NON SAPENDO PIU’ DOVE SBATTERE IL VUOTO CEREBRALE, LETTA RICICCIA IL SEMPITERNO CONFLITTO DI INTERESSI – E RENZI LO SBERTUCCIA: “LETTA SE NE RICORDA SOLO ORA?’’ E AVVERTE: ‘SE SALTANO LE RIFORME SI VA A VOTARE’

Goffredo De Marchis per ‘La Repubblica'

Una telefonata ieri mattina per mettere a punto, senza ulteriori traumi, il percorso del patto di coalizione. Matteo Renzi ha sentito Enrico Letta e tra i due si può registrare un minimo disgelo. Basato però su alcuni paletti, quindi sempre a rischio. Al sindaco di Firenze interessa condurre in porto la legge elettorale. «Se non si fanno le riforme la legislatura non ha vita lunga - dice al Tg3 -. Decide il presidente Napolitano, ma questa è davvero l'ultima chiamata per il Parlamento ».

Perciò l'apertura ad alcune modifiche in corso d'opera coinvolge soprattutto due aspetti: l'accesso al premio di maggioranza del primo turno che può essere innalzato dal 35 per cento al 37 e la soglia di sbarramento per i partiti nella coalizione che, seguendo i desideri di Alfano, dovrebbe scendere al 4 per cento. Ma le liste bloccate sono l'architrave dell'accordo con Berlusconi e non si toccano.

«Perché le correzioni - spiega il sindaco - si fanno solo con il consenso di tutti». E sulle preferenze, Forza Italia non molla: sono il diavolo, la peste. Però è proprio su questo tema che la sfida è stata lanciata all'interno del Partito democratico. Dalla minoranza e anche dal premier che ha parlato in tv di un «maggiore collegamento tra cittadini ed eletti».
La sfida è già ricominciata e si consumerà pubblicamente giovedì nella direzione del Pd alla quale parteciperà anche Letta.

Una sfida che Renzi e i renziani hanno una gran voglia di raccogliere. «Conflitto d'interessi e preferenze? Sono contento che Letta se ne ricordi adesso, dopo vent'anni. Mi pare una provocazione - attacca Ernesto Carbone - ma mettiamola così citando il Vangelo di Luca: "Si fa più festa in cielo per un peccatore pentito che per 99 giusti"». Le parole del premier dunque non fermeranno la corsa di Renzi. L'accordo con Berlusconi viene confermato nei suoi punti fondamentali. «Le riforme non devono essere a rischio», scolpisce il segretario. Vengono prima di tutto. E non esiste l'ipotesi di una staffetta con lui a Palazzo Chigi senza passare da un voto. «Il governo è il governo Letta, io faccio un altro mestiere. Escludo un governo Renzi. Anche perchè ai cittadini chi fa cosa non interessa, io non sono qui per cercare di occupare una seggiola o una poltrona io sono qui perchè l'Italia finalmente si rimetta in moto. Ho vinto le primarie su questo non su altro».

Il segretario non smetterà di incalzare l'esecutivo. Lo ha fatto anche ieri, pur senza i toni ultimativi degli ultimi giorni. «Ha bisogno di un «bello sprint». Il patto lo faremo prima di metà febbraio, promette. «C'è la direzione poi via come un treno». La stabilità che preoccupa il sindaco non è quella di Palazzo Chigi, ma quella delle scuole. «Ci vuole subito un piano per l'edilizia scolastica. Investimenti per 5 miliardi. Usciamo dal politichese e parliamo di temi concreti. Discutiamo spesso di stabilità, bene. Ma è più importante che stiano in piedi i luoghi dove mandiamo i nostri figli. Credo che Letta possa ottenere un risultato del genere in Europa ». Poi c'è il job act, il piano per il lavoro sul quale Letta non ha alcuna intenzione di farsi trovare impreparato o di farsi dettare l'agenda. «Ciò che conta è che sia una bella direzione e un bel confronto. Che non facciamo le finte e poi ci rimettiamo a litigare il giorno dopo: se c'è da discutere si discuta poi però avanti».

Da qui a giovedì il cammino della legge elettorale sarà molto più chiaro. L'avvertimento di Renzi è ultimativo: «Le modifiche non siano una scusa per far saltare tutto il pacchetto, che prevede l'eliminazione del Senato, la riforma del titolo V, principi che non possono essere messi in discussione da forze che hanno lo 0,01». Innanzitutto cancellano il possibile bis delle larghe intese. Poi, c'è il "colore", quello che gira intorno alle prime mosse della segreteria Renzi. «Il paragone con Craxi non mi piace. Ma dire che la politica deve passare dalle parole ai fatti non è decisionismo. È la capacità di decidere che
la gente ci chiede».

 

letta RENZI E LETTARENZI E LETTA ALL ASSEMBLEA NAZIONALE PDBERLUSCONI IN SENATO PER LA FIDUCIA AL GOVERNO LETTA FOTO LAPRESSE LETTA E BERLUBOBO CRAXI BETTINO E SILVIO BERLUSCONI

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