MA SONO PUSSY O SONO FORCONE? - LE RAGAZZE LIBERATE VOGLIONO ANCORA CACCIARE PUTIN, E ORA PUNTANO SU KHODORKOVSKY PRESIDENTE. MANCANO PERÒ PROPOSTE CONCRETE

Anna Zafesova per "La Stampa"

Il prossimo presidente della Russia? Nadezhda Tolokonnikova non ha dubbi: "Mikhail Borisovich", e Maria Aliokhina conferma. E' un uomo "molto forte, una personalità eccezionale". Le Pussy Riot - ma dicono che non useranno più il marchio delle punk con il passamontagna colorato - sono tornate a Mosca dopo essere state liberate dall'amnistia di Putin.

Due giorni prima hanno avuto uno scambio epistolare commovente con l'altro ex detenuto più famoso della Russia, Mikhail Khodorkovsky, uscito dal Gulag per grazia di Putin 72 ore prima di loro. Lo zar fattosi Babbo Natale alla vigilia delle feste e delle Olimpiadi di Sochi ha regalato all'opinione pubblica una settimana di lacrime e polemiche, con il ritorno dall'aldilà della prigione degli eroi che l'hanno sfidato. E mentre un'altra storia, quella dei 30 attivisti di Greenpeace, si conclude con la scarcerazione e la partenza in tempo per riabbracciare le famiglie per Capodanno, è il momento di sognare ed esprimere desideri.

E così le due punk candidano Khodorkovsky alla presidenza. L'ex oligarca ha già detto che non lotterà per il potere, ma nelle interviste assume toni sempre più programmatici: ieri ha proposto alla Novaya Gazeta il suo piano per una nuova Russia, che diventa ricca non più grazie al petrolio ma all'"economia del sapere", con tanto di percentuali della popolazione che nel suo sistema ideale deve dedicarsi ai vari settori (20% nei settori estrattivi e 20% nel lavoro intellettuale). In più ci vuole la "decimazione" dei burocrati: "Uno su dieci va licenziato, se non funziona si ripete l'operazione".

La già decimata opposizione liberale russa era già rimasta nei giorni scorsi un po' imbarazzata da alcune dichiarazioni del suo potenziale leader, che si è dichiarato "un nazionalista" pronto a "andare personalmente in guerra per evitare la secessione del Caucaso".

Per scoprire che Khodorkovsky non era esattamente una icona liberal bastava leggere i suoi scritti dalla prigione, dove teorizzava la "svolta a sinistra" e una visione piuttosto dirigista dell'economia. Ma non ha importanza. Il suo curriculum non sono ormai le idee, ma i 10 anni in carcere.

L'essere stato dietro le sbarre o meno diventa un criterio di moralità e coraggio, che unisce personaggi altrimenti incompatibili come le punk femministe e un oligarca cresciuto in Urss che potrebbe essere loro padre. Masha e Nadia alla loro conferenza stampa parlano solo del carcere, delle umiliazioni, degli abusi, delle donne costrette a lavorare 16 ore al giorno e punite con visite ginecologiche forzate. Le loro voci tremano e il loro futuro, come lo vedono oggi, è lottare per i diritti dei detenuti, insieme a un altro oppositore perennemente sull'orlo della prigione, Alexei Navalny.

Come loro modello citano Vladimir Bukovsky, loro predecessore nelle carceri della Mordovia, impenitente dissidente deportato da Brezhnev più o meno con le stesse modalità di Khodorkovsky. La galera torna a essere, come all'epoca del dissenso sovietico, la metafora della società, l'esperienza fondante e fondamentale, che divide gli onesti e i coraggiosi dalla massa degli indifferenti e dei conniventi. Il programma politico è un optional, anche perché non ci sono più luoghi - dal parlamento alla piazza - dove fare politica in Russia. Non resta che sognare un mondo di giusti che decimano i carnefici e i corrotti.

 

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