“BIBI” FA TUTTO DI TESTA SUA – NETANYAHU CHIEDE AI SUOI GENERALI DI PREPARARE UN PIANO DI EVACUAZIONE DEI CIVILI DA RAFAH IN VISTA DELL'ASSALTO SULLA STRISCIA, NONOSTANTE GLI AVVERTIMENTI DI WASHINGTON (“UN'OPERAZIONE DI TERRA A RAFAH, DOVE SONO STIPATI CENTINAIA DI MIGLIAIA DI SFOLLATI, SAREBBE UN DISASTRO") E LE OPPOSIZIONI DI AL-SISI E DEGLI STATI ARABI, CHE TEMONO UN’ALTRA ONDATA DI PROFUGHI – IL PRESIDENTE DEVE FARE I CONTI ANCHE CON I MUGUGNI INTERNI: IL NUMERO DI GIOVANI CHE SI ARRUOLANO E’ SCESO AL 60% E LO STATO MAGGIORE VUOLE ALLUNGARE LA LEVA (MA GLI ORTODOSSI RESTERANNO ESENTATI)
1 - I PALESTINESI TRA IL MARTELLO BIBI E L'INCUDINE AL-SISI
Estratto dell’articolo di Giordano Stabile per “la Stampa”
Benjamin Netanyahu chiede ai suoi generali di preparare un piano di evacuazione dei civili da Rafah, in modo da svuotare l'ultima città della Striscia prima dell'assalto finale. Abdel Fatah al-Sisi risponde con l'invio di decine di mezzi blindati per rafforzare il controllo del confine e alzare la recinzione che divide i territori palestinesi dall'Egitto. Il quesito è adesso su chi terrà più duro. […]
distruzione a rafah, nel sud della striscia di gaza, nel 2014
È la parte più difficile delle operazioni israeliane, sia dal punto di vista politico che militare. È chiaro che l'obiettivo finale è l'espulsione dei palestinesi, se non tutti la maggior parte. Il ministro delle Finanze Benazel Smotrich, un mese fa, aveva parlato di "200 mila arabi", invece che 2,2 milioni, da lasciare nella Striscia. Una provocazione, certo, da parte dell'ala estremista del governo, ma anche una premonizione. Ora siamo al dunque, né le minacce né le preghiere di Antony Blinken hanno smosso i vertici dello Stato ebraico.
militari egiziani al valico di Rafah
[…] Per quanto attaccati alla loro terra, i palestinesi non hanno scelta. Su 100 case, 50 sono inabitabili, altre 30 danneggiate, la maggior parte degli ospedali non funziona più, l'acqua potabile è agli sgoccioli, il cibo pure, testimoni citati dalle Ong internazionali raccontano di persone costrette a "mangiare l'erba". Chi si oppone alla seconda Nakba, la catastrofe, il grande esodo, sono gli Stati arabi. Per ragioni di giustizia e umanitarie, è ovvio. Ma forse ancor più per calcolo politico. La prima Nakba, nel 1948, seguita da un'altra grande ondata di profughi nel 1967, finì per destabilizzare la Giordania e il Libano.
Ne seguirono due guerre civili, una fulminea ad Amman, il Settembre Nero del 1970, finita con la cacciata di Yasser Arafat e i suoi fedayyin, l'altra nel Paese dei Cedri. Al-Sisi ce l'ha bene in mente. E poi ci sono le opinioni pubbliche arabe. Vedono l'inerzia dei loro governi. Ma questa volta sono molto più compatte nella solidarietà verso i palestinesi. […]
2 - L’ESERCITO PIANIFICA DI ALLUNGARE LA LEVA MA I PIÙ RELIGIOSI RESTERANNO ESENTATI
Estratto dell’articolo di Davide Frattini per il “Corriere della Sera”
Le foto di Yanki Deri con la divisa verde oliva che si presenta in caserma avevano stupito quattro mesi fa la maggior parte degli israeliani, non avrebbero dovuto. Ha quarant’anni, è in età per prestare servizio nei riservisti, […] È però anche il figlio di Arye Deri, il leader del partito Shas, e gli ultraortodossi come lui sono di fatto esentati dall’obbligo militare verso lo Stato.
Assieme a Deri hanno indossato l’uniforme un centinaio di volontari religiosi, sembrava una svolta, in realtà è una parte minima dei quasi 140 mila haredim […] Lo Stato maggiore sta pianificando di dilatare la durata della leva […] e soprattutto di richiedere ai riservisti di riarruolarsi per 42 giorni l’anno, il doppio di quanti sono previsti adesso.
BENJAMIN NETANYAHU VISITA I SOLDATI ISRAELIANI NELLA STRISCIA DI GAZA
Più tempo lontano dal lavoro e da casa e per più a lungo: la chiamata può arrivare fino ai 45 anni, cinque in più. «Lo stipendio di un riservista — fa notare in un editoriale il quotidiano Haaretz — è il 47 per cento più alto della media nazionale, il 20 per cento tra loro è impiegato nell’hi-tech. In molti non sono tornati negli oltre quattro mesi di guerra.Così si scopre che chi studia, va all’università, lavora e paga le tasse, porta sulle spalle anche il fardello più pesante del dovere verso le forze armate».
[…] «l’esercito del popolo», com’è stato pensato dai fondatori di Israele, è sempre meno l’esercito di tutto il popolo. I ragazzi e le ragazze che al compimento dei 18 anni si presentano al campo di addestramento sono scesi al 60 per cento: gli ultraortodossi sono esentati, se studenti in una scuola rabbinica […]
la guerra contro Hamas andrà avanti mesi, quella totale con l’Hezbollah libanese può sempre scoppiare, non è il momento di sfoltire i ranghi. Dopo gli attacchi del 7 ottobre i comandanti avevano mobilitato 360 mila riservisti. «[…] I leader sionisti religiosi sono consapevoli che la rabbia popolare possa rivolgersi anche contro di loro. Così continuano a ripetere il numero di coloni uccisi in battaglia a Gaza».
È vero che i religiosi con la kippah all’uncinetto hanno in percentuale superato i membri dei kibbutz nella spinta nazionalista ad arruolarsi nelle unità combattenti. Allo stesso tempo i loro leader come Itamar Ben Gvir e Bezalel Smotrich la divisa non l’hanno mai indossata.
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