Marco Zonetti per https://www.vigilanzatv.it
In quest'era dominata dal politically correct, dove le certezze sono scarsissime e la suscettibilità elevatissima, e nella quale è divenuto impossibile dire o scrivere (e presto probabilmente anche pensare) alcunché senza che qualche categoria di persone non si offenda (forse è offensiva anche la parola "categoria", ma ormai è fatta), ecco che viene criticata anche la scrittrice Michela Murgia, ancorché fautrice, e convinta propalatrice assieme a Chiara Tagliaferri, della vocale inclusiva ?, o scevà (dal tedesco Schwa), una formula neutra che sostituisce le desinenze maschili e femminili, così da non discriminare le persone transessuali o transgender.
MICHELA MURGIA SI DIFENDE DALL ACCUSA DI AVER USATO UN LINGUAGGIO TRANSFOBICO
In una puntata del podcast Morgana, a cura di Murgia e Chiara Tagliaferri, è stata presa in considerazione la storia di Lana e Lilly Wachowski, registe e produttrici di Matrix, nati Larry e Andy prima di cambiare sesso. E Murgia e Tagliaferri, proprio loro, sono state accusate su Instagram di misgendering (ovvero di aver usato sacrilegamente sia le desinenze maschili sia quelle femminili rivolte a Lana e Lilly Wachowski) e ancor peggio di deadnaming, ovvero di aver utilizzato i loro nomi maschili prima del cambio di sesso. Insomma di essere ricorse a "pratiche linguistiche transfobiche".
"Ma è possibile dover ricordare ancora una volta che non si parla di persone trans usando il deadname e il genere assegnato alla nascita? Sono distrutto, quando c'era stata la vicenda di Ciro Migliore Murgia si era esposta pubblicamente spiegando a collegh? e pubblico perché bisognasse parlare al maschile ed usare il nome Ciro e adesso 50 minuti di deadnaming e misgendering" leggiamo in un commento.
In un altro, invece viene rimproverato alle due autrici: "Ricordiamoci di essere femminist? per tutte le donne, non solo quelle cis". Una critica fra tutte è ancor più furibonda: "Le storie sono assurde. Il deadname non si usa, i pronomi passati neanche, e la ? non c’entra nulla. E tu avresti dovuto insegnarlo ai migliaia di spettatori che hai, invece hai preferito allinearti ai media che commettono un errore che poi si ripercuote su noi persone trans. Ci chiedono il deadname tutti i giorni, usano i pronomi che preferiscono perché “si sbagliano” o “sui giornali dicono così e passano da un pronome all’altro” o “ci confondete perché siete confusi voi”. Questa non è informazione, è stato un massacro per le centinaia di migliaia di persone trans in Italia, ma d’altra parte probabilmente non t’interessa".
Murgia, che solitamente è la prima a scatenare polemiche di tal genere puntando il dito a destra e a manca (soprattutto a destra), ecco che stata costretta a cospargersi il capo di cenere e correre ai ripari su Instagram. Fra le tante scuse addotte dalla scrittrice, leggiamo: "Abbiamo discusso molto di come scrivere questa puntata e anche di come pronunciarla, per esempio se con o senza schwa, per evitare la riduzione al binarismo. Sapevamo che qualunque scelta sarebbe stata problematica“.
E qui sta la chiave di tutto: complice il politically correct portato all'estremo, ogni scelta linguistica è ormai purtroppo problematica e potenzialmente ingeneratrice di polemiche, e nel momento in cui la schwa in un linguaggio televisivo è inutilizzabile poiché trasforma la pronuncia delle parole in una sorta di parodia della cadenza pugliese, il contrappasso subìto da Murgia forse potrà incrinare il piedistallo costruito da certi moralizzatori che da mattina a sera scagliano i loro strali politicamente corretti contro chicchessia partendo da un'autoproclamata purezza. Ma del resto, come sosteneva l'intramontabile massima di Nenni: "Gareggiando a fare i puri, troverai sempre qualcuno più puro che ti epura.
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