LA TALPA DELL’OBAMA-PRISM GIOCA IL TUTTO PER TUTTO E SPIFFERA I SEGRETI USA AI CINESI PER CERCARE IL LORO APPOGGIO
Maurizio Molinari per "la Stampa"
Edward Snowden torna a farsi sentire con un'intervista al «South China Morning Post», dove svela che «gli Stati Uniti spiano i computer cinesi dal 2009», bersagliando di intrusioni anche «obiettivi civili». L'ex analista della «National Security Agency» (Nsa), fuggito dalle Hawaii a Hong Kong dopo aver svelato l'esistenza dell'imponente sistema di sorveglianza elettronica Prism, spiega che l'intelligence americana «ha compiuto 61 mila attacchi internazionali di hacker, centinaia dei quali con obiettivo Hong Kong o la Cina Popolare».
Testimoniando ieri al Senato, il generale Keith Alexander, capo della Nsa, ha detto che quei controlli sui tabulati telefonici hanno permesso di sventare «decine» di attentati terroristici. Intanto Snowden mostrava al giornale cinese alcuni documenti «non militari» da cui si evince che le infiltrazioni sono avvenute anche ai danni dell'Università di Hong Kong, e di alti funzionari amministrativi locali.
Da quando Snowden ha iniziato a far trapelare notizie sulla Nsa è la prima volta che svela dettagli sul suo metodo di operare all'estero: «Entriamo nei gangli delle reti di comunicazione, in sostanza dei grandi router, che ci danno accesso alle comunicazioni di centinaia di migliaia di persone senza dover violare i singoli computer».
Di Snowden si sono perse le tracce da quando, lunedì, ha lasciato un hotel di Hong Kong. La sua scelta di parlare con il «South China Morning Post» si spiega con la volontà di far sapere che «gli Stati Uniti stanno tentando di ottenere l'estradizione» sebbene nei suoi confronti non siano ancora state formulate accuse specifiche dal Dipartimento di Giustizia di Washington.
Riguardo alla recente offerta di asilo giunta da Mosca, l'ex analista non sembra intenzionato ad accettarla: «Ho avuto molte occasioni per allontanarmi da Hong Kong ma io sono qui perché ho fiducia in questo sistema di giustizia».
Da qui l'annuncio di cosa farà nelle prossime settimane: «Voglio battermi in tribunale qui a Hong Kong contro il governo degli Stati Uniti» al fine di «svelarne l'ipocrisia perché mentono quando affermano di non prendere di mira istituzioni civili». E poi: «Non sono né un traditore né un eroe, ma solo un cittadino americano. Non sono qui per sfuggire alla giustizia ma per rivelare dei crimini, la mia intenzione è di chiedere ai tribunali e al popolo di Hong Kong di decidere sul mio destino».
Oggi sono in programma nell'ex colonia britannica manifestazioni in suo favore ma la scelta di battersi in un tribunale locale sembra destinata a chiamare in causa le autorità di Pechino, per decidere se un foro di costante polemica pubblica nei confronti di Washington sia nel suo interesse.




