
MATTARELLA BAGNA LE POLVERI DEL DUCETTO - LA MUMMIA DEL QUIRINALE AVREBBE GIA’ INDIVIDUATO UN GRUPPO DI SENATORI “VOLENTEROSI” (E KAMIKAZE) PER EVITARE IL VOTO ANTICIPATO AL BUIO E PORTARE GENTILONI FINO AL 2018
Massimo Franco per il Corriere della Sera
Il pranzo al Quirinale era stato fissato da una settimana. E le tre persone che sedevano a tavola hanno trasmesso anche visivamente l' immagine di quel «sistema palatino» che emerge quando si tratta di puntellare un equilibrio in bilico. Il capo dello Stato, Sergio Mattarella, e i presidenti di Senato e Camera, Piero Grasso e Laura Boldrini, mercoledì si sono visti per analizzare quanto resta da fare in Parlamento di qui alla fine della legislatura.
E il fatto che Mattarella abbia voluto l' incontro con quattro giorni di anticipo sulle primarie del Pd, è servito ad attenuare le congetture, inevitabili, sui destinatari del messaggio. L' unica indicazione certa è che i vertici istituzionali del Paese non vogliono elezioni anticipate al buio.
Significa fermare qualunque corsa verso le urne che ignori la confusione e le contraddizioni con le quali si dovrebbero fare i conti. Da settimane gli esperti giuridici del Quirinale e delle Camere studiano ciò che resta dei sistemi elettorali bocciati dalla Corte costituzionale e ereditati dall' imprevidenza del referendum del 4 dicembre scorso. E la conclusione unanime è che andare alle urne adesso, semplicemente correggendo e unificando l' esistente, assicurerebbe soltanto un disastro. Un passaggio in Parlamento sarà inevitabile, se non ci si vuole ritrovare addirittura con l' impossibilità di sapere con quale scheda si va a votare.
Il messaggio del Quirinale non frena né accelera la fine della legislatura, dunque; ma ne detta le condizioni. E additando un percorso che unisce problemi tecnici a inquietudini politiche, incrocia la traiettoria del premier Paolo Gentiloni, proiettato verso la fine naturale della legislatura.
E convince anche quanti, nella maggioranza renziana del Pd, ritengono il voto anticipato un azzardo inutile e pericoloso, destinato ad avvantaggiare il movimento di Beppe Grillo; e soprattutto a trasmettere un' immagine di instabilità devastante all' opinione pubblica e all' Europa. Eppure l' idea che il partito-perno del governo possa affondare il suo terzo esecutivo in quattro anni non è del tutto tramontata.
Il messaggio ufficiale uscito dal pranzo al Quirinale non è dunque soltanto un pungolo a fare presto la riforma elettorale per potersi affrettare alle urne. È anche un modo indiretto per scoraggiare chi accarezza ancora l' idea di interrompere la legislatura sfruttando magari un incidente parlamentare in Senato, dove i numeri della maggioranza continuano a essere risicati; e che a intermittenza lascia trasparire un' alleanza oggettiva tra Pd, Movimento Cinque Stelle e Lega per votare quanto prima: naturalmente con obiettivi agli antipodi.
La preoccupazione maggiore è rivolta al partito di Matteo Renzi, la cui tenuta è messa alla prova sia come conseguenza della scissione, sia perché si teme la tentazione di un' accelerazione elettorale. Dopo le primarie di domenica 30 aprile, è molto probabile che Renzi ritorni alla segreteria; e che la nuova investitura, bagnata o solo lambita dalla partecipazione popolare, gli restituisca una sensazione di forza e una voglia di protagonismo a doppio taglio.
Potrebbe essere utilizzata per sostenere Palazzo Chigi più di quanto sia avvenuto finora; e per approvare di qui al 2018 provvedimenti in grado di mettere al sicuro l' Italia sul piano finanziario e perfino di recuperare consensi. Ma non si può escludere che prevalga la tendenza a fare emergere le spinte centrifughe; e a cedere all' illusione del voto in autunno per non affrontare una manovra correttiva pesante.
enrico letta matteo renzi campanella
Si tratta di uno scenario improbabile, per ora. Tra l' altro, rimane l' incognita di come far dimettere il premier senza la sfiducia del Parlamento: avvenne con Enrico Letta nel 2014 e non è un buon precedente. E andrebbe spiegato perché un governo Gentiloni delegittimato dal voto avrebbe più voce in capitolo presso la Commissione Ue, rispetto all' attuale. Gli strappi non sono da escludere.
Per ammetterli, però, Mattarella pone la condizione di una vera riforma elettorale. Senza quella, le urne si allontanano: al punto da non fare escludere, in teoria, perfino un dopo-Gentiloni per approvare la legge finanziaria e quella elettorale, e arrivare al 2018.