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E’ MORTO ANGELO EPAMINONDA, “IL TEBANO” - RIVALE DI FRANCIS TURATELLO, SOVRANO DELLA MALA MILANESE, AMAVA LA BELLA VITA, LE DONNE, LO CHAMPAGNE - ERA SOTTO COPERTURA, CONFESSO' E MANDO' IN GALERA I COMPLICI - E’ SCOMPARSO IN APRILE, MA SI E’ SCOPERTO SOLO ORA: DOVEVA TESTIMONIARE IN UN PROCESSO

 

Paolo Colonnello Giuseppe Legato per La Stampa

 

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L’unica nebbia che conosceva davvero era quella delle sigarette nelle sue bische clandestine, eleganti e piene di gente, che condivideva e più spesso contendeva a “Faccia d’Angelo” Francis Turatello. Per il resto “il Tebano”, conosceva la bella vita, le debolezze umane e l’amarezza del tradimento, degli anni passati in carcere e infine dell’oblio dei grandi “Re” decaduti.

 

Angelo Epaminonda, brivido notturno negli anni ’70, della buona borghesia milanese, è morto ad aprile come era vissuto in questo scorcio di secolo nuovo: nel silenzio dei miseri, a 70 anni, senza che nessuno se ne accorgesse. Rimpiangendo una vita diversa da quella costruita con un impero di omicidi, droga, prostituzione e bische che distrusse con le sue stesse mani in una confessione lunga 350 pagine: il libro nero della mala milanese.

Francis TuratelloFrancis Turatello

 

Era il 1984 e il Tebano venne catturato in una notte di settembre nel suo elegante appartamento in zona Fiera dal capo della Mobile torinese, Piero Sassi, che gli stava dando la caccia da tempo. Sotto il cuscino aveva la sua calibro 9 e 8 chili di droga in casa. A farlo crollare ci pensò un altro magistrato-mito di quei tempi, “Ciccio” Francesco Di Maggio, 120 chili di furbizia e bonomia che lo inchiodò con una sola frase: «Pensa ai tuoi figli». 

 

E il Tebano ci pensò, vendendo tutta la sua banda: “gli indiani”, i giostrai killer di cui si era circondato, capaci di ammazzare per un parcheggio negato o uno sguardo sbagliato, i vecchi soci storici come Turatello, i politici che lo omaggiavano e i giudici che lo assolvevano. E poi le famiglie nobili malate d’azzardo che lo invitavano nelle loro ville lussuose a Nizza o Montecarlo, a Santa Margherita o Saint Moritz.

 

Francis Turatello e VallanzascaFrancis Turatello e Vallanzasca

Il “Tebano” beveva champagne e dominava Milano che iniziava a inondare già allora di coca regalando, dice la leggenda, cuccioli di leone e donne facili a segretari di partito. La ferocia la esercitava con lo sguardo e la voce sempre bassa, l’accento catanese e la zazzera nera che gli incorniciava un volto duro, con la pelle olivastra, memoria di sicure origini siculo-mediorientali abbandonate a 14 anni quando salì al Nord, a Cesano Maderno, per fare nell’ordine: il lucidatore di mobili, l’operaio alla Snia Viscosa e poi all’Alfa. Troppa fatica e poco guadagno per uno sveglio del suo genere.

 

Epaminonda conosceva le donne, il potere e la legge della giungla: 17 omicidi confessati, 44 fatti scoprire e più tutto il resto. Angiolino dominava su tutto, poteva tirar fuori un miliardo di lire in contanti spillandolo nella notte dalle edicole di corso Buenos Aires, oppure comprarsi un processo con i giudici a libro paga. 

 

EPAMINONDA1EPAMINONDA1

Dal 2007 era tornato in libertà dopo aver scontato una condanna definitiva a 29 anni di carcere inflittagli dalla Corte d’Assise nel primo grande maxi processo contro le cosche catanesi di Milano. Da tempo viveva in centro Italia in una località protetta; aveva cambiato nome per sparire dai radar di chi lo voleva morto. Prima re, poi infame: «Anche lo Stato mi disprezza, e io mi maledico».

 

Fino a due anni fa aveva gestito un negozio di generi alimentari. Poi aveva smesso di lavorare anche a causa di una malattia. La notizia è emersa ieri al deposito degli atti di indagine sul processo che vuole far luce sull’omicidio del procuratore capo di Torino Bruno Caccia. Epaminonda era un teste indicato nelle fonti di prova. Il pm Marcello Tatangelo lo aveva convocato per riascoltarlo e riversare il nuovo interrogatorio nel processo bis a Rocco Schirripa, 62 anni, il presunto killer del giudice. Ma il “Tebano” questa volta non potrà più rispondere. 

 

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