che Berlusconi non vogliono vederlo nemmeno in fotografia. «Meglio perdere da soli che in compagnia del Cavaliere», precisano. Per Tosi, addirittura, sarebbe meglio candidare a premier il ministro Passera. Una provocazione per i berlusconiani. Rimane però un problema grande quanto una casa: quante chance di vincere ha Maroni nella corsa alla presidenza lombarda senza il Pdl? «Zero», sostengono ad Arcore.

Tra l'altro Albertini, che Berlusconi non è riuscito a farlo ritirare dalla corsa lombarda e che ieri ha ricevuto l'endorsement di Monti, viene dato dai alcuni sondaggi al secondo posto, dopo Ambrosoli e davanti a Maroni. Il risultato, aggiungono i berlusconiani, sarebbe che la Lega da sola non potrebbe realizzare il sogno della macroregione Piemonte, Lombardia, Veneto. Non solo: senza il Pdl alle politiche, il Carroccio non eleggerebbe un senatore perché non raggiungerebbe a livello nazionale la soglia di sbarramento dell'8%.

Berlusconi è convinto che alla fine prevarrà il buon senso. Ieri a Sky tg24 ha detto che «l'alleanza è in fase di assestamento dei particolari» e che alla fine Pdl e Lega saranno alleati come lo sono stati in tanti anni. I particolari riguardano alcune questioni di programma, in particolare quel 75% di tasse che Maroni vorrebbe restasse alla Lombardia.

L'ex ministro Paolo Romani ne sta discutendo con Roberto Calderoli. «Al netto delle risorse che la Lombardia versa allo Stato - spiega Paolo Romani - non siamo lontani da questa cifra. Stiamo lavorando sui contenuti, così, quando i due si incontreranno, sul tavolo rimarrà solo il problema della candidatura a premier. Sono ottimista», precisa Romani, che non esclude un incontro a breve tra Berlusconi e Maroni. Ci potrebbe essere nel fine settimana, ma da parte leghista non viene per il momento confermato: «Se Berlusconi non tira fuori un nome per la candidatura a premier non serve girare intorno alla questione».

Al di là delle dichiarazioni ottimistiche, l'ex premier pensa che Maroni sia «prigioniero della logica estremista delle ramazze», cioè di quell'istinto identitario e di sopravvivenza che scattò quando il nuovo capo leghista agitava le scope dopo lo scandalo della famiglia Bossi e del tesoriere Belsito. «Tra l'altro, se Maroni dovesse forzare la mano per l'alleanza con noi, i veneti potrebbe accusarlo di interesse personale, cioè per conquistare la presidenza della Lombardia», osserva Daniela Santanché. La quale ha bocciato la proposta di Giorgia Meloni, oggi tra i leader di Fratelli d'Italia, di indicare un diverso candidato premier, «nel segno del salto generazionale». Per la Santanchè il candidato rimane Berlusconi se non si fa l'accordo con la Lega («i matrimoni come le alleanze si fanno in due»).

 

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