renzi referendum

COSTANTINO DELLA GHERARDESCA ULTIMO DEI GIAPPONESI - NON S’ARRENDE ALLA SCONFITTA: “SE ABBIAMO PERSO E’ COLPA DEL PROVINCIALISMO DEI MEDIA ITALIANI” - NELLA MILANO FIGHETTA VINCONO I “SI”, MA AL COMITATO VA IN SCENA LA VEGLIA FUNEBRE - RITI SCARAMANTICI DI FRONTE AL CARTELLO “IN ATTESA, FIDUCIO-SI”

Alberto Mattioli per la Stampa

 

La serata del Comitato del sì di Milano sembra una veglia funebre, ma con la prospettiva di una discreta eredità a renderla meno triste. Fuor di metafora: si è perso, e male, a livello nazionale, però si è vinto, meno bene di quel che si sperava e pensava, ma comunque vinto, a livello locale.

 

 

COSTANTINO DELLA GHERARDESCACOSTANTINO DELLA GHERARDESCA

I dati sono praticamente definitivi, 1.204 sezioni su 1.248: sì al 51,13%, no al 48,87. Confermata anche l' affluenza record alle urne, alta in Italia, altissima qui: 71,71%. Un dato da elezioni di una volta, che stupisce un po' tutti. Prima di commentare, tutti aspettano il discorso di Matteo Renzi, ascoltato in mesto silenzio con un unico applauso quando il premier, a questo punto ex, manda il suo «abbraccio forte» a chi ha fatto campagna. «Ha fatto bene a dimettersi: l' aveva annunciato e ha mantenuto la parola data», sospira Pietro Bussolati, segretario metropolitano del Pd.

 

Resta il paradosso di una città che ha sempre dato la linea al resto d' Italia e che adesso pare andare in controtendenza. Ci ragiona sopra un renziano della giunta Sala come l' assessore all' Urbanistica, Pierfrancesco Maran: «L' antipolitica qui non ha attecchito, né alle amministrative né al referendum. I populismi a Milano non sfondano. Io spero che il futuro inizi da qui, non solo quello del centrosinistra ma anche quello del centrodestra. Pensavamo che a Milano il sì avrebbe fatto circa dieci punti più che nel resto d' Italia, e così è stato. Ma non è bastato».

MARIA ELENA BOSCHI GIUSEPPE SALAMARIA ELENA BOSCHI GIUSEPPE SALA

 

E si può pure aggiungere che se il sì ha vinto in città, in provincia si è fermato al 42,8%. Insomma, non è andata davvero bene nemmeno a Milano. È andata soltanto meno peggio. Del resto, che i presagi fossero infausti lo si era visto dall' attesa, che si è svolta al teatro Franco Parenti, e anche questo è tutto un simbolo. Con i tempi che corrono, dire «teatro» è come dire «congiuntivo: fa subito élite. E poi la sala è una specie di loft fighetto, con pavimenti di legno, bar con birra allo zenzero e divanetti scomodissimi.

 

MILANO FIGHETTAMILANO FIGHETTA

Due maxischermi, uno dove si saltabecca fra Vespa e Mentana e poi alla fine ci si decide per Di Bella e l' altro dove arrivano i risultati di Milano. Ai piedi del podio a favor di telecamera c' è una scritta neutrale, «Milano», un' altra con «SuperSì» giace prudenzialmente a terra. Lo slogan sul maxischermo dei risultati locali, «In attesa fiducioSì», sembra un po' ottimista, oppure francamente jettatorio.

 

In mezzo alla sala, i maggiorenti locali del Pd (come Comitato del sì, appare molto monocolore) e i giovani democrats in giacche di velluto e sciarpetta regolamentari. Quando gli exit poll si appalesano sugli schermi, la delusione è forte ma mitigata dal fatto che i più realisti se l' aspettavano. Reazione composta, insomma. Non partono i fischi nemmeno per Salvini, e solo il primo bollettino della vittoria di Brunetta causa palesi segni di insofferenza.

 

MILANO FIGHETTA1MILANO FIGHETTA1

Curiosamente, il primo a parlare è il mitico Costantino della Gherardesca, il conduttore di «Pechino Express», un non politico che ha fatto campagna più di molti politici. «Siamo più nazisti degli austriaci», sospira, e poi espone una teoria curiosa ma interessante. «E' colpa del provincialismo dei media italiani». Prego? «Sì, non raccontano mai l' Italia com' è vista dall' estero, un Paese vittima di una costante instabilità politica. Se questo fosse più chiaro, sarebbe stato palese anche agli elettori che bisognava votare per una riforma costituzionale che rafforza l' esecutivo e rende più stabile il Paese». È solo mezzanotte, e siamo già al senno di poi...

COSTANTINO GHERARDESCACOSTANTINO GHERARDESCA

Ultimi Dagoreport

giorgia meloni e donald trump - meme by edoardo baraldi .jpg

DAGOREPORT – GIORGIA MELONI SFOGLIA LA MARGHERITA: VOLO O NON VOLO A WASHINGTON IL 20 GENNAIO ALL'INAUGURAZIONE DEL SECONDO MANDATO DI DONALD TRUMP? - CERTO, LA STATISTA DELLA GARBATELLA È TENTATA, ANCHE PER NON DARE SODDISFAZIONE AL "PATRIOTA" MATTEO SALVINI CHE VUOLE PRESENZIARE A TUTTI I COSTI E SVENTOLARE LA BANDIERA "MAGA" DELLA PADANIA - LA POVERINA STA CERCANDO DI CAPIRE, ATTRAVERSO IL SUO CARISSIMO AMICO ALLA KETAMINA ELON MUSK, SE CI SARANNO ALTRI CAPI DI GOVERNO. IL RISCHIO È DI TROVARSI IN MEZZO AGLI AVARIATI SOVRANISTI ORBAN E FICO - UN’IMMAGINE CHE VANIFICHEREBBE I SUOI SFORZI (E SOGNI) DI PORSI NEL RUOLO DI PONTIERE TRA L'EUROPA DI URSULA E L'AMERICA TRUMP...

giovan battista fazzolari giorgia meloni autostrade matteo salvini giovanbattista

DAGOREPORT – IL FONDO TI AFFONDA: BLACKSTONE E MACQUARIE, SOCI DI AUTOSTRADE, SONO INCAZZATI COME BISCE PER L’AUMENTO DEI PEDAGGI DELL’1,8%. PRETENDEVANO CHE IL RINCARO FOSSE MOLTO PIÙ ALTO, AGGIORNATO ALL'INFLAZIONE (5,9% NEL 2023). MA UN FORTE AUMENTO DEI PEDAGGI AVREBBE FATTO SCHIZZARE I PREZZI DEI BENI DI CONSUMO, FACENDO SCEMARE IL CONSENSO SUL GOVERNO – SU ASPI È SEMPRE SALVINI VS MELONI-FAZZOLARI: LA DUCETTA E “SPUGNA” PRETENDONO CHE A DECIDERE SIA SEMPRE E SOLO CDP (AZIONISTA AL 51%). IL LEADER DELLA LEGA, COME MINISTRO DEI TRASPORTI, INVECE, VUOLE AVERE L’ULTIMA PAROLA…

trump musk xi

DAGOREPORT – DONALD TRUMP HA IN CANNA DUE ORDINI ESECUTIVI BOMBASTICI, CHE FIRMERÀ IL GIORNO DOPO L’INAUGURAZIONE: IL PRIMO INAUGURERÀ LA DEPORTAZIONE DI 9,5 MILIONI DI IMMIGRATI. MA IL SECONDO È ANCORA PIÙ BOMBASTICO: L’IMPOSIZIONE DEI DAZI SUI PRODOTTI CINESI - UN CLASSICO TRUMPIANO: DARE UNA RANDELLATA E POI COSTRINGERE L’INTERLOCUTORE A TRATTARE DA UNA POSIZIONE DI DEBOLEZZA. MA COME REAGIRÀ XI JINPING? CHISSÀ CHE AL DRAGONE NON VENGA IN MENTE DI CHIUDERE, PER LA GIOIA DI ELON MUSK, LE MEGAFABBRICHE DI TESLA A SHANGHAI…

salvini romeo

DAGOREPORT - CHI L'AVREBBE MAI DETTO: MASSIMILIANO ROMEO È IL PROTAGONISTA INDISCUSSO DELLA LEGA DI FINE 2024 - EX FEDELISSIMO DEL “CAPITONE”, È STATO L’UNICO A ESPORSI CONTRO IL SEGRETARIO, E OTTENERE LA LEADERSHIP IN LOMBARDIA – DOPO LA SUA SFIDA VINTA, ANCHE FEDRIGA È USCITO ALLO SCOPERTO CANNONEGGIANDO CONTRO L’EVENTUALE RITORNO DI SALVINI AL VIMINALE - CHE SUCCEDERÀ AL CONGRESSO? NIENTE: SALVINI HA IN MANO LA MAGGIORANZA DEI DELEGATI, E L’ASSEMBLEA AVRÀ CARATTERE PROGRAMMATICO. MA LA DISSIDENZA CRESCE…