"PROCESSATE RENZI" - I MAGISTRATI HANNO CONFERMATO LA RICHIESTA DI RINVIO A GIUDIZIO PER MATTEONZO E ALTRI 10 IMPUTATI (TRA CUI MARIA ELENA BOSCHI E LUCA LOTTI, MARCO CARRAI E ALBERTO BIANCHI) - A TUTTI È CONTESTATO IL REATO DI FINANZIAMENTO ILLECITO AI PARTITI. LA PROCURA RITIENE LA FONDAZIONE OPEN UN'ARTICOLAZIONE DI PARTITO RICONDUCIBILE E FUNZIONALE ALL'ASCESA POLITICA DELL'EX PREMIER. UN PERCORSO SOSTENUTO, PER I PM, CON MILIONI DI EURO DI FINANZIAMENTI ILLECITI. IN SOLI SEI ANNI, FRA IL 2012 E IL 2018, RENZI HA RACCOLTO QUALCOSA COME 5,2 MILIONI DI EURO - TRA DIECI GIORNI POTREBBE ARRIVARE LA DECISIONE DEL TRIBUNALE…
Marco Grasso per “il Fatto quotidiano” - Estratti
MATTEO RENZI IN TRIBUNALE A FIRENZE PER L UDIENZA PRELIMINARE DEL CASO OPEN
Matteo Renzi è stato “il beneficiario economico quasi esclusivo” di Open, sebbene non abbia mai accettato l’imputazione di esserne stato il direttore di fatto. E sono proprio “i denari raccolti dalla Fondazione”, secondo i pm Luca Turco e Antonino Nastasi, ad averne determinato “l’ascesa politica”, da sindaco di Firenze a uomo più potente del Paese. Un percorso sostenuto, per la Procura, con milioni di euro di finanziamenti illeciti.
È in questo passaggio cruciale che i magistrati fiorentini ricostruiscono quella che per l’accusa è stata una sorta di Opa, lanciata da Renzi prima sul Pd e poi sul governo del Paese, grazie a una formidabile macchina da soldi, che in soli sei anni, fra il 2012 e il 2018, ha raccolto qualcosa come 5,2 milioni di euro. Il fundraising delle fondazioni renziane girava a una velocità da far impallidire i partiti tradizionali, compreso il suo.
matteo renzi udienza preliminare del processo open a firenze 5
Ma quei fondi, secondo la Procura di Firenze e la Guardia di Finanza, sfuggivano alla legge sul finanziamento ai partiti: i finanziatori sarebbero stati ben consci di voler contribuire alle campagne del Rottamatore, e non genericamente le attività di una fondazione; anzi, in alcuni casi il finanziamento sarebbe stato propedeutico a un incontro con quello che poi è diventato il presidente del Consiglio. Come racconta ai pm l’armatore Vincenzo Onorato: “Volevo contribuire alle manifestazioni renziane, mi indirizzarono ad Alberto Bianchi”. L’avvocato e presidente di quella Fondazione, che per i pm era una specie di “interposizione” fra i donatori e Renzi.
Dopo oltre due anni, è arrivata ieri alla fase decisiva l’udienza preliminare infinita del caso Open. In aula i magistrati hanno ripercorso le tappe più aspre di una campagna politico-mediatica che spesso hanno offuscato il merito giudiziario: 9 interrogazioni parlamentari (5 su Open e altre 4 a fascicoli di Turco); 5 denunce per presunti abusi dei giudici finite a Genova e tutte archiviate; due procedimenti disciplinari; un’ispezione ministeriale.
Le doglianze di Renzi, che ha concesso molte interviste ma alla fine non si è fatto sentire in aula, sono state raccolte in due edizioni del libro “Il Mostro” e poi in un “libretto rosso” anti-pm. Al centro delle polemiche spesso ci sono state le presunte violazioni delle prerogative parlamentari, ma per i magistrati la controparte confonderebbe le prerogative con il privilegio dell’“intangibilità”.
LA PROCURA ieri ha chiesto il rinvio a giudizio per 11 imputati e 4 società, fra cui l’ex premier, i parlamentari Maria Elena Boschi e Luca Lotti, Marco Carrai e Alberto Bianchi, accusati, a vario titolo, di finanziamento illecito, corruzione, riciclaggio e traffico di influenze illecite.
La corruzione, contestata a Lotti e Bianchi, è di tipo “funzionale”, lo stesso reato per cui ha patteggiato Giovanni Toti a Genova: l’accusa è di aver messo la propria funzione istituzionale a disposizione di due grandi finanziatori, il gruppo autostradale Toto e British American Tobacco (Bat), che in cambio dei finanziamenti avrebbero ottenuto emendamenti favorevoli, passati dalle mani di Lotti; al gruppo Toto è contestato anche di aver mascherato un pagamento occulto da 400 mila euro attraverso una parcella di Bianchi.
Gli anglosassoni, si sa, sono molto più rigidi sul tema del finanziamento alla politica, e dagli uffici inglesi di Bat a un certo punto si preoccupano: “Questo sostegno finanziario ha l’effetto di classificare il nostro contributo alla Fondazione politico indiretto? E se no, perché no?”, chiedono ai referenti italiani.
(…) Il grosso delle spese, concludono i pm, servivano a Renzi e alle sue iniziative: cene, aerei, treni, soggiorni; 1,5 milioni di euro per i comitati Sì referendum; un apparato comunicativo mastodontico, le fatture di Dotmedia, 250 mila euro per la squadra dedicata ai social network.
Il 12 dicembre sarà la volta delle repliche. La difesa ha già portato a casa risultati importanti in questi anni. Su tutti, l’annullamento della Cassazione al materiale sequestrato a Carrai. A questo passaggio si è poi aggiunta la Giunta per le autorizzazioni del Parlamento, che ha impedito l’utilizzo delle comunicazioni dei parlamentari. “Gli argomenti usati dal pm Turco nell’udienza di oggi sono gli stessi che la Cassazione ha già distrutto uno dopo l’altro”, ha commentato Federico Bagattini, uno dei difensori di Matteo Renzi.