GODETEVI LE ULTIME INTERCETTAZIONI DEL PROCESSO ESCORT DI BARI: POTREBBERO ESSERE LE ULTIME - RIPARTE LA BATTAGLIA DI RENZI E ALFANO PER RENDERE PIÙ DIFFICILE LA PUBBLICAZIONE DELLE TELEFONATE

Liana Milella per “la Repubblica”

 

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La riforma delle intercettazioni nella legge sulla diffamazione. Si riapre la battaglia infinita sulle telefonate registrate e pubblicate dai giornali. Quelle di Bari su Berlusconi e le escort sono la causa scatenante. C’è già l’emendamento giusto da far marciare, firmato il 26 gennaio da Alessandro Pagano, un alfaniano legato a doppio filo al viceministro della Giustizia Enrico Costa, che chiede di inserire subito la questione nel ddl sulla diffamazione, il testo che vuole mettere il bavaglio al web e moltiplicare le multe.

 

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Dovrebbe passare alla Camera per la fine di marzo, metà aprile al massimo. Un testo da concordare pure con i senatori in modo da consentire una rapida spola. Nei calcoli di Ncd, che sulle intercettazioni ha sempre fatto una battaglia tant’è che Costa è stato il relatore del vecchio ddl, solo questa strategia potrebbe consentire di chiudere la partita per l’estate.

 

La parola chiave non è tanto “come”, ma “quando” cambiare la legge. Sui contenuti, ormai, Ncd è d’accordo col Pd, e gli spazi per l’uso e la pubblicabilità degli ascolti si fanno sempre più ristretti. Tant’è che l’emendamento Pagano altro non è che il testo del governo sulle intercettazioni, approvato nel famoso consiglio dei ministri sulla giustizia del 29 agosto.

 

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Due pagine inserite nel ben più corposo ddl che riforma il processo penale e da cui, man mano, viene staccato un pezzo, proprio com’è già avvenuto per la prescrizione.

Qual è, allora, la differenza? Sui tempi. Ncd, in stretta sintonia su questo tema con Forza Italia, chiede una legge immediata, e per questo propone il “contentore” della diffamazione.

 

«Non possiamo più perdere tempo, ne abbiamo già perduto troppo» dice Costa, che non accetta la scelta di una legge delega. Non è d’accordo David Ermini, il responsabile Giustizia del Pd, renziano, che ribatte: «Le intercettazioni stanno bene lì dove sono». Stessa opinione per Donatella Ferranti, la presidente della commissione Giustizia della Camera. Due pareri che pesano e che potrebbero costare l’inammissibilità per il blitz di Ncd.

 

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Ma al di là del contrasto sui tempi, le intercettazioni gestite come adesso, liberamente utilizzabili dai magistrati nei processi e quindi pubblicabili, hanno le ore contate. Lo ha detto stesso Renzi nei consigli dei ministri sulla giustizia, «no alle telefonate di chi non è imputato sui giornali». Nasce da qui l’impostazione della delega, che Ncd vuole trasformare subito in legge, e che ruota intorno alla salvaguardia della «riservatezza ».

 

Questa è la parola chiave, in ossequio, dicono il governo e Pagano, all’articolo 15 della Costituzione che garantisce proprio «la riservatezza delle comunicazioni». L’intenzione è di stabilire «prescrizioni che incidano sulle modalità di utilizzazione cautelare dei risultati delle captazioni e che diano una precisa scansione procedimentale all’udienza di selezione del materiale intercettativo».

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Dietro questo argomentare contorto si cela un intenzione molto semplice: imporre a pm e gip una stretta sull’utilizzo dei tabulati di telefonate o microspie ambientali. Stop all’attuale libertà che fa finire nelle ordinanze e poi nel processo non solo le prove necessarie, ma anche intercettazioni di contesto, che spesso coinvolgono i famosi “terzi” non indagati, ma dati in pasto all’opinione pubblica.

 

Una stretta dunque, anche se dovrebbe passare per «l’udienza di selezione », l’udienza stralcio in cui magistrati e avvocati decidono cos’è rivelante e va conservato, cos’è irrilevante e va buttato. Non sarà di poco conto stabilire in che punto dell’inchiesta piazzare l’udienza e soprattutto come garantirsi da una possibile fuga di notizie di fronte a un’inevitabile discovery.

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