1. LO SCONTRO VERO NON E' QUELLO IN CORSO ATTUALMENTE SUI GIORNALONI, CIOÈ QUELLO TRA MONTI E BERLUSCONI. LO SCONTRO VERO E' QUELLO TRA SUPERMARIO E BERSANI. VEDI L’ALT DI D’ALEMA SUL CORRIERE: “UN ERRORE. MONTI NON DEVE CANDIDARSI” 2. IL PD E BERSANI RISCHIANO DI VEDER MINATA DAI COMPORTAMENTI DI MONTI IL PRIMO VERO PERCORSO DEMOCRATICO DEI POST COMUNISTI ITALIANI VERSO IL GOVERNO DEL PAESE 3. IRRITAZIONE AI PIANI ALTI DEL PD VERSO MONTI PER LA CONVOCAZIONE DEGLI ESPERTI DI FLUSSI ELETTORALI A PALAZZO CHIGI E PER LA CHIAMATA DEI ‘’MERCATI’’ SULLA POVERA ITALIA SPARGENDO DUBBI SULL'AFFIDABILITÀ DI CHI LO AVREBBE SOSTITUITO 4. ANCHE NAPOLITANO NON NASCONDE AI SUOI INTERLOCUTORI PIÙ STRETTI LA GRANDE PREOCCUPAZIONE PER LA METAMORFOSI DI MONTI, DA SALVATORE DELLA PATRIA AD APPRENDISTA AFFOSSATORE DEL SISTEMA DEMOCRATICO IN NOME DI UNO SPREAD IL CUI CALO, PERALTRO, SI DEVE A MARIO DRAGHI E ALLA BCE E NON A MONTI E AL SUO GOVERNO

1. DAGOREPORT
Grande confusione sotto il sole freddo, eppur vivido, di Roma. Ma, in realtà, non sta succedendo niente di rilevante. I giochi veri cominceranno quando si diraderà l'attuale polverone e si vedrà dove si sono effettivamente posizionati protagonisti e comparse. Ecco le correnti di profondità che emergeranno nelle prossime settimane.

Uno. Lo scontro vero non e' quello in corso attualmente sui media, cioè quello tra Monti e Berlusconi. Lo scontro vero e' quello tra Monti e Bersani. Vedi l'intervista, che segue, di D'Alema al Corriere: "Un errore. Monti non deve candidarsi contro chi l'ha sostenuto" e all'Huff Post "aggiunge un : "Moralmente discutibile".

E se Giorgio Napolitano dal Supremo Colle si e' dato otto giorni per comunicare i suoi orientamenti non e' soltanto per incanalare al meglio istituzionalmente la fine della legislatura ma perché vuol capire sul serio dove sta andando a parare il premier dimissionario che lui non soltanto aveva chiamato a palazzo Chigi ma addirittura nominato prima senatore a vita, una procedura assolutamente inedita nella storia della Repubblica, fatta non soltanto per garantire a Monti un reddito adeguato agli incarichi che venivano lasciati ma anche e soprattutto per dare al professore un profilo istituzionale super partes.

Il punto e' che il Pd e Bersani rischiano di veder minata dai comportamenti di Monti (non dalle sue dimissioni, legittime e persino dovute dopo la sfiducia sostanziale del Pdl) il primo vero percorso democratico dei post comunisti italiani verso il governo del Paese.

Si sa infatti che Massimo D'Alema scalzo' Romano Prodi a seguito della creazione di una maggioranza diversa costruita con il patronage di Francesco Cossiga e con la di lui garanzia presso gli alleati occidentali. Di qui i pesanti interrogativi sul reale gioco di Monti.

E poi, fanno notare ai piani alti del Pd, nemmeno Lambertow Dini, che pure proveniva dal Fondo monetario internazionale ed era stato direttore generale della Banca d'Italia, quando organizzava il suo partitino per le elezioni del ‘96 convocava gli esperti di flussi elettorali a palazzo Chigi, ne' soprattutto evocava direttamente o indirettamente l'anatema dei mercati sulla povera Italia spargendo dubbi sull'affidabilità di chi lo avrebbe sostituito a palazzo Chigi.

I comportamenti dell'inquilino a termine di palazzo Chigi vengono seguiti con estrema cura dal suo principale e storico sponsor, Gìorgio Napolitano, il quale non nasconde ai suoi interlocutori più stretti la grande preoccupazione per la metamorfosi del professore da salvatore della patria a una specie di apprendista affossatore del sistema democratico in nome di uno spread il cui calo, peraltro, si deve a Mario Draghi e alla Bce e non a Monti e al suo governo.

Certo, il Presidente della Repubblica, che un anno fa seppe accompagnare alla porta in modo impeccabile, con grande garbo ed efficacia, Berlusconi Silvio non può assistere come se niente fosse al tatticismo politico improvvisato del bocconiano presuntuoso, sia che i giochini puntino ad alzare il livello e la capienza della poltrona che gli dovrà essere data per diritto di spreed, sia perché magari creda davvero ad una sua avventura elettorale.

In ogni caso Re Giorgio, dopo la chirurgica operazione al Banana, non vorrà certo chiudere il suo settennato al ribasso verso il movimentismo dilettantesco di Monti, il quale peraltro, a differenza del capo del centro destra, gli deve tutto.

Ne' vorrà mai prendersi la responsabilità indiretta di intralci al primo probabile pronunciamento di popolo a favore del partito da cui egli stesso proviene. E se Monti con le dimissioni dice di essere "più libero"' anche il Presidente che scioglie le Camere in tempo per assegnare egli stesso l'incarico di formare il nuovo governo lo e'. Ne' avrebbe remore a denunciare all'opinione pubblica la mirabolante metamorfosi del marito di Elsa, se questa dovesse continuare.

L' altro punto nodale della crisi sono le manovre appena un po' meno sommerse intorno al fantomatico terzo polo che si gioca, non si sa ancora per quanto invano, il nome di Rigor Montis più come ipotetico posizionamento europeista che non come collettore di voti che il professor spread non ha o ha in percentuali "azioniste".

Pierfurby Casini, lo dice la parola stessa, resta il più furbo, vuole andare da solo alle elezioni, superare magari di pochissimo lo sbarramento del 4 per cento e fare l' accordo con Bersani. Accordo da fare rigorosamente dopo le elezioni in modo da poter lucrare al meglio il necessario controbilanciamento di Vendola. In campagna elettorale, meglio per tutti far finta di darsele.

Un elemento di chiarezza sembra venire invece dal tatticamente sempre Sor Tentenna Montezemolo (Luca Cordero di) che scenderebbe in campo anche lui, con Monti o senza, candidandosi oppure no, ma scenderebbe in campo. Il suo magico box lo avrebbe convinto. Dicono.

Il Berlusca? Sta giocando al meglio la sua partita, con l'obiettivo massimo di non far vincere bene il Pd al Senato, cosa che gli può persino riuscire se dovesse vincere nelle più importanti e popolose regioni del Nord Italia. Intanto si sta liberando degli ex An, dei ciellini e persino della frangia più logora e stagionata di Forza Gnocca. A lui basta aver ripreso in mano il partito e la capacita' di manovra, elettorale e difesa dei propri stretti interessi.

 

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