Piergiorgio Odifreddi per "la Stampa"
Oggi va di moda proclamare e invocare il principio della "priorità della politica", che in realtà non è altro che un'assicurazione sulla vita e sulla sopravvivenza dei politici di mestiere, o dei mestieranti della politica: quelli, cioè, che nel momento in cui si invocasse e si applicasse invece il principio della "priorità della competenza", dovrebbero tornare a fare ciò che facevano prima, dal gelataio all'avvocato. Nel 1979, quando Margaret Thatcher conquistò Downing Street, qualche giornalista le chiese se era orgogliosa di essere la prima donna a diventare primo ministro inglese.
il premio nobel giorgio parisi foto di bacco
Ma lei rispose che era orgogliosa di essere la prima scienziata, per sottolineare il fatto che il genere è irrilevante in politica, ma la competenza scientifica non dovrebbe esserlo. In particolare, la Lady di Ferro (elemento numero 26) si era laureata in chimica, e la sua relatrice di tesi era stata Dorothy Hodgkin, premio Nobel per la chimica nel 1964.
E quando la Thatcher fece la sua prima campagna elettorale, mise sui manifesti la sua foto in laboratorio, col camice bianco e una provetta in mano. In tempi e in luoghi diversi da quelli italiani, la competenza scientifica ha dato ottimi frutti in politica. Thatcher a parte, pensiamo ad esempio alla tedesca Angela Merkel, che è stata il politico europeo più potente e influente degli ultimi vent' anni, forte del suo dottorato in fisica.
O all'irlandese amon de Valera, che era un matematico, e fu il più longevo presidente del Consiglio e della Repubblica in carica nel suo paese: una trentina d'anni in tutto. O all'indiano Abdul Kalam, scienziato spaziale e missilistico, che agli inizi del Millennio divenne il più amato presidente della Repubblica Indiana, tanto da essere chiamato "il presidente del popolo".
Se paesi tanto diversi quali l'Inghilterra, la Germania, l'Irlanda e l'India hanno scelto politici scienziati, o scienziati politici, come presidenti del Consiglio o della Repubblica, non sarebbe il caso e l'ora che lo facesse anche l'Italia? Il primo nome che viene in mente è ovviamente Giorgio Parisi, fresco vincitore del premio Nobel per la fisica, che al Quirinale farebbe un gran bene al nostro Paese, e non solo come immagine. Alla breve, infatti, saprebbe indirizzare nella direzione corretta la lotta al Covid, esperto com' è nella lettura dei dati della pandemia: d'altronde, i dati sono numeri, e i numeri sono il pane quotidiano dei fisici.
Non è un caso che, quando Parisi si trovò qualche tempo fa a dibattere in televisione con Matteo Bassetti sull'argomento, mostrò l'evidente disparità che correva tra il miope medico, che pretendeva di giudicare l'andamento del contagio sulla base della propria esperienza soggettiva in ospedale, e il visionario fisico, che poteva invece mettere a frutto la propria esperienza oggettiva di analisi dei dati in laboratorio.
Purtroppo, attualmente le decisioni finali sul Covid sono prese da politici, che non vedono al di là del proprio naso o di quello del loro elettorato, e non sanno procedere altrimenti che per piccolo cabotaggio, senza una visione in grande che deriva solo da una superiore visione tecnico-scientifica: la stessa del Cts, ovviamente, che però non può far altro che suggerire coraggiosamente le cose giuste da fare ai politici, che poi scelgono invece inconscientemente di fare quelle sbagliate, per i piccoli interessi del loro partito e del loro elettorato.
la passione per la danza del fisico premio nobel giorgio parisi 9
Alla lunga, Parisi potrebbe inoltre efficacemente condurre dal Quirinale la sua battaglia per rendere l'Italia un paese tecnologicamente moderno e avanzato, chiedendo con forza al Parlamento l'aumento dell'attuale obolo dell'1,5 per 100 del Pil alla ricerca privata e pubblica, pari a 9 miliardi complessivi e 150 euro a cittadino. Per paragone, la Germania destina il doppio in percentuale del Pil, pari a 30 miliardi complessivi e 400 euro a cittadino. Infine, con Parisi potrebbe finalmente arrivare in Quirinale un laico degno di questo nome, in grado di tener separati Stato e Chiesa.
Finora non solo i democristiani di nome o di fatto si sono invece prodigati in salamelecchi reciproci con il papa di turno, da Scalfaro a Mattarella, ma gli si sono inchinati persino quelli sedicenti di sinistra, da Pertini a Napolitano. E' ora che l'Italia cambi marcia e diventi adulta, ma non saranno i burocrati dei vari partiti a poterlo e volerlo fare: ci vorrebbe un premio Nobel, e per nostra fortuna noi ce l'abbiamo. Dunque, sfruttiamolo.