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SPIE E ZOCCOLE DI OGNI TEMPO, BUONI BICCHIERI E OPERAZIONI SEGRETE. SECOLI DI STORIA E SPIONAGGIO RACCONTATI DA AUTORI E ARTISTI, PAROLE E MATITE. NEL MONDO DELLE BARBE FINTE (E NON SOLO) CONTO ALLA ROVESCIA: IL 1 FEBBRAIO ESCE ‘INTELLIGERE’, LA BIBLIOTECA DELLE SPIE. AL POSTO DELLE SOLITE VALIGETTE CON I SOLDI PRONTE PER MILLE MIGNOTTATE, STAVOLTA PER I SERVIZI PARLERANNO CULTURA E ARTE

 

Giacomo Stucchi, presidente del Copasir, per http://www.agenziaradicale.com/

 

Secondo le buone abitudini del mestiere, nessuno l’ha vista arrivare. È stata appena stampata e si prepara a sparigliare dubbi e intercapedini di pregiudizi. Dal 1° febbraio in libreria troveremo una trilogia che si annuncia con tutta la bellezza e la profondità della sua narrazione: Intellegere. La Biblioteca delle spie, tre volumi raccolti in elegante cofanetto sulla cultura dell’Intelligence e l’evoluzione dell’agente segreto (ed. Nuova Argos, un marchio della Dat Donat Dicat Srl, www.ddd.srl.it, 25 euro per tutti e tre i volumi).

 

 

Queste pagine, curate in ogni dettaglio e scandite da una grafica accattivante che è stessa una ricerca di letteratura e arte, esplorano e raccontano il Pantheon del pensiero intelligence, ma sono anche un potente viaggio nella letteratura e nella narrativa di genere spionistico. Prismi infiniti che invitano ad andare oltre orizzonti penultimi, tolgono maschere, fanno parlare mondi e mostrano storie profonde che hanno come radici la fedeltà alle istituzioni e come bussola l’algoritmo futuro.

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Idee catturate su carta che hanno mondo in vissuti abitati dal silenzio e dalla dedizione a un lavoro ritenuto ‘oscuro’, e costituiscono quindi uno spaccato intrigante per comprendere di chi sono e cosa fanno gli 007 di ogni tempo; quegli uomini e donne necessari alla sicurezza che, messi in un cassetto occhiali scuri e impermeabile, negli ultimi anni – anche grazie a un proficuo lavoro di comunicazione e cultura della sicurezza – sono sempre più considerati risorse della nazione.

 

 

 

E se, come diceva il vecchio Eraclito, fa parte del gioco dell’essere resistere al fulmine che governa ogni cosa, l’apertura di un mondo rivela volti e parole scritte con impegno nello scorrere della storia. Nel gran calderone della fenomenologia si muovono vissuti che non scatenano mai sentimenti a metà, ma finalmente tracciati con meno zolfo rosso e lanci tra le mangrovie, con il fuoco dell’obiettivo che torna piuttosto su analisi e capacità di decrittare futuri.

 

 

 

Nel primo Volume dell’opera, Dalle origini alla distensione si va dalla nascita dell’agente segreto fino al 1918. Passando per L’emporio dell’agente segreto, Dostoevskij, Stevenson e James, la letteratura d’invasione, il capitano Dreyfus e il soldato Sc'vèik, senza dimenticare la spy story in versione popolare, James Bond e Max Otto von Stirlitz (altro Bond, ma sovietico), saltando sulla linea di confine che cuce realtà e fantasia.

 

 

 

La via del romanzo, per rappresentare l’Intelligence e le sue possibili e sempre nuove declinazioni nel gioco continuo di realtà e invenzioni letterarie, è percorsa sulle tracce del lavoro di Giulio Ruspoli, pseudonimo di Giampaolo Rugarli, voce forte della cultura nazionale, venuto a mancare tre anni fa. Le pagine dell’opera sono arricchite dalle illustrazioni di Ferenc Pintér (nei tre volumi ce ne sono quasi 480), tra i massimi esponenti dell’illustrazione e della grafica editoriale (è la matita di opere come l’occhio-orecchio, e di tantissime, straordinarie copertine realizzate per la Mondadori) di cui ricorrerà a breve il decennale della scomparsa. L’opera vuole essere anche un omaggio a questi due protagonisti dell’arte e della cultura italiana.

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Scrive Ferruccio de Bortoli nella prefazione: «Come potremmo definirlo questo libro? Certamente un appassionato omaggio alla professione di chi opera nei Servizi, nella sicurezza. Ma non solo. Un viaggio colto e critico nell’evoluzione della figura dell’agente segreto. Un manuale storico dell’Intelligence. E, se vogliamo, anche un trattato sulla letteratura di genere». Chi ha impaginato questi affreschi conosce da una vita libri e film sul genere, sa scendere nelle caldaie per trovare diamanti ma, soprattutto, non si sente una vestale a guardia di un tempio vuoto. Invece «si preoccupa dei pregiudizi e delle false rappresentazioni che condannano una professione, essenziale nella difesa dello Stato e dei suoi cittadini, ad apparire dedita, quasi in esclusiva, alla tessitura di trame occulte.

 

 

 

Viene citato – rileva de Bortoli – nella parte conclusiva del secondo dei tre volumi, un articolo di Indro Montanelli apparso su ‘Il Giornale’ del 25 ottobre 1990 nel quale si criticava una proposta, sciagurata, di scioglimento dei Servizi di sicurezza nazionali. “Quando succede qualcosa di sinistro... sono sempre i più indiziabili”. Vero.

 

Lo storico Walter Laqueur notava che “nessuna persona ragionevole si aspetta che il ministro della Sanità elimini completamente le malattie... si pretende invece che i vari enti preposti alle informazioni siano sempre perfetti e abbiamo sempre ragione”. Il presidente degli Stati Uniti, Dwight David Eisenhower, nel 1958, all’inaugurazione della sede di Langley della Cia avvertiva: i successi non avranno alcuna pubblicità e gli insuccessi non potranno essere giustificati».

 

 

 

La vita delle spie, un cocktail di amore e morte, è una topologia di tanti mondi e dunque anch’essa una ricerca di senso.

 

 

 

La storia, ancora una volta, si anticipa nel romanzo d’avventura: «Un genere ingiustamente minore – fa ancora notare de Bortoli – si coglie, nelle parole degli autori una certa nostalgia per l’avventura descritta dalle ex spie diventate scrittori. Oggi c’è troppa tecnologia, troppi robot che non hanno né lo humour di Bond né la perspicacia di Smiley».

 

 

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James Fenimore Cooper si preoccupa di dissolvere la nuvola di zolfo che circonda la figura dell’agente segreto, e «spia» smette di essere termine denigratorio per diventare, con scoperta antifrasi, parola di elogio, occulta medaglia al valore. La letteratura di spionaggio ha trovato in Cooper il suo antesignano: il nuovo genere sarà una costola staccatasi dal romanzo giallo che troverà il suo progenitore in Edgar Alan Poe, con tutta la forza anche narrativa della cassa di bottiglie di vino (in ‘Sei tu il colpevole’), dalla quale balza fuori il cadavere putrefatto dell’ucciso, un fatto che porta il caro, vecchio Charles a vuotare il sacco.

 

 

 

Così in Conrad, pur intrigato dall’operatività dell’attività di intelligence, la seduzione viene dalla solitudine e dalle ambiguità alle quali è costretto l’agente segreto, ‘wanderer’ tra ombra e verità. Chiamato dalla vita e ri-orientarsi sempre. Un po’ come nella poesia di Puskin: «Siamo alla fine, la traccia è perduta, che dobbiamo fare? Per la campagna un demonio ci guida e a destra e manca ci fa vorticare…». Il ‘segreto’, allora come oggi, è continuare a camminare, anche quando gli altri corrono «a maritar la strega» o si fermano incantati come i troiani alle porte Scee a vedere passare una bella Elena.

 

 

 

Qualcuno ha detto che le ‘spie’ sono come i preti e le puttane: un pezzo di carne che ognuno pensa di cercare e comprare, solo quando serve. E invece c’è un’umanità forte che parla nelle avventure vere o immaginarie di questi universi di confine, e una vena profonda che batte più forte dei calcoli.

 

 

 

‘Katà tòn daimona eaytoy’, fedeli al proprio destino, con le vele intessute di parole e assenzio, di strada e di libri, le spie vivono tra le rese e le realtà del tempo, riuscendo a volte ad anticipare orizzonti, più spesso a mettere muro davanti a mille casini. Sanno che ogni uomo è un mondo, e tutto ha un prezzo.

 

 

 

Ma la galassia degli agenti segreti non è dominio dei soli uomini. Il corso degli eventi è pieno anche di donne che hanno ricoperto lo stesso ruolo. Come Mata Hari e tante storie pure impaginate in questi volumi.

 

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A partire dagli anni Sessanta, poi, la spy story dilaga e la versione popolare indulge a erotismo e sadismo, si sposta con piacere sotto le docce o in vasche da bagno, quando non scende in cantine attrezzate con arnesi di dubbio uso. L’avventura mostra l’angolo visuale del personaggio narrante, tanto che Ian Fleming accoglierà persino il punto di vista di uno scorpione nell’incipit di ‘Una cascata di diamanti’. La lettera, tuttavia, non può e non deve dimenticare la stoica, a volte dolente sostanza, in cambio del dubbio splendore di un reggicalze e di uno scotch on the rocks.

 

 

 

La verità non emerge subito. Dannate, rinnegate, scandalose o ciniche, le spie coagulano umori e generi letterari in cui la carogna di turno ci prova e l’uomo che lavora per il bene del proprio paese e ha sempre uso di mondo, la precede. E ne smonta i progetti. Si chiama prevenzione e di quest’arte le spie sono maestri, perché si giocano la pelle. Ma con ironia.

 

«Nelle peripezie di James Bond – si fa notare – c’è sempre un momento che richiama alla memoria il salvataggio della povera Angelica, legata nuda a uno scoglio, perché l’Orca, il mostro marino, ne faccia scempio: ma Ruggiero, a cavallo dell’Ippogrifo, la invola e la porta in alto. Tra i razzi, i missili e i satelliti artificiali che saettano sulle nostre povere teste, ci deve essere posto anche per l’ippogrifo: averlo compreso è la grande scoperta di Ian Fleming». L’uomo resta al centro di tutta la ‘macchina’ intelligence, come il sorriso che dice conoscenza dei fati e capacità di scollinare per trovare le uova del Drago.

 

 

 

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Nel secondo Volume, il lettore percorrerà un altro itinerario, Dalla distensione ai nostri giorni, con la caduta del Muro a oggi, la spia che venne dal freddo e il giorno dello Sciacallo. E ancora: l’isola della tempesta e l’affare Zouzou, momenti di gloria e l’imperdibile ‘Intelligence e vecchi merletti’. I capitoli sono dedicati a John le Carré, Frederick Forsyth, Ken Follett, Robert Ludlum e tanti altri autori, tra cui Agatha Christie che, sebbene giallista di fama mondiale, ha compiuto originali incursioni nel mondo dello spionaggio.

 

 

 

Il terzo Volume ‘Il segno di Ferenc Pintér’, è un piccolo gioiello, dedicato interamente a Pintér. Le pagine presentano contributi dello stesso Ferenc Pintér, della moglie Paola Roncato e del figlio Antonio (che firma ‘L’album di mio padre’), Carol de Marcen, Santo Alligo e di Vincenzo Mollica, il quale ritiene che l’illustratore italo-ungherese «si sia espresso artisticamente al meglio proprio quando si è occupato di opere che raccontano storie che si muovono sottotraccia, storie di spionaggio, di intrighi internazionali, in una parola di intelligence,che sembrano vivere senza inizio e senza fine, eterni come l’avventura umana».

 

 

 

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La prefazione è di Stefano Salis, che spiega: «Pinter è stato un fantastico interprete, un maestro del pennello e del colore, delle ombre e delle campiture. La sua pittura, la sua storia, le sue vicende che troverete in questo libro sono la rivelazione di un genio che si accontentava di ammaliare il lettore in limine. Ma sapeva che, a lettura terminata, quel lettore sarebbe tornato da lui e gli avrebbe raccontato ancora e ancora cosa si può fare la con forza di un’immagine».

 

 

 

Bei libri, davvero. Un’opera che resta. Si deve alla passione dei suoi curatori e proposta dalla fucina di Nuova Argos merita di essere conosciuta dal grande pubblico. Perché, ancora una volta, La biblioteca delle spie non è una torre di Babele che confonde le lingue ma un sentiero che invita a camminare con meno ombre e in compagnia di tanti amici, scrittori e artisti, che ci hanno parlato - tra i tempi - di come si lotta con il mondo. E si guarda avanti.

 

                                                                                                                          

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