URNE FUNERARIE - RENZI SENTE IL FIATO SUL COLLO DI BEPPEMAO E PREPARA IL TOUR ELETTORALE: SE I CINQUESTELLE VOLANO ALLE EUROPEE, IL PATTO COL BANANA SU RIFORME E “ITALICUM” VA A FARSI BENEDIRE E PITTIBIMBO TORNA A FIRENZE

Elisa Calessi per "Libero quotidiano"

I suoi fedelissimi giurano che non esista alcun problema rispetto alle elezioni europee. «Prenderemo più delle Politiche e Grillo meno, vedrete», spande serenità Lorenzo Guerini, braccio destro e sinistro di Renzi per quanto riguarda il partito, sfrecciando in Transatlantico. Frase vera per la prima parte, il Pd,meno per la seconda. Così, almeno, secondo il report che Fabrizio Masia, della società Emg, fa arrivare ogni settimana sulla scrivania del premier.

L'analisi di lunedì scorso ha messo in allarme i piani alti del Nazareno. Dalla ricerca risulta, infatti, che il Pd è al 32%, dunque ha perso 1,8 punti percentuali, che Forza Italia è tra il 19% e il 20%, quindi ha perso quasi un punto,ma soprattutto che il Movimento Cinque Stelle è schizzato al 27%, guadagnando cioè 4 punti in una settimana.

Ma a preoccupare è il trend. Se continua così, potrebbe persino sorpassare il Pd, come aveva sostenuto per prima Alessandra Ghisleri, la sondaggista di fiducia di Silvio Berlusconi. Per il resto, Fratelli d'Italia è al 5%, l'Ncd al 5,5%. La Lega oscilla tra il 4 e il 4,5%,mentre la lista Tsipras e Scelta civica non raggiunge lo sbarramento. Dunque è vero che il Pd potrebbe andare meglio rispetto alle elezioni politiche. Ma il problema è l'eventuale exploit di Beppe Grillo, che non solo stacca di gran lunga Forza Italia,assestandosi stabilmente come seconda forza, ma che si avvicina pericolosamente al Pd.

Uno scenario che, come confida un renziano doc, è persino più temibile di un sorpasso da parte del M5S: «Se Grillo arriva a pochi punti da noi, la minoranza ci creerà un sacco di problemi. Mentre se ci supera, paradossalmente ci sarebbe una reazione generale, scatterebbe l'unità nazionale contro il pericolo Grillo».

Un ragionamento, appunto, paradossale, ma che dice di come la crescita del M5S preoccupi eccome l'inner circle renziano. Non perché si pensa che possa avere ripercussioni sulla stabilità del governo. «Renzi non conosce la parola "dimissioni"», dice un suo fedelissimo. Più che altro si temono conseguenze sul dossier riforme. Perché se la fotografia fatta da Masia dovesse essere confermata, è chiaro che a Berlusconi l'Italicum così com'è non andrà più bene.

«La legge elettorale», si spiega tra i renziani, «è stata costruita su Pd e Fi. È ovvio che se Berlusconi arriva terzo e a una distanza così grande, vorrà rivedere le soglie. Perché dovrebbe regalare a Grillo il ballottaggio con noi?». Il possibile crollo di Forza Italia rischia, quindi, di rimescolare tutte le carte. E allungare i tempi. In ogni caso, l'allarme è suonato. Tanto che ieri sera il premier si è convinto a fare una riunione su come organizzare la campagna elettorale, cosa che fin qui aveva sempre rimandato, preso dagli impegni del governo.

L'idea è di unire Europee e Amministrative e quindi di organizzare un tour che tocchi le principali città dove si vota,a cominciare da quelle che il Pd prova a riconquistare. Di sicuro, quindi, Renzi sarà a Prato e molto probabilmente anche a Sassuolo. Poi a Modena, a Reggio Emilia. Ma per ora è tutto in alto mare. «La campagna elettorale, per noi, è l'attività del governo», continua a ripetere il premier.

Il quale, per illustrare l'azione dell'esecutivo, punta sulla tv, più che sulle piazze. Ma anche queste non saranno trascurate. Ieri, intanto, è stato a Porta a Porta, dove ha ammesso a malincuore che la riforma del Senato non verrà approvata in prima lettura prima del 25maggio, ma slitta al 10 giugno perché così hanno chiesto i senatori.

«Per me va bene ». Ma poi, basta. Perché «io non sono presidente del Consiglio perché ho vinto un concorso, sono qui per fare le cose. Se vogliono qualcuno che "abbui" le cose, devono trovarsi un altro». Dopo i toni concilianti usati in mattinata coi senatori,davanti alle telecamere, davanti cioè agli italiani, Renzi lancia l' ultimatum: o si fanno o me ne vado. Un modo per ottenere due risultati: usare il proprio consenso, ancora alto, per "forzare" le resistenze interne e degli altri partiti,ma anche mostrarsi agli italiani come quello che vuole cambiare, attorniato da un Palazzo che frena. In chiave anti-Grillo,ha rivendicato le riforme sui costi della politica messe in cantiere dal governo.

«Meno politici in giro per avere meno giovani disoccupati». Di nuovo, a proposito del Senato, ha messo in chiaro di non essere «un pasdaran, ma non resto attaccato alla sedia. Queste non sono le riforme di Matteo, alla fine un punto di incontro serve, ma non vorrei che tutto questo fosse per far tornare le indennità dei senatori».

Quanto a Berlusconi, non romperà il patto: «Ha interesse a stare nel pacchetto riforme». Ha annunciato per oggi la presentazione della riforma della pubblica amministrazione, anche se non ci sarà un provvedimento. «Molte cose faranno discutere». Si va dalla giustizia amministrativa fino alle retribuzioni e alla licenziabilità dei dirigenti. Anche se ha smentito che ci saranno «esuberi». Ma sarà una sfida difficile. «Ci vogliono i marines».

A Berlusconi ha risposto di non sapere «se sono simpatico ma di sicuro non sono un tassatore». L'obiettivo è cambiare sul serio le cose. «Se non riesco, mi fanno fuori politicamente». E ha annunciato per il 2 maggio lo sblocco dei fondi per la scuola. Quello che non ha potuto fare, invece, è giocare la partita del cuore. E in un video "rubato" di Repubblica. it, confida di non averla presa bene. «Sono incazzato nero».

 

 

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