donald tusk viktor orban

ORBAN, UN LEADER SEMPRE MENO POPOLARE – IL PPE È IN FORTE IMBARAZZO PER I ‘PIENI POTERI’ CHE SI È PRESO IL PREMIER UNGHERESE– PER ORA L’APPARTENENZA DEL SUO PARTITO, FIDESZ, ALLA FAMIGLIA POPOLARE È CONGELATA, MA POTREBBE ESSERE LUI A FARE LE VALIGIE E ANDARSENE PER FARE UN GRUPPO CON LA MELONI, SALVINI E I POLACCHI (MA GLI CONVIENE?)

 

 

Amedeo La Mattina per www.lastampa.it

 

VIKTOR ORBAN

Espellere Viktor Oban dalla famiglia dei popolari europei? Il Ppe ha altro a cui pensare in questo momento di emergenza da coronavirus, ma è enorme l’imbarazzo per quello che gli oppositori ungheresi definiscono «un colpo di Stato» da parte del premier magiaro. I Paesi del Nord Europa hanno un’altra freccia da scagliare per chiedere di cacciare Fidesz, il partito al potere a Budapest.

 

DONALD TUSK VIKTOR ORBAN

Con i nuovi poteri straordinari (proroga dello stato di emergenza sine die, nonostante in Ungheria i casi di contagio e i morti siano molto pochi, sospensione dell’attività parlamentare, carcere fino a 5 anni per chi diffonde quelle che il governo definisce fake news), si realizza quella «democrazia illiberale» teorizzata dallo stesso Orban. Ma nulla si muove mentre tutti i protagonisti della politica sono concentrati su come fare fronte all’emergenza sanitaria ed economica. Non una parola del presidente dei Popolari europei Donal Tusk che si limita a dire che «Orban è un amico ma non condivido i valori che rappresenta». Quindi rimane sospesa l’appartenenza dei suoi 13 europarlamentari al gruppo di Strasburgo: è congelata dal marzo 2019 proprio per la mancanza del rispetto dei valori fondamentali dell’Unione.

 

GIORGIA MELONI VIKTOR ORBAN

A fare precipitare i rapporti erano state le parole del premier magiaro contro la Commissione Ue e in particolare gli attacchi diretti e personali all’allora presidente della Commissione Junker. Furono in molti a chiedere la sua espulsione, ma ad evitare che ciò accadesse scesero in campo Silvio Berlusconi, i Popolari spagnoli, i francesi di Les Republicains e la destra della Cdu tedesca nonchè la Csu bavarese. Anche oggi Berlusconi difende «l’amico Viktor».

 

MATTEO SALVINI VIKTOR ORBAN

Il Cavaliere fa presente che quei poteri gli vengono conferiti dal Parlamento eletto in maniera democratica dal popolo ungherese che riconosce al proprio premier la capacità di fare il bene del suo Paese. In fondo Orban, sostiene l’ex premier, difende gli interessi del suo Paese. Il fatto di governare l’emergenza ricorrendo ai decreti «non è dissimile a quello che sta facendo il governo italiano. Tutte le cose più importanti sono state decise, comprese le giuste limitazioni alla libertà di movimento degli italiani, sono state stabilite con decreti del presidente del Consiglio. I Dpcm non devono passare nemmeno al vaglio del Parlamento».

berlusconi orban

 

Anche Giorgia Meloni e Matteo Salvini difendono Orban con gli stessi argomenti. Con la differenza che Berlusconi sta facendo di tutto per evitare che Orban lasci il Ppe, mentre gli altri due leader del centrodestra non vedono l’ora che ciò accada. Salvini e Meloni aspettano Orban con le braccia aperte. E il premier magiaro è molto tentato di sbattere la porta in faccia ai Popolari che al Parlamento europeo hanno di recente votato a favore di una risoluzione che chiede di proseguire con la procedura di infrazione contro l’Ungheria per violazione dei valori della Ue. Allora può succedere che un minuto prima di essere espulso dal partito e dal gruppo Ppe, sia lo stesso Orban a fare le valige e salutare tutti.

VIKTOR ORBAN GIUSEPPE CONTE

 

orban

Sembra proprio andare in questa direzione la lettera che il premier ungherese ha mandato in questi giorni a tutti i leader Popolari (ce l’ha sul tavolo pure Berlusconi) per criticare Tusk e la sua gestione politica, dopo che il 4 febbraio scorso il Ppe ha deciso di prolungare la sospensione di Fidesz. A quel punto può succedere che si formi un unico gruppo parlamentare a Strasburgo di sovranisti e nazionalisti formato dai Conservatori, di cui fanno parte i polacchi di Kaczynski e gli esponenti di Fratelli d’Italia, e i leghisti di Identità e Democrazia.

 

Il nuovo gruppo, che sarebbe il terzo per numero di iscritti, potrebbe chiamarsi Conservatori e Identitari. Orban considera il Ppe troppo spostato verso posizioni liberali («si sta indebolendo e spostando verso posizioni centriste e liberali»).

giorgia meloni raffaele fitto carlo fidanza a varsavia con jaroslaw kaczynski e la delegazione del pisvladimir putin viktor orban 3

Non avrebbe preso le decisioni di questi giorni per intestarsi poteri straordinari se non avesse  deciso di mollare i Popolari, spiegano dentro Forza Italia. E se l’Europa non fosse così debole, con il grave rischio di disgregarsi e se la Germania non si trovasse di fronte alla crisi di leadership della Cancelliera Angela Merkel. «Per l'Europa - ha detto il leader azzurro in una intervista radiofonica - questa è una prova decisiva: deve dimostrare di essere una comunità di popoli legati da interessi comuni. Deve dimostrare di essere solidale al proprio interno e capace di usare tutta la sua forza economica per tirarsi fuori da una crisi che è già grave e che potrebbe diventare gravissima per tutti. Se l'Europa non lo farà, sarà un fallimento dal quale non si risolleverà più».

MELONI E ORBANVICTOR ORBAN GYORGY MATOLCSY

Ultimi Dagoreport

matteo salvini donald trump ursula von der leyen giorgia meloni ue unione europea

DAGOREPORT – IL VERTICE TRA GIORGIA MELONI E I SUOI VICEPREMIER È SERVITO ALLA PREMIER PER INCHIODARE IL TRUMPIAN-PUTINIANO SALVINI: GLI HA INTIMATO DI NON INIZIARE UNA GUERRIGLIA DI CRITICHE DAL MOMENTO IN CUI SARÀ UFFICIALE L’OK ITALIANO AL RIARMO UE (DOMANI AL CONSIGLIO EUROPEO ARRIVERÀ UN SÌ AL PROGETTO DI URSULA VON DER LEYEN), ACCUSANDOLO DI INCOERENZA – LA DUCETTA VIVE CON DISAGIO ANCHE LE MOSSE DI MARINE LE PEN, CHE SI STA DANDO UNA POSTURA “ISTITUZIONALE” CHE METTE IN IMBARAZZO LA PREMIER

ursula von der leyen giorgia meloni macron starmer armi difesa unione europea

DAGOREPORT – SI FA PRESTO A DIRE “RIARMIAMO L’EUROPA”, COME FA LA VON DER LEYEN. LA REALTÀ È UN PO’ PIÙ COMPLICATA: PER RECUPERARE IL RITARDO CON USA E RUSSIA SUGLI ARMAMENTI, CI VORRANNO DECENNI. E POI CHI SI INTESTA LA RIMESSA IN MOTO DELLA MACCHINA BELLICA EUROPEA? – IL TEMA È SOPRATTUTTO POLITICO E RIGUARDA LA CENTRALITÀ DI REGNO UNITO E FRANCIA: LONDRA NON È NEMMENO NELL’UE E L’ATTIVISMO DI MACRON FA INCAZZARE LA MELONI. A PROPOSITO: LA DUCETTA È ORMAI L’UNICA RIMASTA A GUARDIA DEL BIDONE SOVRANISTA TRUMPIANO IN EUROPA (SI È SMARCATA PERFINO MARINE LE PEN). IL GOVERNO ITALIANO, CON UN PUTINIANO COME VICEPREMIER, È L’ANELLO DEBOLE DELL’UE…

trump zelensky vance lucio caracciolo john elkann

DAGOREPORT – LUCIO E TANTE OMBRE: CRESCONO I MALUMORI DI ELKANN PER LE SPARATE TRUMPUTINIANE DI LUCIO CARACCIOLO - A “OTTO E MEZZO” HA ADDIRITTURA SOSTENUTO CHE I PAESI BALTICI “VORREBBERO INVADERE LA RUSSIA”- LA GOCCIA CHE HA FATTO TRABOCCARE IL VASO È STATA L’INTERVISTA RILASCIATA A “LIBERO” DAL DIRETTORE DI “LIMES” (RIVISTA MANTENUTA IN VITA DAL GRUPPO GEDI) - L'IGNOBILE TRAPPOLONE A ZELENSKY? PER CARACCIOLO, IL LEADER UCRAINO "SI E' SUICIDATO: NON HA RICONOSCIUTO IL RUOLO DI TRUMP" - E' ARRIVATO AL PUNTO DI DEFINIRLO UN OPPORTUNISTA INCHIAVARDATO ALLA POLTRONA CHE "FORSE SPERAVA DOPO IL LITIGIO DI AUMENTARE IL CONSENSO INTERNO..." - VIDEO

giorgia meloni donald trump joe biden

DAGOREPORT – DA DE GASPERI A TOGLIATTI, DA CRAXI A BERLUSCONI, LE SCELTE DI POLITICA ESTERA SONO SEMPRE STATE CRUCIALI PER IL DESTINO DELL’ITALIA - ANCOR DI PIU' NELL’ERA DEL CAOS TRUMPIANO, LE QUESTIONI INTERNAZIONALI SONO DIVENTATE LA DISCRIMINANTE NON SOLO DEL GOVERNO MA DI OGNI PARTITO - NONOSTANTE I MEDIA DEL NOSTRO PAESE (SCHIERATI IN GRAN MAGGIORANZA CON LA DUCETTA) CERCHINO DI CREARE UNA CORTINA FUMOGENA CON LE SUPERCAZZOLE DI POLITICA DOMESTICA, IL FUTURO DEL GOVERNO MELONI SI DECIDE TRA WASHINGTON, LONDRA, BRUXELLES, PARIGI – DOPO IL SUMMIT DI STARMER, GIORGIA DEI DUE MONDI NON PUÒ PIÙ TRACCHEGGIARE A COLPI DI CAMALEONTISMO: STA CON L’UE O CON TRUMP E PUTIN?

friedrich merz

DAGOREPORT – IL “MAKE GERMANY GREAT AGAIN” DI FRIEDRICH MERZ: IMBRACCIARE IL BAZOOKA CON UN FONDO DA 500 MILIARDI PER LE INFRASTRUTTURE E UN PUNTO DI PIL PER LA DIFESA. MA PER FARLO, SERVE UN “BLITZKRIEG” SULLA COSTITUZIONE: UNA RIFORMA VOTATA DAI 2/3 DEL PARLAMENTO. CON IL NUOVO BUNDESTAG, È IMPOSSIBILE (SERVIREBBERO I VOTI DI AFD O DELLA SINISTRA DELLA LINKE). LA SOLUZIONE? FAR VOTARE LA RIFORMA DAL “VECCHIO” PARLAMENTO, DOVE LA MAGGIORANZA QUALIFICATA È FACILMENTE RAGGIUNGIBILE…