IL MONDO DELLO SPORT PIANGE CELINA SEGHI, LA PRIMA CAMPIONESSA DI SCI ITALIANA, SCOMPARSA OGGI ALL’ETÀ DI 102 ANNI A PISTOIA. ERA CONOSCIUTA COME IL “TOPOLINO DELLE NEVI” E FU UNA DELLE PRIME DONNE SULLE PISTE DI SCI - AI TEMPI SCIAVA “CON LE SOTTANINE” E LA PRIMA VOLTA CHE INDOSSÒ DEI PANTALONI FU PER VIA DEL PARROCO CHE DOVEVA VENIRE A VEDERLA – IL RAMMARICO: “LA GUERRA HA ROVINATO LA MIA CARRIERA PROPRIO QUANDO AVEVO COMINCIATO A VINCERE, AVEVO VENT’ANNI E SCAPPAVAMO DALLE BOMBE... ALTRO CHE SCI”

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Matteo Lignelli per corriere.it

 

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Bastano poche parole per inquadrare la leggenda di Celina Seghi: ad esempio, che è stata una delle prime donne a disputare i mondiali di sci. La più vincente di sempre, in Italia, in un’epoca di guerre e di forti pregiudizi nei confronti dello sport femminile. Conosciuta come il «topolino delle nevi», ha sgattaiolato tra i monti, con quel fisico mingherlino che l’ha sempre caratterizzata e il sorriso stampato sul viso, indossando gli sci finché ha potuto, anche dopo gli 80 anni. Era nata all’Abetone (Pistoia) il 6 marzo 1920 (ma a causa di una tempesta di neve, all’anagrafe è stata registrata 48 ore più tardi) dov’è morta a 102 anni.

 

Ai tempi sciava «con le sottanine» e la prima volta che indossò dei pantaloni fu per via del parroco che doveva venire a vederla. «Se cadi vestita così — disse sua madre — si vedrà tutto». Del resto la voce di quella ragazza che andava «più veloce dei maschi» si era sparsa velocemente all’Abetone, e in tanti avevano iniziato a seguirla con interesse. Ne fece le spese anche un altro degli azzurri più forti di tutti i tempi: Zeno Colò, suo coetaneo pure lui abetonese.

 

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Riuscì a batterlo ai Mondiali del ‘41 a Cortina, che però non furono mai omologati per via della guerra. E se lei al ritorno venne festeggiata da tutto il paese, c’è una vecchia storia secondo la quale al collega furono regalati i ferri da maglia. «La guerra — ha ammesso Celina Seghi qualche tempo fa in un’intervista — ha rovinato la mia carriera proprio quando avevo cominciato da vincere, avevo vent’anni e scappavamo dalle bombe... altro che sci».

 

Eppure è riuscita a vincere 37 medaglie (la prima a 14 anni e l’ultima a 34) con oltre venti titoli italiani, continuando a gareggiare fino alla vigilia dei Giochi olimpici invernali di Cortina del 1956. Comprese competizioni internazionali come l’Arlberg-Kandahar. Nell’edizione del ‘47, disputata a Murren, s’impose nella discesa libera e nella combinata, oltre che seconda nello slalom speciale; in quella del 1948, a Chamonix, trionfò nello slalom speciale e nella combinata e finì terza nella discesa libera. Ricevendo la famosa “K di diamanti”, il premio più prestigioso dell’epoca.

 

 

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Un vero e proprio simbolo dello sport degli anni Quaranta e Cinquanta ricordata dalla federazione, quando in piena pandemia ha compiuto 100 anni, come la sciatrice detentrice del record di medaglie ai Campionati italiani. La ricetta della longevità? Semplice, almeno secondo lei: «Un pezzetto di cioccolata ogni tanto e una passeggiata quotidiana, andare a letto presto, mangiare con moderazione, tenere vivo il passato». Le piaceva molto, era uno di quei momenti in cui suoi occhi, spesso coperti da eleganti occhiali da sole, si facevano umidi.

 

Raccontando le sue discese, o riguardando vecchie fotografie. Come nel 2017 quando voleva essere presente a ogni costo a una mostra sulla storia dello sport a Pistoia, in occasione della nomina della città a Capitale italiana della cultura, o per l’apertura del Museo dello Sci all’Abetone che ha una sala dedicata solo a lei.

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