TRAGEDIA GRECA – MURO CONTRO MURO FRA ATENE E L’EX TROIKA SULLE MISURE ¬– ALLA FINE SARÀ TSIPRAS A MEDIARE E CEDERE QUALCOSA – L’IPOTESI DI UNA MONETA PARALLELA (ANCHE SE PER ORA È FANTAPOLITICA)

1. UNA MONETA PARALLELA PER LA GRECIA? IPOTESI FANTAPOLITICA

Francesco Daveri per il “Corriere della Sera

 

draghi contestato con i coriandoli 4draghi contestato con i coriandoli 4

Come efficacemente riassunto dal governatore della Bce Mario Draghi, il precipitare della crisi greca potrebbe spingere l’euro zona in acque inesplorate. Nessuno dubita che il costo dell’uscita della Grecia dall’unione monetaria sarebbe sopportato in prima battuta soprattutto dai greci. Ma non sfugge neanche che se i mercati si trovassero un’unione monetaria (ritenuta irreversibile) che dopo soli 16 anni perde già il primo pezzo, per quanto periferico e relativamente piccolo, il rendimento richiesto dai mercati sui debiti pubblici degli altri paesi indebitati comincerebbe a includere il rischio del ripetersi dello stesso evento. Il debito pubblico dell’Italia è oggi al 132 per cento, quello del Portogallo è al 128, quello dell’Irlanda è al 123 per cento, quello della Spagna al 93 per cento. Tutti livelli ben più alti di quelli raggiunti nell’estate del 2011; livelli che potrebbero preoccupare i mercati una volta fuori dalle acque esplorate. 
 

alexis tsipras e vladimir putin  1alexis tsipras e vladimir putin 1

Le alternative per mantenere l’eurozona all’interno di acque esplorate non abbondano. Una di quelle che — malgrado il riserbo ufficiale — sembra sia discussa anche a Francoforte è quella di consentire alla Grecia di far ricorso a una moneta parallela senza uscire dall’euro. L’idea sarebbe quella di pagare gli stipendi dei dipendenti pubblici greci con euro-cambiali, cioè pezzi di carta dotati di un valore certo in euro a una certa data futura. Le euro-cambiali potrebbero anche assumere la forma di certificati di credito fiscale, cioè sconti sul pagamento delle imposte future. In questo modo il governo darebbe rapida attuazione e un seguito concreto alla sua strategia di combattere l’evasione fiscale (i certificati di credito fiscale andrebbero solo a chi paga le tasse). 
 

In ogni caso i detentori delle cambiali potrebbero andare a fare le spesa o pagare i loro clienti o i loro fornitori con le euro-cambiali, naturalmente con uno sconto rispetto al loro valore teorico in euro. Tornerebbe un po’ di liquidità nell’esangue economia di Atene e le aziende potrebbero pagare meno i loro dipendenti e i loro fornitori. Certo, il rischio è che la deflazione interna respinta dalla porta cacciando la troika potrebbe rientrare dalla finestra con la nuova moneta. Con le euro-cambiali — moderne pietre filosofali — si tornerebbe ad una specie di nuova dracma senza che la Grecia esca dall’euro. E i pochi euro rimasti nelle casse del governo potrebbero essere usati per continuare a rimborsare i creditori internazionali e mantenere l’accesso al credito ufficiale. 
 

VAROUFAKIS STIGLITZVAROUFAKIS STIGLITZ

Anche così, però, qualcosa potrebbe andare storto. I dipendenti e i fornitori greci pagati a valori molto scontati rispetto al valore in euro delle loro spettanze potrebbero ritenere le euro-cambiali solo un temporaneo rinvio di un evento ineluttabile come l’uscita della Grecia dell’euro. Il che porterebbe a un’accelerazione ulteriore nella corsa agli sportelli bancari da parte dei greci. Le banche greche dovrebbero chiedere altri fondi di emergenza a Francoforte che tuttavia avrebbe crescenti difficoltà a concederli non potendo accettare in garanzia le euro-cambiali. E il governo greco sarebbe obbligato a nazionalizzarle per evitarne il fallimento. Con quali soldi, rimane da vedere. 
 

C’è un caso in cui l’introduzione di una moneta parallela ha avuto successo. Nel 1990 il controverso presidente peruviano Alberto Fujimori, dopo un biennio di iperinflazione, introdusse la circolazione parallela del sol — valuta locale — e del dollaro. La doppia circolazione è ancora oggi in essere. Il Perù di oggi si è lasciato Fujimori alle spalle, ha ripreso a crescere e ha debellato l’inflazione. Ma lo ha fatto mantenendo un cambio flessibile tra sol e dollaro, libertà di movimento dei capitali e soprattutto assegnando alla banca centrale peruviana il compito esclusivo di difendere il valore del sol. Tutte condizioni difficili da immaginare nella Grecia di oggi che ha urgenza di ridurre la sua povertà e di ritrovare la crescita ma non ha gli strumenti per farlo né fuori né dentro all’euro. 

 

 

2. MURO DI ATENE FINO ALL’ULTIMO POI SARA’ TSIPRAS A MEDIARE

Ettore Livini per “la Repubblica

 

tsipras merkeltsipras merkel

La strategia, ormai, è chiara. Il governo greco rimarrà graniticamente arroccato fino all’ultimo secondo disponibile sulle sue “linee rosse”: quei temi (no a nuova austerity e a privatizzazioni selvagge) su cui, a parole, non è disposto a fare passi indietro. «Sarebbe un controsenso accettare una cura che ha già dimostrato di non funzionare», ha spiegato di nuovo in queste ore il ministro delle finanze Yanis Varoufakis, leader del fronte dei falchi.

 

Nessuna concessione, dunque, nella speranza che alla fine a cedere sia l’ex-Troika. Con l’opzione di giocare in extremis la carta decisiva: la mediazione di Alexis Tsipras, rimasto finora coperto, l’unico in grado di trovare una sintesi tra le richieste dei creditori e le promesse elettorali di Syriza per convincere l’ala più radicale del partito a mandare giù le pillole amare che sarà costretto ad accettare in zona Cesarini.

tsipras merkel hollandetsipras merkel hollande

 

Le posizioni dure di queste ore non devono ingannare: «Il destino della Grecia è in mano al governo greco», hanno detto tranchant il governatore della Bce Mario Draghi e il ministro delle finanze tedesco Wolfgang Schaeuble. «Non tradiremo il popolo accettando misure che vanno contro i lavoratori» ha risposto il ministro dell’energia Panagiotis Lafazanis, carismatico leader della sinistra radicale di Syriza. In realtà i pontieri stanno cercando una soluzione a metà strada. L’obiettivo è trovare un accordo circoscritto su pochi punti che consenta però di sbloccare la liquidità necessaria a evitare il default, regalando così alle parti un altro po’ di tempo (“vorrei un’intesa a fine giugno”, ha auspicato Varoufakis) per chiudere un accordo completo che includa anche una rinegoziazione del debito ellenico.

 

tsipras per mano con junckertsipras per mano con juncker

Tsipras punta i piedi e alza l’asticella delle “linee rosse” sperando che l’Europa non possa permettersi di far fallire il suo paese. Ma i punti di caduta cui lavorano le colombe iniziano già a intravedersi: il primo sarebbe l’ipotesi di legare gli obiettivi di bilancio di Atene a un rapporto deficit/pil molto inferiore al 4,5% imposto dal vecchio memorandum. Le elezioni e l’impasse del dopo voto, in fondo, hanno bloccato l’economia nazionale. Bce, Ue e Fmi sanno che per quest’anno il target è irraggiungibile e potrebbero abbassarlo verso quell’1,2% chiesto dalla Grecia. L’ex Troika potrebbe aprire pure uno spiraglio alla revisione del debito, trattando sulle scadenze (si possono allungare) e valutando la conversione di parte dell’esposizione in titoli legati alla crescita, una delle proposte di Varoufakis.

 

Cosa può dare in cambio il governo Tsipras senza rischiare di finire impallinato in Parlamento? L’addio alle “linee rosse” meno significative, racconta uno dei negoziatori. Si può dire sì all’aumento dell’Iva nell’ambito di una riforma fiscale che sposti il peso del prelievo verso le fasce più ricche del paese. E anche sulle privatizzazioni, tema delicatissimo, si può tendere qualche ramoscello d’ulivo. Facendo partire quelle già varate e avviandone altre in settori poco sensibili. Il tutto, magari, condito con l’impegno a congelare le misure umanitarie annunciate ma non tradotte in legge fino a un accordo definitivo con il Bruxelles Group.

draghi tsiprasdraghi tsipras

 

La strada, ovviamente, non è in discesa. Il rischio di incomprensioni o di incidenti di percorso (le casse dello stato ellenico sono vuote) è altissimo. E la posizione rigida delle due parti ha esacerbato i toni. Sarà decisivo, dicono tutti, il ruolo di Tsipras. Nelle prossime due settimane il premier dovrà trovare un compromesso tra le parole concilianti che usa in Europa e quelle più dure che adotta quando torna sotto il Partenone, riuscendo a convincere Bce, Ue e Fmi da una parte e Lafazanis e i suoi dall’altra. La posta in palio è il salvataggio della Grecia dal default.

 

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