DITTATORI UN TANTO AL KITSCH - DA MAO A GHEDDAFI FINO AL DEFUNTO KIM JONG-IL, QUALSIASI DITTATORE HA SCATENATO IL PROPRIO ANIMO CAFONAL, DALLA CASA AL CALZINO - HITLER, STALIN E CEAUSESCU VOLEVANO EDIFICI-FALLICI “PIÙ GROSSI DEGLI ALTRI” - IL PRESIDENTE DEL KAZAKISTAN NAZARBAYEV HA IMPRESSO IL SUO VOLTO SULLE BANCONOTE E IL PRESIDENTE DELLA CECENIA KADYROV SI CIRCONDA DI VIP E SI SBRACA ALLE FESTE - IL NARCI-POSTMODERN DEI TIRANNI FINISCE SEMPRE IN DUE FISSAZIONI (ANCHE IL BANANA C’È CASCATO): UN LETTO DA AMMUCCHIATONA E UNA TOMBA MAESTOSA...

Marco Filoni per "il Fatto Quotidiano"

I gusti sono gusti. Ma se son quelli d'un dittatore, allora sono discutibili. Nei due sensi del termine. Ovvero che se ne può parlare, perché compongono una fenomenologia e un'estetica del dittatore stesso. E anche perché, quasi sempre, tiranni e potenti di turno hanno dimostrato un'oscena mancanza di gusto. Per esemplificare, si può dire che il dittatore in quanto tale sembra godere di una naturale attrazione verso il kitsch.

Tanto per rimanere nell'ultimo secolo, da Mao a Gheddafi sino all'appena defunto Kim Jong-il, qualsiasi dittatore degno di questo nome ha fatto un patto col brutto. Dall'architettura all'abbigliamento, il narcisismo e l'egocentrismo di questi individui sanguinari hanno trovato una degna espressione nell'indecente. Chi non ricorda le insolite vesti di Gheddafi? O anche le sue tende berbere, nelle quali si prendeva il vezzo di pernottare durante le sue visite ufficiali, fra danzatrici del ventre e cammelli?

Salvo poi possedere ville segrete nel centro di Tripoli in puro stile Mille e una notte, naturalmente rivisitate in chiave decadente. Il classico è sempre stato un punto di riferimento. Hitler sognava edifici più maestosi e faraonici del Pantheon romano o dell'Arco di trionfo parigino. Ceausescu, il "genio dei Carpazi", voleva costruire a Bucarest una ciclopica casa del popolo che, nelle sue intenzioni (per fortuna non ha fatto in tempo), doveva essere l'edificio più grande del mondo.

Stalin fece erigere sette enormi grattacieli per competere con i rivali americani e la loro città simbolo, New York: i palazzoni che i moscoviti chiamano "le sette sorelle di Stalin" , che dovevano incutere timore a chiunque visitasse la città. C'è riuscito: da qualsiasi parte ci si trovi a Mosca, lo sguardo incontrerà sempre almeno uno dei macabri mega-edifici dallo stile gotico. E poi piazze, statue, troni e luoghi di culto: il tiranno vuole sempre qualcosa di gigantesco. Poco importa lo stile, l'importante è che sia "più grande", quasi che insieme al potere contraggano una nuova e strana malattia, la megalomania delle dimensioni! Forse in più d'un senso.

Un'epidemia questa che non risparmia nessuno: Saddam Hussein, Ben Ali, ma anche dittatori africani (Jéan Bédel Bokassa e Mobutu, i più tristemente noti) e recenti "neoimperatori" caucasici. Fra quest'ultimi, il presidente della Cecenia Ramzan Achmadovic Kadyrov ha anche un'insana passione per il jet-set e il calcio. Invita star a presenziare ai suoi compleanni o inaugurare maestose costruzioni come la nuova moschea di Grozny (intitolata al padre) o il nuovo stadio (con Maradona, Figo, Baresi, Costacurta, Vieri e altre stelle del calcio prestatesi a giocare contro la formazione locale che, guarda caso, non soltanto ha vinto, ma ben tre gol sono stati segnati dal presidente in persona!) o il nuovo palazzo presidenziale (stavolta c'era mezza Hollywood).

Il presidente del Kazakhstan, Nazarbayev, rieletto quest'anno con il 95,5% dei consensi, ha impresso il suo volto non soltanto sulle banconote del suo regno democratico (?) ma anche in mezza Astana, la capitale futurista che è un mega non-luogo al centro della steppa. Per non parlare poi dei vestiti. Se c'è chi tiene a marcare la differenza col popolo, magari facendosi fare abiti gessati dove le linee verticali non sono altro che il proprio nome (l'ex leader egiziano Mubarak), in molti preferiscono un basso profilo. L'iraniano Ahmadinejad è minimalista, come lo era Kim Kong-il.

Andava molto anche lo stile "militare", adottato da Mao, Hitler, Stalin, Pinochet, Saddam Husserin e Fidel Castro (ma questo ormai, con l'età e la malattia, ha cambiato uniforme ed è passato alla tuta Adidas). Insomma, il catalogo è davvero ampio. Quasi che il potere provochi uno spostamento categoriale: il dittatore nel cercare la bellezza pratica un'ellissi del bello e trova il brutto.

Una patologia estetica legata in qualche modo alla volontà di conquistare il mondo con la proprietà, l'ostentazione, l'accumulo, la ridondanza. Dal Basso Impero al XIX secolo, il cattivo gusto ha coinciso con l'espansione trionfale della società borghese: era l'arte che si vendeva au bonheur des dames (Zola). Poi venne il tempo dei tiranni. E fu l'arte brutta, il kitsch au bonheur des tyrans. E comunque, ci sono due fissazioni che ritornano in praticamente tutti i dittatori (e fanno la gioia degli psicanalisti, fra eros e thanatos): un letto molto molto grande e una tomba maestosa. Ricorda qualcosa?

 

LA SALMA DI KIM JONG IL A PYONGYANGI FASTI DEL DITTATORE BOKASSAELENA E NICOLAE CEAUSESCU1 papa pre kazakhstan nursultan nazarbayev lapresse

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