LA SVOLTA DI (ANDREA) SALERNO - DA RAITRE E “IL MANIFESTO” A LA7 CON URBANO CAIRO: LE SETTE VITE DI ANDREA SALERNO: “QUANDO C'ERA BERLUSCONI, TUTTO QUELLO CHE LO RIGUARDAVA FACEVA ASCOLTO - “C’E’ POSTA PER TE’ NON MI PIACE MA E’ FATTO BENE - FAZIO? NON AVREMMO MAI POTUTO DARGLI I SOLDI CHE GLI DA’ LA RAI. GLI AGENTI DIVENTANO DEI TELEVIP FORTI QUANDO NON SAI FARE TELEVISIONE PERCHE’…”
Salvatore Merlo per il Foglio
(Un estratto, qui l'intervista integrale sul sito del Foglio http://www.ilfoglio.it/televisione/2017/08/05/news/la-svolta-di-salerno-147618/?paywall_canRead=true)
Piccolo, asciutto, con un’intelligenza tesa che gli traspare dagli occhi tondi, quasi di fumetto: “Non avrei mai immaginato che mi chiamasse a dirigere La7”, dice. E perché? “Perché evidentemente siamo diversi”, risponde. E il soggetto è Urbano Cairo, l’editore di La7, del Corriere della Sera e della Gazzetta dello Sport, dei settimanali di gossip a un euro, Dipiù e Diva, ForMen e Giallo, il proprietario del Torino, il self-made man cresciuto in Publitalia, a fianco del Cavaliere. “E’ un uomo rapido, che si ricorda tutto, che richiede grande attenzione. E’ un editore puro, senza conflitti d’interesse. Ed è una persona appassionata”. Ma è di destra. Carlo De Benedetti ha detto di lui che è bravissimo, con un solo difetto: è antropologicamente berlusconiano. E tu, invece, sei un uomo di sinistra: Rai Tre e il Manifesto, la Fandango e Domenico Procacci. “Passare da Domenico Procacci a Urbano Cairo richiede un certo sforzo”, dice con un raro sorriso. “Due persone di talento, ma diverse. Due mondi opposti per formazione, mestiere. Imparagonabili. Ma entrambi liberi, di testa. Così quando Cairo mi ha proposto di lavorare con lui mi ha stupito, gli ho detto: ‘Ma sei sicuro?’”.
E Andrea Salerno, cinquantadue anni, è stato, tra le altre cose, ideatore e autore delle trasmissioni Rai più famose di Corrado Guzzanti, dell’“Ottavo nano” e del “Caso Scafroglia”, di “Parla con me” con Serena Dandini, e poi di “Gazebo”. La7 era la tivù di Grillo, gli si dice. E tu la stai cambiando. La porti a sinistra.
“Non credo sia mai stata la tv di Grillo”, risponde con una spigolosità gentile, una specie di sfumatura guardinga, che un po’ contrasta con la sua biografia d’autore satirico, e lascia pensare che nel lavoro lui difenda la sua serietà con lo scherzo. “Quando c’era Berlusconi, tutto quello che lo riguardava faceva ascolto”, spiega. “Lui, i suoi uomini, e anche i suoi violentissimi oppositori. Dunque stava molto in tivù. Lo volevano. Ed è stato così anche per Renzi, all’inizio.
andrea salerno e francesco piccolo
Chi fa tv ragiona televisivamente. I programmi sono pensati da autori che stanno attenti allo share”. E insomma il grillismo fa (o faceva) share, dice Salerno. “Ma io La7 non l’ho mai vista come una tivù grillina”. Adesso però arrivano Guzzanti, Nanni Moretti… “Guzzanti è un genio. Non è di destra né di sinistra. E Moretti è un grande regista italiano”. Gli farai introdurre un ciclo di suoi film che manderete in onda.
Dino Risi una volta disse di Moretti: “Adesso però levati di mezzo, e lasciami guardare il film”. E a questo punto Salerno risponde con uno sguardo di cemento, “quella di Risi era una battuta”, dice. O forse era un giudizio definitivo. “Guarda, non credo di spostare La7 a sinistra. E poi la sinistra non c’è più. Oggi la dialettica è sistema/antisistema. E comunque quella che vorrei fare è una tivù di persone capaci, talenti. La voglio rafforzare, conservando il suo Dna di carattere informativo.
L’informazione la puoi fare in tanti modi, anche con un dialogo teatrale di Marco Paolini, o con la satira di Guzzanti. L’Italia la puoi raccontare anche con una docu-fiction, non solo con il talk-show. Ho un mandato chiaro da Cairo”. E quale? “Prendere quelli bravi. Ne arriveranno ancora”. Avete preso Massimo Giletti. “Giletti è uno di quelli bravi. Nel 1991 entrai nello studio di Minoli, a ‘Mixer’, e mi ricordo che c’era Giletti che accoglieva gli ospiti in felpa”. Giletti però non sembra il tuo genere: l’ha assunto Cairo? “L’abbiamo voluto insieme”.
A proposito di politica, e di censure. Quando lavorava in Rai, quasi dieci anni fa, Salerno fu persino sospeso, da Agostino Saccà. Ed ecco un viso, una frase, una bolla d’aria del passato che improvvisamente vengono a galla. “Fui sospeso per una battuta di Sabina Guzzanti su Giulio Tremonti, contenuta peraltro in uno spettacolo teatrale che aveva comprato l’azienda”, ricorda. “Dissero che io non avevo controllato. Paradossale”. Poi ci fu la chiusura di “Raiot”, nel 2003.
INTERVISTA A MASSIMO GILETTI SUL CORRIERE CON FOTO CON URBANO CAIRO
“E nel 2007 me ne andai dalla Rai. Mi ero stancato. Nel 2003 ci aveva fatto causa Mediaset per una cifra enorme. Colossale. Milioni di euro. Lucia Annunziata era presidente. E ti giuro che non mi ricordo chi fosse l’amministratore delegato”. Era Flavio Cattaneo. “Quando andai via chiesi che cancellassero dal mio fascicolo aziendale tutte le sospensioni. Saccà mi aveva sospeso per tre giorni, per la storia della Guzzanti. E per la vicenda di ‘Raiot’ fui sospeso per dieci giorni (che è il massimo, oltre questo c’è solo il licenziamento). Non pretesi nulla. Niente soldi. Solo che eliminassero quella roba da casellario giudiziale. E Claudio Cappon lo fece”.
andrea salerno con zoro e damilano gazebo
Che ti ricordi di quel periodo? “Che ci sono persone che da allora non sono più tornate in tivù…”. E qui Salerno fa come una pausa, cercando forse di mettere il maggiore spazio tra sé e le imprecazioni che gli rotolano dietro come botti. “Il punto di quella stagione fu la mancanza di voglia di osare. Venne spento tutto. Anche gli autori da quel momento in poi si sono adattati a un pensiero, un’attitudine, un indole”. Che indole? “Ovattata”.