Enrico Ferro per www.repubblica.it
La vita spericolata dei gemelli terribili che nemmeno il Ris riesce a incastrare. Porcia, campagna friulana, quattro anni fa. Una Mercedes Classe A sfreccia nella notte con la gazzella dei carabinieri alle calcagna. L’auto viene abbandonata nei campi, il conducente scappa a piedi tra le barbabietole. Gli inquirenti analizzano volante e pomello del cambio. Trovano un mozzicone di sigaretta. «È fatta», pensano. Nei laboratori delle investigazioni scientifiche viene isolato il Dna di Eduard Trushi, all’epoca trentenne, albanese. Gli investigatori lo incriminano e lui si presenta davanti al giudice con il fratello Edmond.
Sono gemelli omozigoti, due gocce d’acqua. Hanno il codice genetico praticamente identico. Il giudice è costretto ad assolverlo per l’impossibilità di stabilire chi dei due fosse veramente al volante di quell’auto. Eccoli i fratelli dei furti e delle rapine a Nordest. Agili, spregiudicati, spericolati alla guida e con il patrimonio genetico speculare. Mercoledì scorso in tribunale a Verona c’è stata l’ennesima assoluzione.
L’imputato era sempre Eduard, stavolta a processo per una violenta rapina in casa a Nogarole Rocca, nella provincia veronese. Il classico furto che viene consumato di notte, con il proprietario che però si sveglia, lo sorprende e prova a fermarlo. Finisce a botte. Il bandito perde il cappellino, ci sono tracce di sudore. Nuove analisi al Ris e, ancora una volta, la banca dati interforze evidenzia il nome di Eduard Trushi. Ma il giudice Laura Donati è costretta ad assolverlo, sempre per il fatto che non si riesce a capire chi dei due abbia agito.
«Per rilevare quelle piccole differenze nel codice genetico servirebbero analisi particolarmente complesse con l’intervento e la collaborazione di laboratori altamente specializzati», confessa un esperto di polizia Scientifica. Identici in tutto, quindi, tranne che per le impronte digitali. Ma basta indossare un paio di guanti e Eduard e Edmond diventano la stessa persona.
Tratti somatici identici, stessa pettinatura, tatuaggi in replica sugli avambracci. Hanno 34 anni e all’anagrafe risultano residenti a Castiglione delle Stiviere, in provincia di Mantova. A Pordenone, nel 2016, si sono guadagnati il soprannome di “gemelli Lupin”. Sembravano invincibili, al volante di macchine potenti come Mercedes Slk e Ford Mustang. L’anno prima la procura di Cuneo gli aveva contestato oltre un centinaio di furti tra Piemonte e Veneto, con il sequestro di 24mila euro in contanti, 5 orologi Rolex in oro, diamanti e altri gioielli per un valore complessivo di 300mila euro.
La mappa delle loro scorribande disegna traiettorie da un capo all’altro della cartina geografica d’Italia, da Mantova a Treviso, da Gorizia a Pesaro, fino a Pisa e Firenze. «Ben tre procedimenti penali pendenti si sono trasformati in altrettante assoluzioni per lo stesso motivo» spiega Fabio Porta, avvocato del foro di Verona e difensore di Eduard. «Le indagini basate esclusivamente sul Dna con i fratelli Trushi non portano da nessuna parte, perché non c’è modo di determinare oltre ogni ragionevole dubbio che si tratti dell’uno o dell’altro».
Sempre insieme, inseparabili e spesso inafferrabili. La somiglianza ingannatrice è il bonus che si giocano nei tribunali del Nordest, per alleviare le pene delle loro vite al limite.