philip roth paul auster

A ROTH DI COLLO - PAUL AUSTER RICORDA L’AMICO PHILIP ROTH: "CI PIACEVA CHIACCHIERARE PIÙ DI BASEBALL CHE DI LIBRI. IL NOBEL MANCATO? ORMAI NON IMPORTA A NESSUNO E CREDO NON INTERESSASSE NEMMENO A LUI. HA SCRITTO TANTISSIMI ROMANZI E TUTTI CAPACI DI INNESCARE PENSIERO. PHILIP E’ UN IMMORTALE DELLA CULTURA CONTEMPORANEA"

paul auster

Anna Lombardi per la Repubblica

 

Ho sempre ammirato la sua capacità d' impatto. La sua scrittura problematica. Il modo in cui costruiva storie che poi facevano discutere, ti costringevano a riflettere. Spero che in tanti, oggi, prendano in mano un suo romanzo e ricomincino a leggerlo.

 

Troveranno senz' altro qualcosa di attuale anche in quelli scritti molti anni fa». L' amico Paul Auster, 71 anni, autore di romanzi come Trilogia di New York, Timbuctù e il recente 4321, anche lui parte di quel filone di autori ebrei americani a cui apparteneva Philip Roth, al telefono dalla sua casa di Brooklyn accetta di parlare con riluttanza: «Mi rendo conto che ricordarlo ai suoi lettori è un modo per onorarlo al meglio. Ma devo ancora accettare la sua assenza e non amo il triste rituale della memoria quando qualcuno se ne va. La morte di Philip mi addolora molto e per me oggi è un giorno difficile. Mi perdoni ma terrò per me i ricordi più cari».

 

roth

 

Roth era più grande di lei di 14 anni ma avevate molto in comune. Eravate nati nella stessa città. Avevate radici ebraiche simili. Quanto ha contribuito al vostro legame?

«È vero, eravamo nati tutti e due a Newark, la cittadina del New Jersey che fronteggia New York e che molti conoscono soprattutto per il suo aeroporto, e amavamo parlarne. Lo facevamo spesso, ricordando luoghi e persone della nostra giovinezza o commentando quanto fosse cambiata. Era un argomento che effettivamente ci univa. Ma anche se eravamo buoni amici non eravamo amici intimi. Il nostro era un legame fatto soprattutto di momenti leggeri, allegri: la sorprenderà ma preferivamo parlare più di sport che di letteratura».

 

paul auster

Eppure quando Roth decise di smettere di scrivere dicendo che il romanzo era morto, lei lo criticò sostenendo che il mondo era ancora pieno di storie da raccontare e che il romanzo si sarebbe adattato ai tempi. Ne discuteste?

«Io, Philip e Don DeLillo eravamo grandi appassionati di baseball. Quando ci ritrovavamo insieme preferivamo parlare soprattutto di quello. Ci incontravamo per il piacere di stare insieme e ovviamente parlare di sport era più divertente e rilassante. È quello che fanno gli amici. Non si incontrano per discutere del loro lavoro: tanto meno per criticarsi».

 

philip roth

Adesso tutti parlano del Nobel mancato. Roth ne era rattristato?

«Il Nobel ormai non importa a nessuno e credo non interessasse nemmeno a lui. Se n' è andato a 85 anni dopo una lunga, distinta carriera, ricca di riconoscimenti. Se n' è andato con dignità dopo una vita piena, senza conoscere un declino terribile né del suo corpo né della sua fama. Penso che per lui andasse bene così».

 

Della sua opera cosa ha amato di più?

« Pastorale americana è certamente uno dei suoi romanzi più ricchi: personale e sociologico allo stesso tempo. Ma è difficile scegliere un solo libro della sua complessa produzione. Ha scritto tantissimi romanzi e tutti capaci di innescare pensiero. E per uno scrittore americano è già è un valore aggiunto incredibile, che lo rende un immortale della cultura contemporanea. Anche per questo sono felice di averlo conosciuto. E anche per questo voglio ancora dire buona fortuna Philip: dovunque tu sia».

philip rothRoth Il-fantasma-esce-di-scenarothrothPhilip Roth, Lamento di Portnoy

 

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