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W LA SQUOLA! - VOLANO COLTELLI TRA RENZI E STEFANIA GIANNINI SUI DOCENTI PRECARI - LA MINISTRA SPERA DI FARLI ENTRARE IN RUOLO A SETTEMBRE CON UN DECRETO - PITTIBIMBO NON VUOLE L’ASSUMIFICIO
1 - RENZI NON VUOLE L’ASSUMIFICIO GIANNINI CI SPERA ANCORA
Marco Palombi per il “Fatto Quotidiano”
Lui è nero, lei non s’è ancora rassegnata alla figuraccia a cui è stata costretta. Sono Matteo Renzi e Stefania Giannini al termine dello psicodramma decreto sì, decreto no, disegno di legge sì o no: alla fine niente, né l’uno né l’altro, le solite “linee guida” e del resto se ne riparla martedì prossimo per dare il tempo ai ministri di “studiare il testo che gli abbiamo consegnato”.
Sono quasi le 21 quando il premier scende in sala stampa a palazzo Chigi e fa il suo breve show sulla riforma della scuola: scuro il vestito, scuro il volto, tesi i nervi quando lascia irritualmente la sala e neanche guarda la ministro dell’Istruzione che tenta di stringergli un braccio con uno dei sorrisi più larghi e finti mai visti in un palazzo istituzionale. Giannini, però, non è remissiva come sembra e lo scontro in atto tra i due è visibile a chi voglia scorgerlo.
Dice Renzi che anche se bisognerà aspettare martedì 10 marzo per l’approvazione, non ci sono problemi: “Non c’è alcun rischio che slittino le assunzioni dei precari. Quale sarà lo strumento legislativo dipende dalla situazione politica e dai caratteri di necessità e urgenza”. E ancora: “Sento discussioni surreali: se facciamo da soli siamo ‘dittatorelli’, se facciamo i decreti siamo antidemocratici, se facciamo i ddl non siamo abbastanza spediti, siamo in ritardo. Troviamo pace”.
Poi un passaggio un po’ da bar: “Su questa cosa ci abbiamo messo un miliardino”. Infine grande rispetto per le Camere, le stesse istituzioni che ha schiaffeggiato a più riprese in questo anno di governo: “Noi facciamo una proposta al Parlamento: in un tempo non biblico può legiferare senza bisogno di un decreto. La palla passa al Parlamento, i tempi sono sufficienti”.
E qui c’è un bel pezzo del problema: con un normale ddl sarà difficile arrivare all’approvazione in tempo utile per far entrare in ruolo i docenti precari a settembre, cosa a cui il ministro Giannini sembra tenere parecchio. Quando è il suo turno, Renzi è già tornato nel suo ufficio, cosa che fa abbastanza raramente finché le telecamere sono accese: “Lo strumento legislativo lo sceglieremo martedì - scandisce lei con la solita voce calma - Decideremo con chiarezza contenuti e veicolo legislativo. Per noi le assunzioni sono una priorità e un’urgenza, quindi sarà uno strumento che consenta di ottenere questo risultato”.
Qui la titolare della Scuola allude al decreto - sponsorizzato anche da moltissimi deputati Pd - almeno per stabilizzare qualche migliaio di precari, ma non c’è verso: a Ballarò, su Raitre, giusto pochi minuti dopo, ammette che lo strumento sarà probabilmente un ddl delega e che sarà il Parlamento a doversi mettere una mano sulla coscienza approvandolo in tempi record se non vuole prendersi la responsabilità di ritardare le stabilizzazioni.
Sul decreto, insomma, si vedrà: Renzi non lo vuole e d’altronde assumere 150mila persone a settembre con tempi già stretti non è così urgente come imporre alle Banche Popolari una riforma che dovrà avvenire fra un anno e mezzo. Questione di priorità: un ddl delega va alle Camere che lo approvano nel tempo che credono, poi il governo scrive i decreti delegati e li rimanda in Parlamento che ha almeno 30 giorni per esaminarli. Con tanti saluti alle assunzioni di settembre.
Lo strumento legislativo però, sorprendentemente, non è l’unico terreno di scontro tra premier e ministro: anche sui numeri delle stabilizzazioni si litiga ed è sempre la conferenza stampa a dare conferma alle indiscrezioni. Come vi raccontiamo qui accanto, i soldi stanziati non corrispondono nemmeno da lontano alle promesse renziane di 150mila assunzioni. Il premier s’è ben guardato dall’entrare nei dettagli, ma la ministro ha dovuto rispondere a una domanda precisa. Svicolando: “Non voglio ripetere cifre che per noi sono chiare: ha senso che alla fine compaiano sul dettato di legge”. Modi un po’ evasivi per essere solo un rinvio tecnico.
MARIANNA MADIA MARIA ELENA BOSCHI STEFANIA GIANNINI FEDERICA MOGHERINI IN SENATO FOTO LAPRESSE
Nel pomeriggio, infatti, fonti di governo avevano sostenuto che Renzi aveva bloccato tutto - anche l’ipotesi di un decreto solo per le assunzioni - con una motivazione abbastanza sorprendente: “Non mi piace l’assumificio. Fare un decreto solo per le assunzioni sarebbe come recitare liturgie da vetero-sinistra, vetero-sindacalismo”.
L’assumificio l’aveva proposto lui, ma tant’è. Parlamentari di maggioranza, comunque, sostengono che un bel pezzo del problema siano pure le coperture: tra assunzioni, formazione, soldi ai presidi e per gli indennizzi dei docenti non assunti nonostante avessero lavorato per oltre 36 mesi la coperta del “miliardino” potrebbe essere troppo corta.
Saranno nel testo finale, invece, le detrazioni fiscali per chi iscrive i figli alle scuole private care ad Angelino Alfano e allo stesso ministro Giannini: saranno alcune decine di milioni per dare il segnale che c’è stato “un cambio culturale importante”. Cioè che il “senza oneri per lo Stato” scritto nella Costituzione non vale davvero più.
2. IL MINISTRO SEMPRE IN BILICO
Luca De Carolis per il “Fatto Quotidiano”
MADIA BOSCHI GIANNINI FIDUCIA AL GOVERNO RENZI IN SENATO FOTO LAPRESSE
Condannata a traballare. Proprio lei, che aveva appena traslocato nel Pd anelando stabilità per la sua poltrona troppo esposta alle onde. All’ora di cena di un lunedì, il ministro dell’Istruzione Stefania Giannini ha scoperto dalle agenzie di aver fatto annunci a vuoto, per settimane. In un amen è sparito il decreto per assumere i precari della scuola, perché così ha deciso all’ultimo minuto il premier che tutto cambia, e neppure avverte. Male, anzi peggio, per la senatrice Giannini.
“Sono basita” ripeteva appena appreso del dietrofront. Ieri è corsa proprio da Renzi per resuscitarlo, quel decreto. Ma niente. L’ennesimo colpo alla glottologa lucchese. Perché è difficile la convivenza con il rottamatore, sin dal suo inizio, nel febbraio di un anno fa. Ai tempi Giannini è un neo ministro ma anche la coordinatrice di Scelta Civica. E dopo poche settimane lo ricorda pungendo sulla riforma del Senato: “È un po’ inconsueto che sia il governo a presentare un ddl su questo tema. Serve che il Parlamento ne discuta per migliorare alcuni aspetti”. Aggiunge: “Suggerisco a Renzi qualche momento di riflessione in più”.
Ovviamente il premier non riflette e corre più di prima. Giannini prende atto, e come ogni ministro dell’Istruzione inizia a lavorare alla sua riforma della scuola. Nel frattempo si candida alle Europee, come capolista di Sc nella circoscrizione centro. Raccoglie poco più di 3mila preferenze, un fiasco in linea con il tracollo dei montiani, che non eleggono neppure un candidato.
Si dimette da coordinatrice, e la sua poltrona a viale Trastevere comincia a tremare. Nel post Europee tira aria di rimpasto, e l’ex rettrice è la prima indiziata. Le voci circolano, dai piani alti non smentiscono. Giannini tira dritto e si aggrappa alla sua riforma. Il 25 agosto, dal palco del Meeting di Comunione e Liberazione a Rimini, ne anticipa le linee. Annuncia lo stop alle supplenze perché “non fanno bene a nessuno” e stipendi “agganciati al merito e alla qualità”.
Soprattutto, ventila la detassazione delle rette di iscrizione alle scuole paritarie. “Bisogna arrivare a un sistema educativo globale” scandisce, e dalla platea ciellina sono applausi. Renzi invece si irrita, tanto: per la fuga in avanti sulle paritarie, e per l’assenza di coperture economiche sufficienti per la riforma. La partita l’ha ripresa in mano lui, si racconta dai Palazzi. Mentre Giannini torna in bilico, con la dem Francesca Puglisi favorita per sostituirla.
Pochi giorni dopo il ministro si presenta alla Festa dell’Unità a Bologna. Schiva i cronisti, per non rispondere a domande scomode. Dal palco non dice una parola sulla riforma e tergiversa sulla sua posizione. Se ne va mentre precari ed esodati contestano ad alta voce. Le voci sulla sua poltrona non cessano, ma i mesi trascorrono senza rimpasto. Renzi è sempre più forte, Sc sempre più sfibrata.
A inizio febbraio, otto parlamentari abbandonano la nave montiana. C’è pure la Giannini, che assicura: “Il progetto di Sc si è esaurito, ora tutte le forze riformiste si devono aggregare strutturalmente”. In coda, punta velenosa: “Non abbandoniamo Monti, è lui ad averlo fatto un anno e mezzo fa”. Il segretario di Sc Enrico Zanetti (verrà eletto pochi giorni dopo) commenta: “Scelta demenziale. La Giannini? Bocca mia taci”. Più d’uno sibila: “Il ministro si è messo al riparo”.
Lei smentisce sdegnata. Domenica 22 febbraio la neo dem celebra il primo compleanno del governo Renzi assieme al premier, da un palco a Roma. “La scuola che cambia, cambia l’Italia” è il titolo della manifestazione. Giannini declama: “D’ora in poi assunzioni solo tramite concorso pubblico, basta con la Babele delle graduatorie”.
Semina anticipazioni, su quel decreto legislativo che dovrà anche e soprattutto immettere in ruolo una valanga di precari. È solo questione di ore. Poi però un lunedì sera Renzi cambia idea. La Giannini non ne sa nulla, e rimane sola con il suo stupore. Democratica, ma non indenne.