giorgia meloni liliana segre

SI SCRIVE SEGRE, SI LEGGE MATTARELLA - L’ACCORATO E INUSUALE APPELLO DI LILIANA SEGRE CONTRO IL PREMIERATO (“PRESENTA VARI ASPETTI ALLARMANTI”) È UN MESSAGGIO DEL QUIRINALE PER LA DUCETTA? LA SENATRICE A VITA, NOMINATA DALLA “MUMMIA SICULA”, È MOLTO VICINA AL COLLE, DOVE LA “MADRE DI TUTTE LE RIFORME” È VISTA COME KRYPTONITE – LA RISPOSTA DELLA DUCETTA: “SARÀ EFFETTIVA DAL 2028, QUINDI NON RIGUARDA ME E NEANCHE IL PRESIDENTE MATTARELLA…”

 

1. SEGRE: «ASPETTI ALLARMANTI NON POSSO TACERE SUL PREMIERATO»

Estratto dell’articolo di Virginia Piccolillo per il “Corriere della Sera”

 

SERGIO MATTARELLA SI FONDE CON MRS DOUBTFIRE E DIVENTA LILIANA SEGRE

«Non posso e non voglio tacere». Prende la parola durante la discussione generale sulla riforma per l’elezione diretta del premier, la senatrice a vita, Liliana Segre. Entra nel merito del disegno di legge di modifica costituzionale. E lo boccia senza appello. Perché, scandisce con chiarezza: «Presenta vari aspetti allarmanti».

 

Non grida, non alza i toni e non «mette in dubbio la buona fede della cara amica Casellati». Ma parlando di «prova di forza» e di «sperimentazione temeraria», spiega perché individua il rischio che «tutto», dalla scelta del presidente della Repubblica, al controllo della Corte costituzionale, agli altri organismi di garanzia, finisca «sotto il dominio assoluto di un capo del governo dotato di fatto di potere di vita e di morte sul Parlamento».

 

Parole nette quelle pronunciate dalla senatrice nominata dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella e testimone della Shoah. Soprattutto quando parla di «drastico declassamento che la riforma produce a danno del capo dello Stato, che non solo viene privato di alcune prerogative, ma costretto a guardare dal basso in alto un presidente del Consiglio forte di un’investitura popolare».

SEGRE MATTARELLA

 

Lei, precisa, non ritiene la riforma della Costituzione «una vera necessità del Paese». E non si sente sola a crederlo, viste le bocciature dei referendum del 2006 e del 2016. Piuttosto si stupisce che «gli eletti dal popolo, di ogni colore, non reagiscano al sistematico e inveterato abuso della potestà legislativa da parte dei governi, in casi che non hanno nulla di straordinariamente necessario e urgente». E che «di fronte alla palese mortificazione del potere legislativo si proponga di riformare la Carta per rafforzare il già debordante potere esecutivo».

 

Paventa che la stabilità rincorsa sia «fittizia»: con un premier «cementato dall’elezione popolare» costretto a «vivere con un Parlamento riottoso». E che ci sia «un’abnorme lesione della rappresentatività del Parlamento».

 

liliana segre

Aggravata da una legge elettorale che dovrà garantire «sempre, mediante un premio, una soglia minima a sostegno» del premier. E dunque, evidenzia, «paradossalmente la legge Acerbo del 1923, sarebbe incostituzionale perché troppo democratica».

 

Nella legge voluta da Benito Mussolini, infatti, «il premio non scattava qualora nessuno avesse raggiunto la soglia del 25%», rimarca. E se la Corte costituzionale ha già cassato il Porcellum e l’Italicum perché lesivi del principio dell’uguaglianza del voto, chiede «come è possibile perseverare?». Ma c’è di più: «Anche il capo dello Stato rientrerebbe nel bottino che il partito o la coalizione vincente ottiene, in un colpo solo, grazie al premio di maggioranza».

 

sergio mattarella liliana segre

[---] conclude, tra gli applausi: «Non tutto può essere sacrificato in nome dello slogan “scegliete voi il capo del governo!”». E per essere più esplicita, chiosa: «Anche le tribù della preistoria avevano un capo, ma solo le democrazie costituzionali hanno separazione dei poteri, controlli e bilanciamenti, cioè gli argini per evitare di ricadere in quelle autocrazie contro le quali tutte le Costituzioni sono nate». […]

 

2. MELONI DIFENDE LA RIFORMA: RIGUARDA IL FUTURO, NON ME LO «SCATTO» SULLA GIUSTIZIA

Estratto dell’articolo di Chiara Baldi per il “Corriere della Sera”

 

giorgia meloni al convegno della verita 3

Non arretra di un centimetro Giorgia Meloni […] . Anche perché, spiega la premier che ieri era Milano per la terza volta da quando è a Palazzo Chigi, il referendum sul premierato «non è su di me, in teoria non mi riguarda, se passasse entrerebbe in vigore nella prossima legislatura».

 

La revisione costituzionale, che per Meloni «non sarà una revival delle dimissioni di Renzi», sarà effettiva «dal 2028, quindi non riguarda me e neanche il presidente Mattarella», il cui mandato scade nel 2029.

 

«Vedo sempre che lo tirano per la giacchetta — aggiunge intervistata dal direttore della Verità Maurizio Belpietro per «Il giorno della Verità» — ma nel 2028 saremo anche verso la fine del suo mandato, è una riforma che guarda al futuro». La promessa è quella di una lunga stabilità per il governo in un Paese in cui, ricorda, «io oggi sono la sedicesima presidente più longeva, entro Natale rischio di diventare la sesta». Con il premierato «cambierà tutto.

 

giorgia meloni al convegno della verita 1

Non mi preoccupo di quello che dicono gli avversari, non c’era bisogno di fare» questa riforma «per noi che abbiamo un governo stabile. Ma se io che ho il vantaggio della stabilità non mi ponessi il problema di raddrizzare quello che non funziona, non mi troverei in pace con la mia coscienza». E per Meloni, che vede negli elettori «il mio unico faro», «quando gli italiani riterranno che sbaglio, mi manderanno a casa come sempre accade in democrazia: non sto qua per sopravvivere».

 

«Dureremo 5 anni» Anzi, l’obiettivo è durare cinque anni, come ha spesso ripetuto e per questo, a prescindere dal risultato delle Europee, «non ho mai pensato a un rimpasto. Tra gli obiettivi c’è quello di arrivare a cinque anni con il governo che ho nominato. E questo non è mai accaduto nella storia d’Italia».

SERGIO MATTARELLA GIORGIA MELONI MEME

 

Sulla partita europea bisogna «spuntare una delle deleghe più importante per difendere l’interesse italiano: lavoriamo per un commissario» a «economia, competitività, mercato interno, coesione, anche al green deal».

 

[…] Ospite di un quotidiano che ha condotto una battaglia contro i vaccini, Meloni sottolinea la necessità della Commissione d’inchiesta Covid su cui «ci sono molte resistenze: alcuni partiti d’opposizione si rifiutano di nominare i loro componenti». E ha ricordato le accuse ricevute per non aver vaccinato contro il virus la figlia Ginevra che all’epoca aveva 5 anni. «Volevo evidenze scientifiche e invece mi hanno messo alla berlina, additata come no vax: ma lei ha fatto tutti gli altri vaccini». […]

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