SE IL BANANA SI FERMA IL PDL È PERDUTO: PER IL PARTITO, BATOSTE ANCHE NELLE ROCCAFORTI

Paola Di Caro per il "Corriere della Sera"

Le previsioni della vigilia erano molto, ma molto diverse. Incoraggiati da sondaggi che continuavano a raccontare di una ripresa che sembrava una cavalcata, con passo di un punto guadagnato a settimana, nel Pdl si attendevano un buon successo in questa tornata amministrativa.

Triste è stata dunque la scoperta, nel pomeriggio di ieri, che il voto non ha rispettato le previsioni: arretramento ovunque, anche in roccaforti tradizionali come Imperia, in città governate come Brescia e Viterbo e Treviso, sconfitte pesanti a Vicenza, Sondrio, Siena, Ancona.

Per non parlare di Roma. L'attesa non era quella di una vittoria al primo turno, e forse neanche di un sostanziale pareggio. Ma un divario tanto netto tra Alemanno e Marino e un voto sulle liste deludente è stato un segnale negativo che il drammatico calo dell'affluenza non faceva presagire. Prima dello spoglio, anzi, quel 53% di affluenza al voto era dato quasi in carico a Marino, al quale si attribuiva un tracollo perfino pericoloso per il governo. Poi, la brutta sorpresa.

E un vertice tra i big di via dell'Umiltà per fare il punto, senza drammi ma con un'analisi condivisa: «Al Sud - dice un ex ministro - abbiamo retto abbastanza perché il partito è articolato con lavoro sul territorio dei dirigenti, al Centronord male perché è mancato l'effetto trascinamento di Berlusconi che è rimasto fuori dall'agone e perché le lotte intestine locali hanno provocato gravi danni».

La conclusione, comunque, è unanime: il governo? Non rischia, ma deve darsi una mossa sul terreno delle riforme politiche ed economiche, perché la disaffezione degli elettori indica che servono misure molto più incisive, o i partiti saranno travolti.

Raccontano che Berlusconi, dalla Sardegna dove si è rifugiato per riposarsi e dove dovrebbe restare per tutta la settimana, abbia accolto «senza drammi» il risultato del voto. Certo, come la pensasse lui lo sapevano tutti da tempo: quando, due mesi e mezzo fa, lesse a pochi giorni dal voto i risultati di sondaggi che davano Alemanno attorno al 20% provò sul serio a sostituirlo, puntando su Marchini. Missione fallita, per il no del candidato centrista e l'opposizione di un Pdl che, dopo che il Cavaliere aveva imposto Storace con risultati deludenti, non voleva cedere un altro uomo di partito.

Ora, non è il solo a ripetere che «non era l'uomo adatto, non poteva vincere», anche se nel partito ad alta voce nessuno se la prende con lui: «A Roma scontiamo ancora le vicende che hanno travolto la Regione, Gianni ha fatto il possibile e molto c'è da fare e combattere ancora», dice Maurizio Gasparri, mentre le voci sul sindaco che, in caso di sconfitta, si muoverebbe per «scalare il partito» si moltiplicano.

Ma è piuttosto l'astensione, dice chi gli ha parlato, a preoccupare - e molto - Berlusconi. Che non fa un dramma del risultato elettorale, tanto da aver chiamato ieri Alemanno dicendosi fiducioso in vista del ballottaggio, ma che guarda piuttosto al quadro politico nel suo insieme e si angoscia per un risultato che vede «la gente sempre più delusa e lontana dalla politica perché non stiamo dando le risposte che si aspettano».

Il forte calo dei grillini, che in misura molto più ridotta anche i suoi sondaggi a livello nazionale confermavano, non si trasforma in un aumento di consensi per gli altri partiti e per il Pdl in particolare, che da un po' ha fermato la sua risalita, e questo lo colpisce. A chi gli ha spiegato che le sue vicende personali e giudiziarie incidono e molto sul voto, ha replicato scegliendo una linea sempre più «da statista» rispetto al governo, che nei sondaggi è quella che paga. E che ieri, anche dopo il voto, è confermata.

E però, appunto, il dato dell'astensione gli suggerisce che l'impatto in positivo del governo sulla vita degli italiani non è stato ancora recepito, ed è su questo che l'esecutivo è sotto esame. Il sostegno al governo «non è in discussione per i risultati elettorali - dice Fabrizio Cicchitto -, ma quello che ci interessa e ci fa giudicare la validità dell'esecutivo è la capacità di fare le riforme, economiche e politiche. A questo stiamo guardando».

Insomma, per dirla con Berlusconi, o il governo «si muove con misure choc e subito, o anche questo voto ci dice che rischiamo di essere tutti spazzati via». E se quindi non è prevedibile un allentamento del sostegno all'esecutivo oggi sull'onda dei risultati elettorali, qualsiasi essi siano alla fine, è certo che Berlusconi incalzerà chiedendo «misure forti, decisive, convincenti», per l'immediato, perché è alla «realizzazione dei fatti» che è appesa la vita del governo.

 

 

SILVIO BERLUSCONIGianni Alemanno Fabrizio Cicchitto verdini ALFIO MARCHINI GRILLO

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