Niccolò Zancan per “la Stampa”
La prima guerra è sotto gli occhi di tutti. Tre camionette dell' esercito sono piazzate davanti all' ingresso della Procura di Catanzaro. I nuovi Suv corazzati scortano il procuratore Nicola Gratteri dentro al palazzo. Al primo piano si può salire solo con gli agenti della vigilanza. La direzione distrettuale antimafia è blindata, hanno appena sostituito i vetri delle finestre per renderle a prova di esplosione.
Nuove regole anche per il centralino: «Nessuna chiamata diretta alla segreteria del procuratore, l' unico modo è scrivere una mail». La prima guerra è quella di un magistrato contro la 'ndrangheta, che quel magistrato vuole morto.
Nicola Gratteri vive sotto scorta da più di trent' anni. Il suo nome ritorna nelle intercettazioni delle cosche. I mafiosi parlano così: «Quattro anni fa hanno fallito. Stava andando a Crotone e per lui avevano trovato pure i cosi.». «È un figlio di puttana». «È un morto che cammina». «Falcone come è stato? Quando ha superato il limite se lo sono cacciato!». Queste erano minacce già note. Ma il 14 gennaio è stato convocato un comitato provinciale per l' ordine e la sicurezza e la decisione è stata presa con la massima urgenza. Ecco l' esercito, le auto corazzate, i vetri antiproiettile, l' indicazione di ridurre al minimo le apparizioni in luoghi pubblici.
Il livello di protezione è stato aumentato ulteriormente.
Non si conoscono le nuove frasi intercettate, perché fanno parte di un' inchiesta ancora coperta dal segreto. Ma si sa che 'ndranghetisti di cosche diverse stanno cercando di allearsi per ottenere lo stesso risultato: vogliono trovare armi da guerra per uccidere il procuratore capo.
La prima guerra è dichiarata.
Ma c' è un' altra guerra che è stata combattuta intorno alla procura di Catanzaro. Una guerra fatta di allusioni, discredito, potere. «Una guerra qui dentro?», dice Gratteri. «Non mi piace questa definizione». Eppure è difficile trovarne una diversa per spiegare quello che è successo con l' ex procuratore generale di Catanzaro Otello Lupacchini. La scontro è diventato pubblico quando i due magistrati si sono trovati davanti alla prima commissione del Csm.
Come erano arrivati lì?
Il procuratore generale aveva scritto una nota di rimprovero al procuratore antimafia: lo accusava di scorrettezze formali, soprattutto di non averlo avvisato di alcune indagini. Le frasi pronunciate davanti al Consiglio superiore della magistratura, svelate dal Fatto Quotidiano, spiegano meglio il clima all' interno del palazzo di giustizia.
Lupacchini: «Non sto qui a ricordare l' atteggiamento ostile manifestatomi sin dal momento della mia presa di possesso a Catanzaro, solo lui era il verbo, non solo nel distretto, ma probabilmente in tutta Italia, nell' universo e forse anche in altri siti. Tutti sono farabutti all' infuori di lui, nessuno capisce nulla, perché il verbo giuridico è lui a possederlo». Gratteri: «Mi si dice che io furbescamente non abbia trasmesso gli atti a Salerno. Di me accetto tutte le critiche del mondo, che sono ignorante eccetera, ma sull' onestà no. Ogni settimana c' è un' intercettazione ambientale dove si discute su come mi devono ammazzare. Non ho tempo per parlare del sesso degli angeli o andare a baciare l' anello a nessuno».
Per almeno tre volte Lupacchini ha attaccato pubblicamente il lavoro di Gratteri. La prima è stata durante l' inaugurazione dell' anno giudiziario del 2019, quando fece riferimento al record di scarcerazioni per ingiusta detenzione nel distretto di Catanzaro. La seconda fu nel giorno dell' insediamento del presidente della sezione penale del tribunale di Vibo Valentia, dove commentò un' inchiesta condotta proprio da Gratteri: «Magistrati che si presentano in qualsiasi circostanza a elogiare loro stessi, laddove poi le vicende dei processi non raggiungono risultati utili».
La terza è storia recente. Dicembre 2019. Operazione «Rinascita» con 330 persone arrestate, colletti bianchi, politici, avvocati, massoni: un intero sistema di potere mafioso. Ma in un' intervista a TgCom24 Lupacchini, lamentando il fatto di essere stato tenuto all' oscuro del blitz, disse: «Il problema non è smontare la Calabria come un Lego, ma ricostruirla». I rapporti fra i due erano pessimi.
Dopo una prima archiviazione, lunedì la sezione disciplinare del Consiglio Superiore della Magistratura ha accolto le richieste avanzate dal ministro della Giustizia Alfonso Bonafede e dal procuratore della Cassazione Giovanni Salvi e ha disposto il trasferimento d' ufficio di Lupacchini. Non è più il Procuratore generale di Catanzaro, ma sostituto procuratore generale a Torino: trasferito d' urgenza «con perdita di funzione».
PROCURA DELLA REPUBBLICA DI CATANZARO
Il difensore del magistrato, Ivano Lai, dice: «Questo provvedimento è un atto politico. Il ministro Bonafede risponda pubblicamente sugli esiti delle denunce invitategli dal procuratore generale Lupacchini e, immediatamente dopo, si dimetta da un ufficio per ricoprire il quale occorrono, oltre che imparzialità e trasparenza, misura e buon senso. Nei confronti di Lupacchini si continua a infierire in violazione delle più elementari norme di civiltà giuridica».
Amareggiato, l' avvocato Lai aggiunge: «È tutto sbagliato. Questo non era il confronto fra un eroe e una persona che voleva contrastare l' eroe. Il problema degli eroi è che diventano intoccabili. Ma tutti noi siamo soggetti a richiami. Nessuno è infallibile».
Da una stanza blindata al primo piano della procura di Catanzaro, il procuratore Gratteri non commenta. Fuori c' è una targa in memoria di Giovanni Falcone. I militari fanno il cambio turno. Nella fontana restano i volantini della manifestazione del 18 gennaio, quando 2 mila persone sfilarono qui davanti in solidarietà con il procuratore antimafia.