CHIAGNI E FOTI! - LA RESISTIBILE ASCESA DEL MELONIANO TOMMASO FOTI, DETTO "MASINO": DAL FRONTE DELLA GIOVENTU’ DI PIACENZA ALLA GESTIONE DEI MILIARDI DEL PNRR – IL PIU’ DEMOCRISTIANO DEI CAMERATI D’ITALIA (SARA’ PER LA ERRE MOSCIA) HA COLLEZIONATO DIVERSI SCIVOLONI NOSTALGICI, COME QUANDO HA INDOSSATO UNA MASCHERINA CON LA SCRITTA “BOIA CHI MOLLA” O SI È DISSOCIATO DAL 25 APRILE (“FESTA PER ALTRI, MA NON PER ME”). ORA VOLERA’ A BRUXELLES DOVE NON LO CONOSCE NESSUNO, E COME DAGO DIXIT, ESIBIRA’ IL SUO INGLESE NON PROPRIO FLUENTE – LE PERPLESSITÀ SULL’OPPORTUNITÀ DI AFFIDARE LE DELEGHE DEL SUD A UN EMILIANO, VISTO CHE…
1 - FOTI IL MILITANTE MISSINO TRA TONI PACATI E SCIVOLONI NOSTALGICI
Stefano Baldolini per “la Repubblica” - Estratti
Dalle sezioni emiliane del Msi alla gestione dei miliardi del Pnrr. «Nessuno pensava di arrivare fin qui», diceva stupito due anni fa nel decennale di Fratelli d’Italia, l’estrema destra fresca di storica vittoria elettorale. Ora Tommaso Foti, piacentino, 64 anni, “Masino” per gli amici, interista «incrollabile», corona una carriera di «militante appassionato e coerente». Diventa ministro con deleghe assai pesanti dopo aver - ecco il tributo della sua leader Giorgia Meloni - dedicato «fin da giovanissimo la sua vita al servizio della sua comunità e della nazione».
Militanza ferrea, toni felpati, fedeltà alla premier gli sono valsi il balzo dalla presidenza del gruppo FdI alla Camera, al Consiglio dei ministri. Interlocutore con il Sud, da piacentino, e pontiere con l’Europa, a Bruxelles, dove si testerà il suo inglese, che secondo i rumors sarebbe non proprio fluente.
Negli anni Settanta, a sedici anni, mentre frequenta il liceo scientifico Respighi, Foti matura le sue convinzioni politiche e si iscrive al Fronte della Gioventù.
TOMMASO FOTI - UN GIORNO DA PECORA
Quattro anni dopo, a 20 anni, mentre fa esperienza in un’importante azienda dell’agroalimentare, viene eletto consigliere comunale di Piacenza per il Movimento sociale italiano.
L’inizio di una traiettoria che, senza soluzione di continuità, lo porta fino al giuramento al Quirinale. «Sono stato rieletto in ogni consultazione successiva», rivendica Foti. Dal 1996, fatta eccezione il quinquennio 2013-2018, è sempre deputato e attraversa tutte le mutazioni della destra italiana. Persino la creatura berlusconian-finiana del Popolo della libertà, da cui uscirà in dissenso per partecipare alla genesi di FdI nel 2012.
Nel 2022 viene investito da un’inchiesta per corruzione, che gli nega una nomina di governo, anche se la sua posizione sarà poi archiviata.
Peccato anche per qualche scivolone nostalgico, come quando indossa una mascherina con la scritta “Boia chi molla” o si dissocia dal 25 aprile («Festa per altri, ma non per me») o cita in un discorso alla Camera il manifesto futurista, considerato ‘incubatore’ del fascismo.
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2 - LE NUOVE SFIDE DI «MASINO» IL FEDELISSIMO DI GIORGIA DALL’ARIA DEMOCRISTIANA
Giuseppe Alberto Falci per il “Corriere della Sera” - Estratti
Tommaso Foti — neoministro per gli Affari europei, la Coesione, il Sud e il Pnrr, che entra nel governo al posto di Raffaele Fitto — è il più ecumenico fra i parlamentari di Fratelli d’Italia. Fino a ieri capogruppo di FdI alla Camera, è fedelissimo meloniano ma dall’aria democristiana. Sarà per i suoi interventi in equilibrio e mai fuori posto o per le sue apparizioni nei salotti televisivi, sempre istituzionali. Fatto sta che i suoi amici ci scherzano su: «Forse è aiutato dalla erre moscia che dà sempre un tocco di equilibrio ed eleganza».
E ancora: «È perfetto per succedere a Raffaele (Fitto, ndr )». Classe 1960, piacentino, nasce in una terra in cui i «destri» sono da sempre minoranza.
Fin da subito compie una scelta di campo molto netta: Fronte della Gioventù da giovanissimo, Movimento sociale italiano da adulto. Fa la gavetta, quella classica. A 20 anni consigliere comunale di Piacenza, dove viene rieletto per ben sei volte fino al 2005.
Diviene così «una figura che ha retto il partito in Emilia-Romagna» osservano i bene informati, assieme al senatore Attilio Balboni al quale è molto legato. Note di colore: tifoso dell’Inter, pratica sport e, racconta chi lo conosce, che è stato allievo di Carlo Tassi, il missino che indossava sempre una camicia nera e che da avvocato patrocinava gratis i piacentini meno abbienti.
«Masino» — lo chiamano così gli amici — cresce in questo contesto e non si lascia certo scappare la svolta di Fiuggi che porta allo scioglimento del Movimento sociale e alla nascita di Alleanza nazionale.
In Parlamento dal 1996 — salvo una pausa di cinque anni nel periodo che va dal 2013 al 2018 — Foti lega con Giorgia Meloni ai tempi del governo Monti. Assieme all’attuale presidente del Consiglio decide di non sostenere l’esecutivo guidato da Mario Draghi.
Partecipando così alla nascita di Fratelli d’Italia con Guido Crosetto e Ignazio La Russa.
Tutto questo lo avvicina alla leader di FdI che comincia pian piano a fidarsi di questo signore di Piacenza dall’aria austera e istituzionale. Ecco perché la presidente del Consiglio non ha dubbi quando deve scegliere il successore di Francesco Lollobrigida per il ruolo di capogruppo: «Tommaso, adesso tocca a te». Da presidente dei deputati gioca a fare il pompiere senza perdere di vista la bussola del melonismo. Motivo per cui la scelta del dicastero guidato dal «democristiano» Raffaele Fitto ricade oggi su di lui.
Foti, proprio per il suo modo di fare, avrebbe così convinto quanti hanno espresso perplessità sull’opportunità di affidare le deleghe del Sud a un emiliano, visto che negli ultimi anni quel ministero è sempre stato affidato a persone del Mezzogiorno oppure del Centro.
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