PARA CUL-DEROLI: IL LEGHISTA SI SCUSA CON LA KYENGE E NON PENSA NEMMENO A DIMETTERSI
M. Antonietta Calabrò per il "Corriere della Sera"
Calderoli prende la parola in Aula, si scusa, ma non lascia. Si scusa, ma in modica quantità . Il suo intervento dura in tutto poco più di 4 minuti. Si scusa «con judicio» come esortava il gran cancelliere spagnolo a Milano nei «Promessi sposi». Dice Calderoli: «Mi scuso per le mie dichiarazioni, che non ho difficoltà a definire sbagliate e offensive, e per le quali il presidente Napolitano si è indignato. E anche con lui mi scuso».
Ma se non lascia la «colpa» non è sua, ma del Senato che non glielo ha chiesto a stragrande maggioranza, perché lui è un vicepresidente di opposizione e risponde solo alla sua parte politica. «Non mi dimetto» ha detto. «Sono un vicepresidente di opposizione. Avrei dovuto rispondere solo a chi mi ha votato ma sarei stato pronto a farlo se nell'ufficio di presidenza ci fosse stata un'amplissima maggioranza che me l'avesse chiesto. Ma così non è stato».
Roberto Calderoli ha parlato a Palazzo Madama di fronte a un'Aula spaccata che in buona parte ha chiesto le sue dimissioni da vicepresidente del Senato, e che in altra parte lo ha difeso. Non solo ovviamente la Lega, ma anche il Pdl, salvo poche eccezioni, non ha pronunciato alcuna richiesta di lasciare.
Non lascia, dunque Calderoli, ma alla Kyenge annuncia che manderà dei fiori, e prima delle comunicazioni del ministro Alfano sul caso kazako, al ministro che ha ingiuriato come orango stringe la mano. «Oggi è stata una giornata dura ma l'ho conclusa bene, stringendo la mano poco fa al ministro Kyenge, in quella stessa Aula nella quale oggi ho trovato persone che hanno saputo ascoltarmi» ha detto l'ancora vicepresidente del Senato. Mettendo lui stesso in relazione i due fatti: l'Aula lo ha saputo ascoltare e quindi lui ha stretto la mano. «Errore grave ma non razzismo» ribadisce.
Mentre a Palazzo Madama vanno in onda le modiche scuse, fuori, su Twitter impazza l'hashtag #Calderolidimettiti e #Calderolizziamoci (lanciato dai fratelli Tognazzi e Gassman) che invita tutti a lanciare una propria foto "calderolizzata", con una faccia che assomiglia a un orango. «Siamo tutti oranghi», rilancia qualcuno. E le agenzie di stampa internazionali, ad esempio l'Associated Press, titolano i loro servizi e le loro foto dal Senato «Italy Racism».
Anche la leghista Rosi Mauro, pure lei nella scorsa legislatura resistente vicepresidente del Senato non dimissionaria, non può fare a meno di commentare che Calderoli «parla troppo». Parla troppo e si scusa poco anche secondo il direttore di «Famiglia Cristiana». Con un editoriale pubblicato ieri su www.famigliacristiana.it don Antonio Sciortino è tornato a chiedere le dimissioni di Calderoli, proprio dopo quelle che ha definito le sue «lacrime di coccodrillo» in Parlamento.
«Calderoli, l'epoca dell'impunità è finita» è il titolo dell'intervento. «Questa volta le scuse non bastano più» scrive don Sciortino, «Calderoli, oltre tutto, è recidivo, la sua collezione di sparate razziste ci ha già fatto vergognare abbastanza, ha offeso non solo la Kyenge, ma tutti gli italiani. Oltre ad aver arrecato un grave danno d'immagine del Paese nel mondo».
Dopo le polemiche politiche le frasi di Calderoli potrebbero avere conseguenze giudiziarie. Il comizio in cui sono state pronunciate si è svolto a Treviglio, in provincia di Bergamo e proprio un avvocato bergamasco, Giuseppe Sarno, ha presentato una denuncia alla Procura della Repubblica della città per chiedere che «vengano effettuati gli opportuni accertamenti, nonché venga valutata la sussistenza di eventuali profili di penale rilevanza».
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