DIS-UNION JACK - IL MONDO DEGLI AFFARI SI SCHIERA: LA SCOZIA INDIPENDENTE POTREBBE PAGARE UN CONTO DI 14 MLD - BATTAGLIA DEI VIP SUL VOTO: LA STILISTA WESTWOOD PER IL SÌ, FERGUSON E BECKHAM NO: “IL NOSTRO LEGAME È L’INVIDIA DEL MONDO”
1. CAMERON: NO A UN DIVORZIO DOLOROSO
Michele Farina per “il Corriere della Sera”
«Se non vi piaciamo, io o il mio governo, sapete che prima o poi ce ne andremo. Ma se lasciate il Regno Unito, sarà per sempre». Nel suo ultimo viaggio in Scozia David Cameron è volato ad Aberdeen, capitale del petrolio europeo, per scongiurare lo spettro di «un divorzio doloroso».
«Per cambiare, non serve fare a pezzi la nazione — ha detto il primo ministro — Chiedetevi piuttosto se dal punto di vista economico la vostra famiglia domani starà meglio o peggio. Per favore, non distruggete questa famiglia di nazioni. Se restiamo insieme, la Scozia godrà di un’autonomia senza precedenti».
Alla fine, dopo 307 anni di unione, il dilemma scozzese ruota intorno al cuore dell’economia più che a quello di Braveheart: staremo meglio o peggio da soli? Forse mai nella storia la parola «freedom» è stata così poco usata in una campagna indipendentista. Per conquistare quel cruciale mezzo milione di indecisi (i sondaggi danno gli unionisti in vantaggio al 51%) i due fronti batteranno su due tasti: prosperità e (in seconda battuta) giustizia sociale.
A convincere i perplessi non sarà l’ex capitano della nazionale inglese David Beckham, che ieri si è schierato per il no: «Il nostro legame è l’invidia del mondo». Non sarà la folla che ieri a Trafalgar Square, nel centro della distante Londra, si è riunita per gridare «restiamo insieme».
Non sarà neppure l’«antipatriottismo» dichiarato di Vivienne Westwood, storico nome della moda, fresca seguace del sì: «L’Inghilterra si sta completamente rovinando». Il risiko geopolitico conta un po’ di più: l’appoggio della Nord Corea, favorevole all’indipendenza, impallidisce di fronte al no degli Stati Uniti (28 milioni di americani hanno radici scozzesi) nelle parole del portavoce di Obama: «Rispettiamo il diritto dei cittadini ma, come ha detto lo stesso presidente, l’interesse dell’America è che la Gran Bretagna rimanga un partner forte e unito».
Cuore, geopolitica e soprattutto economia: nell’ultima settimana, come sottolinea il Financial Times , il mondo degli affari è «finalmente» salito sul ring. Dal capo del gigante petrolifero Shell alle maggiori banche scozzesi, dal patron della Virgin Richard Branson alle principali catene di grande distribuzione, la bilancia del business pende decisamente per il no. L’indipendenza è un sogno che costa troppo.
Gli interrogativi sulla moneta sono i più pesanti. Assicurazioni come Standard Life, la base in Scozia ma il 90% dei clienti in Inghilterra, sono pronte a trasferirsi oltre confine. Meglio o peggio? Dalla bolletta telefonica alle poste (la Royal Mail finora ha tenuto gli stessi prezzi in tutto il Regno) in una Scozia indipendente le spese per i consumatori sono destinate a salire, dicono conti alla mano gli unionisti.
vivienne westwood dice si alla secessione della scozia 7
Smantellare un mercato integrato costa, considerando che il 70% delle «esportazioni» scozzesi avviene con le altre parti del Regno Unito. Secondo il think tank Centre for Policy Studies, la Scozia potrebbe ritrovarsi con un deficit di 14 miliardi di sterline.
Alex Salmond punta il dito sui «catastrofisti» arruolati nella campagna bullista del governo. Il leader degli indipendentisti ha partecipato ieri a Edimburgo a una riunione di top manager «amici»: da Marie Macklin di Klin Group a Russell Griggs di Scottish Enterprise. Pesi leggeri, rispetto ai big della City, ma entusiasti.
Salmond ha ribattuto ai catastrofisti: «Con l’1% della popolazione europea abbiamo il 60% delle riserve di petrolio e il 20% del pesce. Pensate che la nazione di Adam Smith, il padre filosofo dell’economia, non sia in grado di andare avanti da sola più prospera e più giusta?».
2. WESTWOOD VERSUS BECKHAM: LA BATTAGLIA DEI VIP SUL VOTO
(e. f.) per “la Repubblica”
Nella dirittura finale verso il voto ciascuno gioca le sue ultime carte. E quelle dei vip possono essere carte preziose. Molti si sono già schierati: l’attore Sean Connery e lo scrittore Irvine Welsh per “sì”, la scrittrice (inglese, ma residente a Edimburgo e dunque avente diritto a votare) J. K. Rowling e l’ex-allenatore del Manchester United Alex Ferguson per il “no”.
SEAN CONNERY FOTO ARCHIVIO RIZZA
Ora scendono in campo altre due personalità, entrambe inglesi e non residenti in Scozia, ma in grado di spostare consensi. Il fronte pro-indipendenza schiera la stilista Vivienne Westwood che fa sfilare le sue modelle alla London Fashion Week con uno “yes” incollato ai vestiti e poi dichiara il proprio «anti-patriottismo verso un’Inghilterra che è stata completamente rovinata» dal liberismo della Thatcher e di Blair.
Gli unionisti rispondono con David Beckham, che in una lettera aperta agli scozzesi cita lo spirito del “Team Gb” alle Olimpiadi di Londra 2012, di cui l’ex-calciatore è stato un’icona, per affermare: «Ciò che ci unisce è più grande di ciò che ci divide. Alle Olimpiadi ho fatto ugualmente il tifo per Andy Murray e Jess Hennis. Scozzesi restate con noi». Peccato si sia dimenticato di ricordare che inglesi e scozzesi, nel calcio, sono già divisi.