UN PERNACCHIO ALLA “DINASTINA MIN” (MINZOLINI E MINEO) - RENZI E’ CONVINTO DI AVERE I NUMERI PER UCCIDERE IL SENATO - IL NODO E’ LEGATO ALL’ITALICUM: NEL PD POTREBBERO APRIRSI NUOVE SACCHE DI RESISTENZA
Maria Teresa Meli per “Il Corriere della Sera”
RENZI TIFOSO VIOLA ALLO STADIO
Matteo Renzi non sembra nutrire troppe preoccupazioni per le turbolenze di Palazzo Madama. «Alla fine si farà la riforma che vogliamo noi», assicura ai collaboratori in serata. E aggiunge: «Berlusconi controlla quella parte di Forza Italia che serve». Quindi: «Per farla breve, abbiamo una maggioranza solida e non c’è nessun motivo reale per essere preoccupati».
Secondo il pallottoliere di Palazzo Chigi, i senatori «sicuri» del Pd sono almeno 90, 50 quelli di Forza Italia, 30 del Nuovo centrodestra, 15 della Lega, 15 quelli di Scelta civica e popolari, 15 quelli di Gal e delle autonomie. E visto che il quorum è 160, i renziani si dicono tranquilli. E sicuri di portare a termine la «missione» che si sono dati entro i tempi stabiliti. A fine luglio la riforma del Senato e del Titolo V della Costituzione da Palazzo Madama approderà alla Camera.
I timori, che rimangono, sono invece altri. «Piuttosto — è il succo dei ragionamenti che il premier va facendo in questi giorni con i fedelissimi — preoccupa di più la resistenza passiva delle burocrazie, il tentativo di rimandare. Non si rendono conto che rischiano di farci ridere dietro dai cittadini e dalle istituzioni europee che legano le riforme alla flessibilità. Comunque — è la tranquillizzante (e ironica) conclusione del premier — i numeri ci sono, e a dispetto della manovra mediatica della dinastia Min (Minzolini e Mineo, ndr ), la fronda non cresce».
Dunque, è un Matteo Renzi piuttosto fiducioso quello che segue da Palazzo Chigi i lavori del Senato. Un Renzi che ritiene che entro l’autunno la riforma verrà approvata in prima lettura anche alla Camera. Dopodiché sarà la volta dell’Italicum, riveduto e corretto. Ma fino a un certo punto.
Perché il presidente del Consiglio non intende cadere nei «trabocchetti» dei grillini, nel caso la loro intenzione sia soltanto quella di farlo rompere con Silvio Berlusconi. Anche per questa ragione ieri il premier ha dato ai suoi delle direttive ben precise: «Io voglio vedere le risposte e le tesi del Movimento 5 Stelle scritte nero su bianco, perché, non dimentichiamolo, “Verba volant, scripta manent”.
Perciò io non affido l’apertura di un confronto a dichiarazioni, interviste, battute, né voglio offrire ai grillini la possibilità di fare uno show mediatico. Se si vuole dialogare veramente, lo si faccia sul serio. E comunque un primo risultato lo abbiamo ottenuto: li abbiamo fatti scendere dal tetto».
In realtà, però, sull’Italicum è nel Pd — dove è pronta una nuova fronda (composta da bersaniani e da altri pezzi del Partito democratico — che potrebbero aprirsi nuovi problemi. È un particolare, questo, che non sfugge a Renzi. Eppure il premier è convinto ugualmente di riuscire a mandare in porto anche la riforma elettorale, sebbene ci sia «chi non si vuole rassegnare».
«Del resto — è la riflessione dell’inquilino di Palazzo Chigi — alla fine ognuno si prenderà le proprie responsabilità al momento di votare le riforme nelle aule del Parlamento. E non risulta che queste siano materie classiche da voto di coscienza...».
renzi mogherini a strasburgo parlamento europeo
Insomma, Renzi, ancora una volta, batte sul tasto dell’assunzione di «responsabilità» da parte di tutti. Lui è «pronto» a prendersi la sua. Anche per quello che riguarda un altro fronte che lo interessa non poco. Ossia quello della Ue. Il premier, cui certo non fa difetto l’ottimismo, punta a ottenere una «vittoria» anche su quel campo da gioco.
Nonostante lì la partita sia ben più complessa e gli avversari molto più agguerriti dei ribelli di Forza Italia o dei «malpancisti» del Partito democratico, dei «gufi» o di qualsiasi altro animale simbolo di malaugurio verrà prossimamente citato dal presidente del Consiglio.
Su quel fronte Matteo Renzi punta a far ottenere all’attuale ministra degli Esteri Federica Mogherini il posto di Lady Pesc e di vice di Jean-Claude Juncker. In questo modo sulla scrivania di una sua fedelissima passeranno tutti i dossier della Ue che contano. E questo consentirà al premier italiano di poter giocare la sua partita con una «chance» importante in più.