STRACCI! SCHIAFFI! SPUTI! (MA MODERATI) - CASINI: “MONTI UN DILETTANTE, PENSAVA DI ESSERE ALL’UNIVERSITÀ DOVE LUI INSEGNA E GLI ALTRI FANNO LE DOMANDE” - MONTI: “PROFESSIONISTI DELLO SLALOM”

1. "NOI CON SILVIO? MARIO È RIDICOLO E LA POLITICA NON È L'UNIVERSITÀ"
Alberto D'Argenio per "la Repubblica"

Presidente Casini, cos'è successo con Monti?

«Io e altri undici senatori abbiamo chiesto una verifica politica perché da giorni si moltiplicavano le critiche di Scelta Civica al governo quando il nostro ruolo principale deve essere quello di stabilizzarlo e aiutarlo. Prendo atto che, di fronte a questa richiesta, Monti ha preferito dimettersi per l'impossibilità di conciliare le posizioni all'interno del suo partito. Ma la politica non è l'università dove il professore insegna e gli altri al massimo fanno domande; la politica significa ragionare con tutti e arrivare a una sintesi».

È pentito dell'alleanza con Monti?

«Ho sostenuto con convinzione il suo governo e trovo triste che oggi nessuno riconosca più a Monti i suoi meriti. Certo questa esperienza politica non ha funzionato. Fin dalla campagna elettorale si è colto un disagio nell'abbinare tanto dilettantismo al nostro professionismo politico. Consiglio di vedere i resoconti parlamentari per capire quale di queste due categorie funzioni meglio».

E ora qual è l'orizzonte dell'Udc e di Casini?

«Sono convinto che se facciamo finta di non vedere che il bipolarismo sbracato e primitivo è stato messo in discussione da Grillo non cogliamo l'essenza della sfida che abbiamo di fronte. In tutta Europa i populisti stanno crescendo, ma se in Germania si fermano al 5%, in Italia con Grillo sono arrivati al 25%. Per sconfiggere il populismo serve una democrazia dell'alternanza basata su chi si riconosce nel Partito socialista europeo e chi si riconosce nel Partito popolare europeo».

Con chi lo farebbe questo Ppe italiano?

«Con un centrodestra che metta al bando il populismo, che non abbia atteggiamenti strumentali e demagogici. Negli Stati Uniti i Tea Party hanno distrutto i repubblicani; è esattamente quello che stanno facendo tanti falchi nel Pdl. Io non so se il Ppe italiano nascerà, ma già il fatto che nel centrodestra sia in corso un dibattito è positivo». Parla dei falchi: emarginati loro sareste disposti ad allearvi con un Pdl ancora dominato dal Cavaliere? «Chi dice che andiamo da Berlusconi è ridicolo. Io Silvio l'ho contestato quando aveva il vento in poppa, non debbo più dimostrare nulla a nessuno. Questa idea non è all'ordine del giorno».

Dunque l'interlocutore è Alfano?

«Gli interlocutori sono tanti, non solo in casa del Pdl. Esistono personalità come Mauro, Olivero, Dellai, Riccardi, espressione del popolarismo migliore con anime e sensibilità diverse. Ciò che va messo al bando è il bipolarismo primitivo fondato sulla delegittimazione reciproca. Bisogna dire grazie al governo Letta che lavora per la pacificazione. Ormai Berlusconi è un argomento di comodo che viene evocato quando si è a corto di argomenti. Chissà com'è contento Silvio a vedere quanti prigionieri è riuscito a fare».

Ma con Alfano ci parlerà solo se romperà con Berlusconi uscendo dal Pdl?

«Lei mi vuol far alzare dei muri, non abbatterli...».

Nell'immediato cosa farete? Ci saranno gruppi parlamentari cattolici distinti da quelli montiani?

«I gruppi li abbiamo già, vi è un'area molto ampia nel gruppo al Senato che vuole una politica di serietà e non ha paura del dibattito interno. Li si sono abbattuti i muri e siamo impegnati a costruire un'idea del futuro nella politica italiana».

Il rapporto con Monti nell'ottica del Ppe è recuperabile?

«Stimavo Monti e lo stimo ancora, sono convinto che porterà un ottimo contributo ai lavori del Senato».

Il Ppe lo dovete comunque fare con i berlusconiani: sulla decadenza del Cavaliere come voterà?

«Di certo non mi trincererò dietro al voto segreto, aspetto le conclusioni della giunta e le discuterò in aula. Spiegherò agli italiani come intendo votare».

Ma al momento qual è il suo orientamento?

«Mi auguro che Berlusconi capisca che per salvaguardare la dignità del suo percorso politico sottoporsi al voto del Senato è un errore. Mi auguro che questo voto proprio non ci sia, lo spero soprattutto per lui».


2. HO IMBARCATO SPECIALISTI DI SLALOM SENZA ME BERLUSCONI SAREBBE SUL COLLE»
Aldo Cazzullo per il "Corriere della Sera"

Presidente Monti, che cos'è successo? Un fulmine a ciel sereno? Perché queste sue dimissioni improvvise?

«Non è stato un fulmine a ciel sereno. Il cielo non era sereno affatto. Può diventarlo ora. Serviva una ventata che spazzasse via la nebbia, al cui riparo undici senatori, più un senatore al governo, operavano per uno snaturamento di Scelta civica. In particolare due capitani di lungo corso: il senatore Pier Ferdinando Casini e il ministro Mario Mauro, più altri improbabili compagni di viaggio».

Cosa intende per snaturamento?

«Casini e Mauro furono tra coloro che più mi sollecitarono, un anno fa, perché accettassi di guidare una nuova formazione politica, intitolata all'agenda Monti. Scelta civica è stata la prima formazione politica, già in campagna elettorale, a sostenere la necessità di una grande coalizione. Il Pdl se ne è convinto solo dopo il voto, il Pd ha impiegato altri due mesetti. Noi sapevamo che per fare le riforme occorrono spalle larghe: se non è fondato su una seria cooperazione tra i maggiori partiti, un governo non riesce ad andare contro gli interessi costituiti, che bloccano il cambiamento. Noi pensiamo - e dico noi perché negli organi direttivi di Scelta civica questa idea è sempre prevalsa - che il nostro ruolo sia pungolare il governo, per dare più forza al presidente del Consiglio affinché tenga saldamente il timone, senza soggiacere alle pressioni elettoralistiche dei partiti più grandi».

Si riferisce all'abolizione dell'Imu?

«Quello è stato, purtroppo, un ottimo esempio. Il governo si è piegato, in quel caso, al volere del Pdl e ciò ha molto ridotto i margini di manovra della legge di stabilità, sulla quale abbiamo espresso una posizione in parte critica. Mauro, Casini e i loro seguaci (la cui familiarità con le strategie economiche non era finora risultata evidente) sostengono invece che non bisogna recare il minimo disturbo al manovratore, come se - malgrado i quotidiani diktat del Pdl e del Pd al governo - Scelta civica, ed essa sola, dovesse restare supina, rinunciare ad esercitare quello stimolo alle riforme per il quale siamo nati.

Tra l'altro, questa visione contrasta con la linea dello stesso premier Letta, che nel discorso del 2 ottobre per la fiducia si è detto anch'egli convinto della necessità di un contratto di coalizione, come noi sosteniamo da tempo. Per questo lunedì gli abbiamo mandato una bozza, che abbiamo reso pubblica. Vedremo ora come Letta intenderà muoversi».

Tutto qui il contrasto con Mauro e Casini?

«È un contrasto non da poco, c'è tutta la differenza tra una politica dei contenuti, l'unica che interessa a noi, e una politica tipo GPS, cioè dei posizionamenti, degli schieramenti, l'unica che forse interessa ad altri, sopraffini professionisti della politica. Ma Mauro e Casini paiono molto attivi su un secondo snaturamento di Scelta civica, dissolvere il nostro movimento in un nuovo soggetto "moderato", aperto a quanto pare anche al Pdl, senza badare troppo se questo si sia veramente emendato di quelle personalità, di quei valori e di quelle linee politiche che sono molto diverse da quelle su cui si è costituita Scelta civica. Noi siamo nati per unire un'anima liberale e un'anima popolare, ma in una prospettiva di serio riformismo orientato all'Europa».

Scusi, ma l'approdo che lei ha in mente, cioè il Ppe, il Partito popolare europeo, non è lo stesso dei «capitani di lungo corso»?

«In un colloquio con il presidente del Ppe Wilfried Martens poco prima che morisse, ho chiarito che io stavo portando Scelta civica nel suo partito, superando le perplessità di chi tra noi guardava all'Alde, l'Alleanza dei liberaldemocratici guidata da Guy Verhofstadt: una posizione che, se si badasse alla possibilità di incarichi di prestigio nelle istituzioni europee, sarebbe stata la più conveniente, visto che l'Alde sarà l'ago della bilancia a Strasburgo. Dicendo che avrei proposto a Scelta civica di aderire al Ppe, i nostri "capitani di lungo corso" hanno visto svanire l'alibi decoroso, di poter presentare una loro dipartita dai valori di Scelta civica come unico modo per andare nei Popolari».

Così Mauro e Casini l'hanno messa in minoranza.

«No di certo. Le nostre posizioni sull'identità e il ruolo di Scelta civica sono maggioritarie. Ma mi è perso necessario dare la massima evidenza, e subito, a questa piccola e insidiosa sedizione, per tutelare quanti sono venuti in Scelta civica con entusiasmo per contribuire a trasformare i contenuti e lo stile della politica italiana. E per esortarli a mobilitarsi. Tocca a loro, ora, unirsi e affermare la loro leadership».

Ma se la sua linea dovesse prevalere lei potrebbe tornare alla guida del partito?

«No. Questo no. Ma da senatore a vita, con maggiore libertà e distacco, mi propongo di essere attivo come prima, e magari con un'influenza non minore, per affermare la visione, i valori, lo stile di governo che Scelta civica vuole promuovere».

È pentito di avere imbarcato Mauro e Casini?

«Non mi sembra prioritario indugiare sui pentimenti. Certo, ho pensato che se alcuni insistevano tanto perché io mi impegnassi in politica, fosse perché vedevano un'esigenza di cambiamento, più che un interesse di collocamento. Chissà. Mauro da capogruppo al Senato è andato, con il suo collega alla Camera Dellai, a trattare per la composizione del governo - di cui non mi sono occupato -, e ne è uscito ministro della Difesa.».

Di lei dicono che sia un dilettante della politica.

«Se i professionisti sono gli specialisti di slalom, allora mi considero un dilettante. A quanto pare, nessuno di questi professionisti provetti era disponibile nel novembre 2011 per prendere decisioni difficili, per fare le cose rinviate da troppo tempo».

Cosa pensa di Enrico Letta?

«Quando gli consegnai la campanella, al momento del passaggio delle consegne, gli dissi che se avessi potuto scegliere un successore sarebbe stato lui: un uomo giovane, di molta esperienza, di cultura europea, che sa le lingue ed è capace di rappresentare l'Italia con dignità. Però le larghe intese sono una condizione necessaria ma non sufficiente per fare le riforme. Il premier dovrebbe predisporre misure che diano qualche insoddisfazione politica alla destra e qualche insoddisfazione politica alla sinistra , dovrebbe fare scelte che scontentino le constituency della destra, quelle della sinistra e quelle del centro, se le avesse. Il rischio è che l'attuale grande coalizione bilanci i benefici politici per la destra e i benefici politici per la sinistra. Sono dispiaciuto che, forse per ingraziarsi il Pdl e Berlusconi che minacciava la crisi per le sue questioni giudiziarie, il governo abbia, in particolare sull'Imu, realizzato il programma elettorale del Pdl».

Non le è piaciuta la legge di Stabilità?

«Non è che se ne sappia molto. Sono soddisfatto che si siano rispettati i vincoli europei. Ma si doveva abbassare di più la pressione fiscale, ora che la fase d'emergenza è superata. E si doveva cominciare diminuendo le tasse sul lavoro, poi l'Iva, infine le imposte sulla casa. Invece, obbedendo a un diktat, i primi due obiettivi, che sono i più importanti per la crescita, sono stati penalizzati».

Voterà sì o no alla decadenza di Berlusconi?

«Leggerò la relazione che sarà presentata dalla commissione elezioni del Senato. Si voterà sull'applicazione di una legge, non su una persona. È una legge che porta la mia firma, oltre a quella dei ministri Severino, Cancellieri e Patroni Griffi. La considero una legge costituzionale, che non necessita di ulteriori verifiche. A questa legge mi atterrò».

I «capitani di lungo corso» le hanno detto che voteranno - o le sembrano intenzionati a votare - contro la decadenza di Berlusconi?

«Non ne ho la minima idea. Nel partito non ne abbiamo discusso. Immagino che non l'abbia fatto neppure il ministro Mauro, con il presidente Berlusconi e il segretario Alfano, suoi ospiti a colazione al circolo ufficiali del Ministero della Difesa».

Chi guiderà Scelta civica dopo di lei?

«C'è il vicepresidente vicario Bombassei. C'è uno statuto che fissa le regole per scegliere il nuovo leader. Non è un partito personale. Subito dopo le elezioni abbiamo tolto il mio nome dal logo, ora si chiama solo Scelta civica per l'Italia. Una dizione molto significativa, credo».

Non sarà un partito personale, ma tutti lo consideravano il partito di Monti. Sopravviverà alle sue dimissioni?

«Certo. Così funziona la vita delle istituzioni e della politica».

Non è pentito di essere «salito in politica»? Se potesse tornare indietro lo rifarebbe?

«Certo che lo rifarei. Non sono affatto pentito. Sapevo che sarebbe stato costoso sul piano personale sacrificare quella cosa impalpabile ma importante che è la terzietà, su cui avevo impostato tutta la mia vita. Ne ho pagato un prezzo forse ancora maggiore di quello che mi aspettavo. Ma in 50 giorni, non so come, senza organizzazione, abbiamo preso oltre tre milioni di voti, in maggioranza di centrodestra. Senza di noi, il Pdl avrebbe la maggioranza alla Camera e al Senato, Berlusconi sarebbe diventato a sua scelta presidente della Repubblica o presidente del consiglio, e avrebbe deciso da chi sarebbe stata occupata l'altra posizione. Scelta civica ha contribuito a costruire la grande coalizione, a ristabilire quel rispetto per la politica europea e per il bilancio pubblico che nella campagna elettorale era stato gettato alle ortiche. Senza di noi, il corso della storia italiana sarebbe stato leggermente diverso».


3. SCELTA CIVICA IN BILICO. IL CASO DECADENZA
Dino Martirano per il "Corriere della Sera"

Ora si tratta di capire se Scelta civica riuscirà a sopravvivere dopo lo strappo del suo fondatore. L'addio alla leadership attiva da parte del professor Mario Monti, in polemica con gli «scissionisti» guidati dal ministro della Difesa Mario Mauro e spalleggiati da Pier Ferdinando Casini (Udc), ha terremotato il partito che alle scorse politiche aveva raccolto quasi 3 milioni di voti.

La botta per i «montiani» è stata forte. Ma i motivi del dissenso interno sono altrettanto forti e lo ha ribadito lo stesso Casini che ieri ha avuto modo di incrociare Monti alla commemorazione per Wilfried Martens, il padre del Partito popolare europeo: «No, sulla decadenza di Berlusconi non ho ancora deciso. Non è vero che ho contrattato con Berlusconi, non ho parlato con lui e non gli parlerò. Sarà un voto che appartiene alla mia coscienza e basta. Al momento giusto lo dirò».

Ecco, proprio le voci su uno smottamento dei centristi verso il voto contrario alla decadenza di Silvio Berlusconi sarebbero all'origine dello strappo di Monti. Poi, l'ipotesi di cedere alle richieste del Pdl sull'Imu prima casa anche nel 2014 e la prospettiva di un'alleanza elettorale con il centrodestra hanno chiuso il cerchio. Ma Casini, ora, non vuole vestire i panni del grande cospiratore che ha ordito la trama con Mauro (legato a Comunione e liberazione), con il ministro Maurizio Lupi (anche lui ciellino ma del Pdl) e con alcune sfere ecclesiastiche: «Le accuse di Monti nei miei confronti sono semplicemente ridicole.

Monti sa cosa significa governare questo Paese quando c'è una maggioranza litigiosa. Questo atteggiamento rissoso anche da parte di Monti sull'azione dell'esecutivo, questi continui distinguo non sono accettabili». E Monti deve ritirare le dimissioni? «Non gli chiederò di ritirale perché non mi riguarda... In ogni caso non può seminare zizzania, deve collaborare».

È questo il clima, dunque, in cui al centro sta avvenendo la conta tra filo Scelta civica (Monti) e filo Ppe (Casini, Mauro, Olivero). A Palazzo Madama i 12 senatori guidati da Mauro e Casini potrebbero confluire in un nuovo gruppo dei «popolari». Alla Camera (7 deputati dell'Udc su un gruppo di 47 quasi tutti montiani) l'operazione è più difficile: «Vorrei sperare che non ci sia la necessità di creare gruppi diversi perché l'Italia ha bisogno di stabilità e sarebbe un paradosso se Scelta civica fosse all'origine dell'instabilità», dice il capogruppo Lorenzo Dellai.

E anche il deputato Andrea Romano è ottimista sulla tenuta dei gruppi: «Credo che molti dei colleghi del Senato non saranno disposti a seguire Mario Mauro in questa avventura. Hanno firmato quel documento in buona fede, senza calcolare le conseguenze». I «lealisti» fanno sentire la loro voce soprattutto dal territorio: dal Veneto, dalla Campania, dalla Toscana giurano fedeltà al professore.

Per questo il ministro Mauro ci tiene a precisare che non ha alcuna intenzione di far confluire il suo drappello di senatori nel Pdl: «Chi spera di trasformare la mia lealtà al governo e alle ragioni della grande coalizione in una operazione pro Berlusconi fa un atto vile, degno della peggiore propaganda fascista». Ma ieri il «mattinale» confezionato a uso interno per il Pdl esibiva un titolo: «Addio Monti. Il fallimento del Grossen Rosikonen».

E in questi giorni di movimento al centro, torna la voce di Corrado Passera che il progetto di Scelta civica ha visto con sospetto fin dall'inizio: «Temevo che finisse così, per cui con grande sofferenza, ai tempi, dissi di no. Perché in quel progetto è mancato il coraggio delle proposte radicali». Per questo l'ex ministro dello Sviluppo non perde l'occasione per rilanciare il suo schema e la sua squadra: che in realtà è una «rete di eccellenze» per scrivere un programma di governo basato sulle migliori esperienze dell'impresa, dell'università, del welfare, della giustizia: «C'è un grande lavoro per rimettere in moto questo Paese».

 

 

CASINI E MONTI EDOARDO BARALDI MONTI - FINI - CASINI - IN FULL MONTYmonti fini montezemolo casini bonanni bocchini monti casini CASINI BERLUSCONI MONTI CASINI MONTI ANDREA RICCARDI E MARIO MONTI FOTO INFOPHOTO MONTI RICCARDI MONTEZEMOLO OLIVERO BOMBASSEI RICCARDI MONTI ILARIA CAPUA MONTEZEMOLO BALDUZZI Mario Mauro e Maurizio Lupi BERLU E MONTI BENNY SU BERLUSCONI E MONTI DA LIBERO BERLUSCONI MASAI CON LA TESTA DI MONTIANDREA RICCARDI ANDREA ROMANO E CARLO CALENDA ANDREA ROMANoVALENTINA VEZZALI E MARIO MONTIMARIO MONTI CON IL CANE ALLE INVASIONI BARBARICHE SPOT ELETTORALE MARIO MONTI CON I NIPOTI MARIO MONTI APPRENDISTA STREGONE MARIO MONTI AL TRUCCO

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