LA SIRIA HA GIA’ UNO SCONFITTO: OBAMA SENZA ALLEATI! - IL PARLAMENTO INGLESE BOCCIA CAMERON –E HOLLANDE PIGOLA: “SERVE UNA BASE DI LEGALITÀ”

1-OBAMA: RAID LIMITATI. IL PARLAMENTO INGLESE BOCCIA CAMERON
Paolo Mastrolilli per La Stampa

Il Parlamento britannico ha bocciato ieri notte la mozione del premier Cameron per usare la forza in Siria, lasciando solo Obama. Il presidente americano però potrebbe lanciare comunque «l'attacco limitato» di cui aveva parlato mercoledì alla Pbs. La Casa Bianca infatti ha presentato ai parlamentari le prove dell'attacco chimico in Siria, per giustificare la risposta.

Gli Stati Uniti continuano i preparativi militari e politici, anche se ieri Gran Bretagna e Francia hanno frenato. Parigi chiede di aspettare i risultati della missione degli ispettori dell'Onu, che domani lasceranno Damasco e faranno un primo rapporto orale al segretario generale Ban Ki moon.

Proprio al Palazzo di Vetro ieri pomeriggio è stata convocata una riunione a porte chiuse del Consiglio di Sicurezza, richiesta dalla Russia. Secondo voci di corridoio aveva lo scopo di discutere una possibile proposta di compromesso sulla risoluzione presentata mercoledì da Londra, ma Mosca ha ribadito il no al linguaggio del documento originale.

La drammatica giornata è cominciata nella capitale britannica, dove Cameron ha presentato ai parlamentari le prove dell'attacco chimico. Un testo di tre pagine, in cui l'intelligence scrive che solo il regime aveva accesso a quel genere di armi. I servizi ricordano che l'uso delle armi chimiche da parte di Assad era stato già accertato in 14 occasioni, e quindi definiscono «altamente probabile» la sua responsabilità.

Cameron ha ammesso che non c'è una «pistola fumante» che incrimina il leader siriano, ma le prove sono evidenti e adesso si tratta di dare un giudizio politico. Il premier comunque ha fatto una concessione ai parlamentari, mettendo al voto una mozione con cui prometteva che non avrebbe agito fino a quando gli ispettori dell'Onu avrebbero presentato il loro rapporto, e il Parlamento avrebbe votato ancora sulla questione martedì prossimo.

La mozione però è stata bocciata, segnando una clamorosa sconfitta per Cameron, che ha commentato: «Ho capito, non faremo l'azione militare». Gli Usa sono rimasti «lividi», secondo il commento di un diplomatico.

Anche il presidente francese Hollande ieri ha frenato, mentre la cancelliera Merkel ha parlato con Obama, dicendo che condanna l'attacco, ma ritiene necessario un pronunciamento dell'Onu.

Gli ispettori del Palazzo di Vetro termineranno la loro missione oggi, e già sabato usciranno dalla Siria, tenendo un rapporto orale al segretario generale Ban Ki moon. Nello stesso tempo, però, invieranno i campioni raccolti a diversi laboratori europei, in modo da farli esaminare. Per avere il rapporto finale della missione, quindi, bisognerà aspettare «diversi giorni».

Martedì Obama ha in programma di partire per il viaggio in Svezia e al G20 in Russia, e non è detto che sia disposto ad aspettare tanto: «Non ci faremo condizionare da Mosca o da altri paesi», ha detto una fonte governativa. Ieri il presidente ha ricevuto una lettera da 116 parlamentari, 98 repubblicani e 18 democratici, che lo sollecitavano a chiedere l'autorizzazione del Congresso prima di attaccare. Ha risposto con un briefing alle sei del pomeriggio, con cui ha informato senatori e deputati delle prove raccolte. Oltre alle motivazioni usate da Cameron, la Cia ha ricevuto e confermato notizie arrivate dai colleghi israeliani, secondo cui il regime ha spostato agenti chimici nelle zone colpite poco prima dell'attacco.

La ragione era fermare i ribelli che erano ammassati nel sobborgo di Ghouta, per poi minacciare Damasco. Una telefonata registrata dopo la strage, inoltre, fa sentire generali siriani che discutono l'uso delle armi chimiche e chiedono spiegazioni al capo di una unità chimica coinvolta nell'operazione. Il rapporto dell'intelligence secondo alcuni è debole, perché non dà la prova che l'ordine sia arrivato da Assad, ma l'Amministrazione risponde che la responsabilità è comunque sua, perché lui ha dato il via libera generale all'uso di queste armi.

Mercoledì sera, parlando con la televisione Pbs, Obama aveva detto che non ha preso ancora una decisione, ma è sicuro della colpa del regime e vuole dare un segnale, per metterlo davanti alle sue responsabilità. Ora dovrà decidere se farlo da solo.

2-BONINO, PRESSING SU HOLLANDE "SERVE UNA BASE DI LEGALITÀ"
Alberto Mattioli per La Stampa

«Con i francesi siamo d'accordo sul fatto che non siamo d'accordo». La ministra degli Esteri Emma Bonino non è troppo diplomatica, ma almeno è molto chiara. E, in una saletta del Quai d'Orsay, riassume così il colloquio con il suo omologo francese, Laurent Fabius. Ovviamente con i cugini l'oggetto del contendere non è «la condanna, né tantomeno l'orrore e l'indignazione» (sempre Emma) per i civili gasati in Siria, ma l'eventuale reazione militare e «l'ambito legale» nel quale agire.

Insomma, com'è ormai ampiamente chiaro, se Washington, Londra e Parigi attaccheranno lo faranno senza Roma. E nemmeno senza le basi italiane? «A oggi non ce le ha chieste nessuno e i problemi si affrontano quando vengono posti».

Bonino ha scelto il momento giusto per la sua tournée parigina, dove peraltro in origine l'escalation siriana non era nemmeno al primo punto dell'ordine del giorno, con il bilaterale italo-francese del 20 novembre a Roma (scippato a Torino per risparmiare) e il semestre di presidenza italiana della Ue che incombono.

Ieri in tutto l'Occidente è stato il giorno del colpo di freno all'accelerazione bellicista. Ricevendo il capo dell'opposizione siriana, Ahmad al Jarba, François Hollande si è tolto l'elmetto e ha fatto sapere che una «soluzione politica» va comunque ricercata, mentre David Cameron, di fronte a una classe politica e un'opinione pubblica scettiche, annunciava di aspettare il responso degli ispettori Onu.

Da qui l'interesse francese per la posizione italiana. È piuttosto insolito, per esempio, che Bonino sia stata ricevuta anche dal Presidente: un ministro, di regola, parla con il ministro corrispondente. All'Eliseo, Hollande si è mostrato più «morbido» di Fabius: per 35 minuti ha ripetuto che una reazione all'orrore ci vuole, ma l'attacco sarebbe chirurgico e l'obiettivo, in ogni caso, quello di far ripartire la trattativa.

Bonino giura che i francesi (e anche gli americani) «non sono irritati» con l'Italia pacifista. «Forse qualche esperienza del passato rende più prudente la coalizione. Spesso la comunità internazionale è stata colpevole di non intervento. Ma altrettanto spesso di interventi non proprio ragionati». Intanto, da Bruxelles fonti europee fanno sapere che una guerra a due passi dai pozzi potrebbe provocare una fiammata dei prezzi petroliferi e strozzare nella culla la ripresa che forse c'è.

Tutto questo rafforza le due obiezioni made in Italy alla guerra. Bonino le ha ripetute ai francesi. La prima è teorica, perché «senza un apprezzamento giuridico del Consiglio di sicurezza» l'intervento non ha base legale. La seconda è pragmatica, perché «la regione è una tale polveriera che non è opportuno buttarci qualche cerino in più», sottinteso con il rischio di trovarsene poi uno in mano, tipo Iraq.

Dunque meglio aspettare il verdetto degli ispettori Onu, sottoporre le prove dell'uso dei gas («comunque indirette, perché il gas è appunto gas») a «istituzioni terze», anche se «finora è chiaro che tutti gli indizi spingono in una direzione», leggi quella del regime.

Possibile danno collaterale di un raid, i rischi per i due italiani spariti in Siria, il nostro Domenico Quirico e padre Paolo Dall'Oglio. Ma qui Bonino si dice «abbastanza ottimista»: «La situazione è già talmente complessa che un raid non potrebbe complicarla ulteriormente. Da quelle parti le cattive notizie si sanno subito».

Però non c'è solo la vecchia regola che nessuna nuova è una buona nuova: «Alcuni canali di contatto - rivela il ministro degli Esteri - che parevano fragili si sono rivelati recentemente più solidi. Quindi resto non solo determinata, ma anche fiduciosa».

 

 

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