TRA MELONI E MACRON È VERO DISGELO? IL SETTIMANALE “L’EXPRESS” NON ESCLUDE NUOVE CRISI DIPLOMATICHE SULL’IMMIGRAZIONE TRA ITALIA E FRANCIA - IL TOY BOY DELL’ELISEO SPINGE IL PIANO SUI MIGRANTI CONCORDATO AI TEMPI DI DRAGHI (CHE LA MELONI NON AMA). LE DISTANZE RESTANO ANCHE SULLA TUNISIA. A TRATTARE CON IL PRESIDENTE TUNISINO SAIED C’ERA IL MINISTRO DELL’INTERNO FRANCESE ACCOMPAGNATO DAL COLLEGA TEDESCO, MA NON PIANTEDOSI. E SULLA CANDIDATURA PER EXPO 2030 MACRON SOSTIENE APERTAMENTE RIAD E NON ROMA. LA MELONI: “VOGLIO VEDERE COME CONTINUERÀ A FARE IL PALADINO DEI DIRITTI DOPO QUESTA SCELTA”

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Estratto da liberoquotidiano.it

 

meloni macron meloni macron

(...) Ad avere qualche dubbio sulle conseguenze dell'incontro è L'Express che, pur ricordando gli interessi comuni di Italia e Francia, come la posizione sulla guerra in Ucraina e sull'aumento dei prezzi dell'energia, sottolinea come non si possano affatto escludere nuove crisi diplomatiche. Crisi che, secondo il settimanale, "è probabile che emergano". 

 

(...)Uno dei motivi principali alla base delle tensioni sarebbe rappresentato dall'immigrazione. A tal proposito il settimanale ricorda le parole del ministro dell'Interno francese Gérald Darmanin, che ha definito l'Italia incapace di risolvere i problemi legati ai migranti.

 

 L'Express, poi, ricorda anche come in passato la presidenza francese abbia "irritato l'Italia organizzando una cena all'Eliseo in onore del capo dello Stato ucraino Volodymyr Zelensky. Era stato invitato il cancelliere tedesco Olaf Scholz, ma non Giorgia Meloni". Ora sarebbe il momento della riconciliazione, ma non è detta l'ultima parola. "È probabile che sorgano altre crisi diplomatiche. Emmanuel Macron deve opporsi a Giorgia Meloni - aggiunge L'Express -. Ha affrontato e affronta ancora Marine Le Pen. Non può avere un atteggiamento diverso con questi due leader di estrema destra. Tanto più che le elezioni europee si stanno avvicinando rapidamente".

 

 

MELONI-MACRON

Estratto dell'articolo di Ilario Lombardo per la Stampa

meloni macron meloni macron

 

 

Tra i corridoi dell’ambasciata italiana a Parigi si sente arrivare la musica dei film di Federico Fellini. Giorgia Meloni è appena scesa, si aggrappa al braccio di Roberto Cingolani, l’ex ministro della Transizione ecologica che lei ha voluto alla guida di Leonardo. La premier è soddisfatta. Dopo lunghi mesi di attesa, si è liberata di un peso. Il bilaterale con Emmanuel Macron è durato un’ora e quaranta, e per tutto il tempo il presidente francese e la premier italiana sono stati da soli, senza le delegazioni, aggiornate sui contenuti del colloquio solo al termine dell’incontro.

 

(...) È Macron il primo a parlare, a inserire le relazioni nella cornice del pragmatismo: «Talvolta ci possono essere delle controversie, ma sempre in un contesto rispettoso. Questo il senso del Trattato del Quirinale e dell’ambizione forte che abbiamo di lavorare insieme».

 

Non prendono domande, e parlano alla stampa prima e non dopo il bilaterale. Quando si chiudono la porta alle spalle, e si siedono uno di fronte all’altro sui divanetti neri, al salone dorato del primo piano dell’Eliseo, Meloni e Macron si mettono subito d’accordo: «Concentriamoci sugli interessi convergenti». Su ciò che li divide, soprattutto l’immigrazione, adottano un altro metodo: «Restiamo ai principi che sono stati fissati agli ultimi Consigli europei».

 

GIORGIA MELONI EMMANUEL MACRON ALL ELISEO GIORGIA MELONI EMMANUEL MACRON ALL ELISEO

Tra dieci giorni si ritroveranno a Bruxelles. In agenda c’è l’eterna questione dei flussi migratori. I principi, di cui parla Meloni, sono gli stessi contenuti nelle dichiarazioni finali degli altri vertici. La tutela dei confini esterni. «Non c’è una buona politica senza difesa delle frontiere comuni» concede Macron. La premier annuisce. È quello che vuole sentirsi dire. Anche se il resto delle dichiarazioni di Macron va da tutt’altra parte. Il leader francese insiste sulla necessità di «organizzare più efficacemente l’asilo e l’immigrazione in Europa restando fedeli ai nostri valori».

 

Bisogna lavorare con i Paesi di origine e di transito, impegnarsi al massimo in Nord Africa, in Tunisia, in Libia, ma trovando «un equilibrio tra responsabilità, efficacia e solidarietà». Il patto sull’immigrazione e l’asilo concordato dai ministri dell’Interno con voto favorevole dell’Italia, e quello contrario di Polonia e Ungheria, solitamente alleati della destra italiana, è un primo compromesso. Macron però cita anche il piano che la presidenza francese, durante il semestre di turno dell’Unione europea, propose per la redistribuzione volontaria. Era l’anno scorso, e a Palazzo Chigi c’era Draghi. Meloni non ha mai amato quel piano, e ha sempre accusato Parigi di non rispettare fino in fondo l’accordo.

meloni macron meloni macron

 

 

 

Le distanze sui migranti restano. E anche sulla Tunisia, al di là della diplomazia di rito, c’è una competizione in atto. Per dire, sulle pagine dei quotidiani francesi è stato dato molto risalto alla missione a Tunisi del ministro dell’Interno Gerard Darmanin, il più duro ad attaccare il governo della destra italiana. Assieme a lui, a trattare con Kais Saied, c’era il collega tedesco. Non c’era invece Matteo Piantedosi, il capo del Viminale, nonostante da mesi fosse stata annunciata una visita a tre.

 

L’asse storico con la Germania è l’altro argomento di cui si discute nella delegazione italiana. L’impressione dei diplomatici italiani, è che l’Eliseo tenga a una collaborazione con l’Italia perché la sponda di Berlino è diventata un po’ più precaria. 

 

meloni macron meloni macron

(...) Sul Patto di stabilità e sulle estenuanti trattative per cambiare le regole di bilancio europee, il presidente francese annuisce quando Meloni dice che «i parametri attuali sono inadeguati». La pandemia, la guerra in Ucraina, la transizione ecologica e digitale, hanno cambiato le spese nazionali. E secondo la premier è assolutamente necessario che dal calcolo del deficit vengano scorporate le materie strategiche.

 

Durante il faccia a faccia, il presidente e la premier parlano anche, e a lungo, dell’autonomia industriale da recuperare in Europa, di catene di approvvigionamento, di semiconduttori, di rapporti con la Cina, di difesa comune, di spazio e dei grandi affari che uniscono Francia e Italia. Ecco, appunto. Restare sui punti su cui la convergenza è possibile. O sui principi già negoziati, quando le divisioni sono troppo ampie. Così è più semplice dialogare. «Pragmatismo» ripetono entrambi. Anche perché gli interessi nazionali in comune, conferma Meloni arrivando in ambasciata, non sono pochi. Il resto è politica. Ed è in grado di far deragliare di nuovo ogni cosa.

 

ULTIMO FANGO A PARIGI - MEME BY EMILIANO CARLI ULTIMO FANGO A PARIGI - MEME BY EMILIANO CARLI

Come sulla candidatura per Expo2030. Macron sostiene apertamente Riad. Meloni è venuta a Parigi con la speranza di strappare la vittoria per Roma ed è pronta a mettere in difficoltà il presidente francese sull’opportunità di un’intesa con il regime saudita che già divide l’opinione pubblica francese: «Voglio vedere come continuerà a fare il paladino dei diritti dopo questa scelta».

 

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