“CONTE FACCIA PURE IL SUO PARTITO MA SGOMINI IL CARAVANSERRAGLIO DI SUPERFICIALITÀ E DI COMUNICAZIONE IMBONITRICE SENZA PRECEDENTI DI CUI È ALLA GUIDA” - MARIO MONTI, CHE PROVO’ A LANCIARSI IN POLITICA CON IL SUO PARTITINO, SA BENE CHE VUOL DIRE FALLIRE: “A PARTE LA DIFFERENZA EVIDENTE DI ETÀ, IO NON ERO UN OGGETTO MISTERIOSO. AVEVO ALLE SPALLE DIECI ANNI ALLA COMMISSIONE UE. TRA IL CONTE 1 E IL CONTE 2 IL TRASFORMISMO È STATO EVIDENTE NELLO STESSO PREMIER…”
Marco Zatterin per “la Stampa”
giorgio napolitano mario monti 1
Lo fondi pure un suo partito, il premier, dice Mario Monti, uno che questa storia del leader tecnico che scende in campo la conosce bene, e sa quanto può finire male. Se crede, provi. Però faccia attenzione, «segua la coscienza», guardi lontano e, soprattutto, «sgomini il caravanserraglio di superficialità e di comunicazione imbonitrice senza precedenti di cui è alla guida».
Metta «in conto di non essere capito» e criticato. Proprio come è successo al professore della Bocconi. Appena otto anni fa, anche se sembra passato un secolo. Matteo Salvini ama parlare del governo giallorosso come del «Conti-Monti», e ora che si discetta sul premier che potrebbe cercare legittimità in una formazione politica costruita sui consensi maturati sinora, l'ex capo del governo per poco più di un anno da fine 2011 riesce a sorridere sebbene «Scelta civica» sia stata una meteora. Assicura che sono storie, persone e tempi diversi, ma ammette di avere tratti in comune con Conte.
«Qualcosa c'è - concede -. Siamo entrambi professori, non appartenenti a partiti, abbiamo esordito nella politica direttamente come presidente del consiglio».
Tutto qui?
«A parte la differenza evidente di età, io non ero un oggetto misterioso. Avevo alle spalle dieci anni alla Commissione Ue, le mie posizioni su politica economica ed Europa erano ben note, e allo stesso modo il mio pensiero politico, visto che mi ero espresso a favore di una grande coalizione per evitare il default e per avviare riforme strutturali per la crescita, ripartendo i sacrifici tra elettorato di destra e di sinistra».
Dunque, Napolitano e i partiti che l'hanno designata sapevano cosa aspettarsi.
«Potevano attendersi che facessi ciò per cui mi avevano dato la fiducia tutti, tranne la Lega: compiere le scelte che consideravano necessarie, ma delle quali non volevano intestarsi l'inevitabile impopolarità. Dopo averle votate per un anno, in effetti, ne hanno preso le distanze col voto del 2013. C'è stato un certo trasformismo postumo, nei partiti di quella coalizione».
Userebbe il termine "trasformista" per Conte?
«Tra il Conte 1 e il Conte 2 il trasformismo è stato evidente nello stesso premier, come nel M5s e, in qualche misura, nel Pd. Detto ciò, alla prova dei fatti Conte ha rivelato doti inattese, in particolare nella politica interna».
Lo pensa davvero?
«Si è dimostrato duttile e resistente dal punto di vista psicologico, accettando durante il primo mandato un ruolo subalterno rispetto ai suoi due Vice, peraltro con gravi conseguenze sulla funzionalità e credibilità del governo. In questo secondo tempo, è stata evidente la sua mediazione costruttiva, oltre alla tenuta psicologica e capacità di decisione nella fase del lockdown. Grazie a queste doti, ha riscontrato un costante aumento della popolarità e della fiducia, nonché una rispettabilità personale all'estero che all'inizio non era evidente».
È arrivato dove si trovava lei nel dicembre 2012.
«Il mio percorso è oggettivamente diverso. Quando mi è stato chiesto di governare mi venivano già riconosciute credibilità all'estero e popolarità in Italia. Era un "capitale" costruito in decenni, che in quel momento dovevo mettere a disposizione dell'Italia in difficoltà».
Si è trovato tra le tensioni europee e le misure sgradite in Italia. Il crollo di popolarità era inevitabile.
«Ero pronto a scendere sino allo zero, ma almeno avevo la coscienza di aver fatto il mio dovere. Invece, fino a novembre-dicembre 2012, il mio governo ed io abbiamo mantenuto una popolarità inaspettatamente elevata. Il calo è venuto dopo, alla nascita di "Scelta civica"».
STRETTA DI MANO TRA MONTI E BERLUSCONI
Proprio nel dicembre 2012, a un vertice Ue, negò di volersi dare alla politica.
«Allora ero deciso a non farlo, malgrado la pressione di molti, in Italia e all'estero».
Lei si rende conto che, se fosse stato fermo, sarebbe potuto arrivare al Quirinale? «Probabilmente sì. Così come, se in ottobre avessi accolto la proposta di Berlusconi di guidare la coalizione di Centro-destra alle elezioni, secondo i sondaggi sarei tornato a Palazzo Chigi. Entrambe le ipotesi, se la mia ambizione fosse stata quella pura e semplice di restare in politica, sarebbero state più che appaganti. Non ero così stupido da non capirlo, come invece è stato scritto da molti osservatori della politica».
Così è nata "Scelta civica". Stagione brevissima.
MARIO MONTI A PORTA A PORTA E DIETRO LIMMAGINE DI SILVIO BERLUSCONI
«A fine 2012 mi sono convinto che la presenza mia o di altri al Quirinale, importante per la mia persona, per l'Italia era questione che contava meno di un'altra differenza. Mi sono chiesto che rotta avrebbe preso il Paese dopo le elezioni, quali le riforme, la crescita, il ruolo in Europa. Non ho mai pensato veramente che Scelta Civica potesse riportarmi al governo, ma volevo almeno battermi perché non prevalesse una coalizione (di sinistra o più probabilmente di destra) che mettesse l'Italia già nel 2013 nelle mani dei populisti antieuropei (anche Berlusconi in quella fase lo era, a differenza di oggi). Con il 10% di Scelta Civica, la minaccia è stata evitata. Il populismo antieuropeo ha dovuto aspettare il 2018. Io non sono andato al Quirinale. E mi va bene essere stato deriso da dotti commentatori perché, "per ambizione personale ", non ho saputo fare il mio interesse. Ma l'obiettivo che avevo per l'Italia è stato conseguito».
Parliamo di Conte. Lo vede replicare il suo destino?
«Vive in un contesto diverso. Il suo primo governo ha soprattutto "dato": quota 100 e reddito di cittadinanza in primis. Misure non ideali per la finanza pubblica, ma ottime per far crescere il consenso. La coalizione Conte 2, dopo la terribile fase di "apnea" da coronavirus appare lanciata verso politiche di erogazione di abbondanti fondi. Non sarà facile impiegare tutti questi soldi in modo corretto e produttivo, ma per governo e premier è una situazione favorevole senza precedenti, dal punto di vista della popolarità».
Se Conte le chiedesse un consiglio sulla scelta politica personale, cosa gli direbbe?
«Di ascoltare la coscienza. Di capire dove lui vorrebbe vedere l'Italia tra qualche anno, di capire quali rischi secondo lui corre il nostro Paese, che contributo può dare lui all'Italia, che altri non possono dare, se quel contributo può darlo meglio con un suo partito o in altro modo».