LA STRAGE DEI VECCHIETTI IN LOMBARDIA – NON SOLO PIO ALBERGO TRIVULZIO, SI ALLUNGA LA LISTA DEGLI OSPIZI FINITI SOTTO ACCUSA. CONTROLLI NELLE CASE DI RIPOSO DI VARESE, BERGAMO, MONZA: GLI STANDARD DI SICUREZZA, PREVISTI PER LEGGE, SONO STATI ADOTTATI AL FINE DI EVITARE I CONTAGI E QUINDI I MORTI? SUL FRONTE ALZANO LOMBARDO, SI INDAGA SULLA MANCATA ZONA ROSSA E SUL NO ALLA CHIUSURA DEL PRONTO SOCCORSO CHE DIVENTÒ FOCOLAIO...

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Giuseppe Scarpa per “il Messaggero”

 

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Acquisizioni di registri, cartelle cliniche, raccolta di testimonianze di medici, infermieri, operatori sanitari e di parenti delle vittime. Le indagini sulle morti sospette degli anziani nelle Rsa non riguardano più il solo Pio Albergo Trivulzio. Sebbene l'inchiesta sul Pat sia la principale, sia per il numero dei deceduti che per il ruolo di regista affidato alla Baggina. Struttura che ha fatto da centro di smistamento verso altre case di cura per i malati di Coronavirus a bassa intensità che venivano dimessi da ospedali in difficoltà.

 

Gli inquirenti hanno bussato alle porte della Sacra Famiglia di Cesano Boscone e di una residenza di Settimo Milanese. Sono solo i primi blitz, visto che i pm del pool Salute della procura di Milano, guidato dall'aggiunto Tiziana Siciliano, stanno procedendo in queste ore alle iscrizioni nel registro degli indagati dei vertici di altre residenze in cui si sono verificati contagi e morti, tra cui quelle dei quartieri milanesi di Affori, Corvetto e Lambrate.

 

Le iscrizioni servono per procedere, eventualmente, alle perquisizioni, come è avvenuto per il Pio Albergo Trivulzio. Inoltre, ieri mattina, i carabinieri del Nas hanno ispezionato le Rsa di quattro province lombarde Milano, Monza, Como e Varese.

 

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Sono stati una quindicina, invece, i controlli, sempre del nucleo antisofisticazione di Brescia, nelle case di riposo della Bergamasca, dove secondo i dati della Cgil sono deceduti «il 25 per cento degli ospiti» dall'inizio dell'emergenza. «Già da qualche tempo, alcune strutture hanno ricevuto la visita dei carabinieri del Nas dopo diverse segnalazioni», spiega Roberto Rossi, responsabile del sindacato, sottolineando che i dati raccolti hanno portato a stimare nelle 65 Rsa della provincia almeno 1.500 decessi fino alla settimana scorsa.

 

NUMERO ELEVATO

Il record ufficiale di decessi in una singola casa di cura spetta al Trivulzio, che è anche la più grande: alla Baggina, come la chiamano i milanesi, dai primi giorni di marzo ci sono stati quasi 150 morti su un totale di circa 1200 persone, tra ospiti e pazienti. Un numero simile di decessi si sarebbe registrato, sempre a Milano, alla Fondazione don Gnocchi. Sia in questo fascicolo, che negli altri sulle Rsa milanesi, gli inquirenti, con gli investigatori del Nas dei carabinieri e della Guardia di finanza, dovranno lavorare su più fronti: dalle analisi sulle centinaia di morti per sospetto Covid-19 fino all'assenza di tamponi e di mascherine e alle presunte minacce agli infermieri che le utilizzavano.

 

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E ancora sulle eventuali omissioni nei referti e nelle cure fornite e sulla presunta commistione tra anziani e pazienti dimessi dagli ospedali. Infine sul ruolo giocato dell'amministrazione regionale nella predisposizione di linee guida e piani pandemici. La domanda a cui dovranno fornire una risposta gli inquirenti è: gli standard di sicurezza, previsti per legge, sono stati adottati al fine di evitare i contagi e quindi i morti?

 

COMO

La procura di Como ha aperto un procedimento per interruzione di pubblico servizio. Questa nuova inchiesta è nata dopo il deposito di due denunce presentate da alcuni parenti di degenti in Rsa. I familiari lamentano di non avere da tempo notizie sulle condizioni di salute dei propri congiunti da parte delle strutture. Uno dei due querelanti ha scritto che nei giorni scorsi aveva ricevuto una telefonata in cui veniva informato che le condizioni di suo padre si erano aggravate. Poi non sarebbe più riuscito ad avere novità. Da qui l'esposto che ha comportato l'apertura di un fascicolo.

 

Sul fronte Alzano Lombardo, nella Bergamasca, invece, si indaga sulla mancata zona rossa e sul no alla chiusura del pronto soccorso che diventò focolaio. Sono stati già sentiti alcuni infermieri e dirigenti medici dell'ospedale di Alzano e della stessa Asst nelle indagini per epidemia colposa condotte dai carabinieri del Nas di Brescia.

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