IL MERITO DI ERDOGAN: CON LA SUA OTTUSITÀ HA RISVEGLIATO LA COSCIENZA CIVILE DELLA TURCHIA

Marta Ottaviani per "la Stampa"

Sono come uno splendido mosaico. Tessere che vanno a comporre una società civile e un sottobosco politico di una Turchia ritrovata e che molti temevano perduto per sempre. Le anime che hanno cercato di salvare Gezi Parki e di dare una scossa alla coscienza democratica del Paese sono decine.

I sindacati, che negli ultimi anni sono tornati a assumere un ruolo nella vita quotidiana del Paese, dopo essere stati praticamente rasi a zero dopo il colpo di Stato del 1980. Organizzazioni ambientaliste, spesso in rotta di collisione con l'esecutivo come la Dogan Dernegi, che per anni ha lottato contro la costruzione della diga sul Tigri ad Hasankeyif, nell'est del Paese, o le associazioni di omosessuali, che da tempo accusano il premier di stretta conservatrice sulla vita quotidiana.

Ci sono le tifoserie di Besiktas, Galatasaray e Fenerbahçe, che hanno dato vita a una sorta di «Triplice Allenza», con tanto di sciarpa commemorativa che chissà quando si rivedrà mai. Ci sono i collettivi di studenti delle università. C'è, ed è una delle presenze più importanti, quella «terza Turchia» formata da giovani ma anche da gente intorno alla mezza età. Vengono da movimenti socialisti e comunisti, non si identificano in nessun partito e spesso non votano. Per loro la piazza è il mezzo non solo per protestare ma per riproporre sulla scena politica movimenti schiacciati dai militari e dimenticati dalla gente.

Poi ci sono i curdi che non hanno sposato l'atteggiamento neutro tenuto dal Bdp, il Partito curdo per la Pace e la Democrazia, impegnato con il governo e il Pkk in una difficile trattativa per la fine della lotta armata e la soluzione dei problemi della minoranza e che quindi hanno tenuto un profilo basso in tutta questa faccenda.

E c'è il Chp, il Partito di opposizione e di orientamento laico, ma è una presenza minore. È una piazza che non ha riferimento politici in parlamento. Studenti e lavoratori, che hanno occupato facendo i turni, chi poteva veniva di giorno, chi lavorava gli dava il cambio appena uscito dall'ufficio.

Gezi Parki sorprende per la spontaneità con la quale i manifestanti hanno dato vita a un'occupazione che è cresciuta nel tempo, e sorprende per come persone con un background politico, ideologico, a volte anche sociale, così diverso abbiano potuto convivere insieme per due settimane. L'organizzazione è stata impeccabile. Nella notte fra martedì e mercoledì, mentre la polizia sgomberava Taksim e attorno al parco si ripetevano le scene di guerriglia urbana senza precedenti, all'interno del parco ci si preparava al peggio.

Sono stati isolati alcuni viali per dare vita a un piccolo ospedale. Studenti della facoltà di medicina, con dottori volontari, facevano giri di ricognizione per vedere che non ci fosse gente coinvolta negli scontri. Tanta preoccupazione tra la gente, soprattutto i più giovani, ma anche la consapevolezza che le due settimane di rivolta segnano un punto di non ritorno nella storia del Paese. «Abbiamo già vinto - dicono i tifosi del Besiktas -. Qui ci sono tante Turchie diverse che dicono no a una Turchia che non ci piace».

Dal palco dove le sere prima venivano trasmessi dibattiti, documentari e musica, arrivavano inviti alla calma e aggiornamenti sulla situazione. Sono stati proprio loro ad annunciare che l'hotel Divan, di fronte alla parte nord del parco, aveva messo a disposizione la sua hall al personale sanitario, distribuendo anche generi di primo conforto. I più coraggiosi a un certo punto si sono persino messi a dormire «tanto se caricano, con i lacrimogeni prima ci svegliano di sicuro».

Ieri all'alba il parco era semideserto, è tornato a riempirsi ieri sera per quella che potrebbe essere la loro ultima notte insieme. Ma nonostante tutto, alle prime luci del giorno i ragazzi di Gezi Parki si sono messi a pulire come tutte le mattine. «Abbiamo iniziato a scendere in piazza per il nostro parco - dice Hakan, che studia cinema, viene da Ankara, ma che considera Gezi Parki a Istanbul il suo parco comunque -. Il premier dice che siamo dei saccheggiatori. Anche se ci mandano via glielo lasceremo meglio di come lo abbiamo trovato».

 

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