Dario Salvatori per Dagospia
Trieste, 1942. Lo studente di Giurisprudenza Lelio Luttazzi non riesce ad andare oltre ai primi due esami. Preferisce la musica, il jazz, particolarmente il dixieland l’America degli anni Venti, in particolar modo Louis Armstrong. Si esibisce con giovani musicisti della sua città. Improvvisamente arriva l’episodio inaspettato. Nel 1943 arriva a Trieste Ernesto Bonino, cantante jazz già molto noto, Lelio dirige il suo gruppo e il cantante torinese si interessa a lui, chiedendogli una canzone.
Lelio la scrive e la spedisce. Si tratta di un brano swing, “Il giovanotto matto”. La guerra insabbia un po’ tutto, ma cinque anni dopo a Luttazzi arriva un assegno della Siae, la sua canzone ha maturato ben 350 mila lire! Un botto. Intanto aveva conosciuto Teddy Reno, triestino, buon cantante, piace alle ragazze e anche lui ha voglia di sfondare. I due si trasferiscono a Milano, dove Teddy Reno fonda una casa discografica, la Cgd, che diventa un’etichetta di successo, di cui Luttazzi ne assume la direzione artistica. Nel giro di qualche anno la Cgd contrattualizza cantanti di successo, Jula De Palma, Johnny Dorelli, l’arrangiatore Gianni Ferrio e gli stessi Luttazzi e Reno.
Nel 1954 Lelio si trasferisce a Roma, chiamato dalla Rai a dirigere l’orchestra ritmica, cresce come arrangiatore, firma le sue prime colonne sonore ed è attratto dalla conduzione.
Adora i presentatori americani, i cosiddetti MC, maestri di cerimonia, ed impone il suo stile elegante, raffinato, un po’ snob, ma di grande estro. La sua pedana di lancio fu il programma radiofonico “Nati per la musica” ed è lì che affina il gusto dell’arrangiamento. In realtà in direttore d’orchestra di quel programma era Gorni Kramer, il quale, preso da molti impegni, fra Milano e Roma, finì per consegnare molti degli arrangiamenti nelle mani di Luttazzi. Amava il colore delle brass section di Glenn Miller, cercando di ricostruire quel pizzico di America che sognava e non aveva mai visto da vicino. In realtà fece molto di più. Si concentrò sulle sonorità, le inflessioni, i timbri degli strumenti, l’accentuazione e la dosatura dei toni, con una libertà e una forza di caratterizzazione in grado di trascendere dalla partitura stessa.
Come compositore non ha mai perso di vista Jerome Kern e Cole Porter, e nelle sue canzoni, sia quelle “descrittive”, come “Souvenir d’Italie”, “Quando una ragazza a New Orleans”, oppure “Canto anche se sono stonato”, lo swing c’è sempre. Poi ci sono quelle scritte per Mina: “Una zebra a pois”, “Bum ahi che colpo d luna”, fino a quelle ironiche, eseguite da lui stesso, per esempio “Legata ad uno scoglio” o “ El can de Trieste”. Il successo non ha mai mutato i suoi gusti musicali. Del resto è rimasto il custode di una tradizione di un genere che ha attraversato due secoli: lo swing. Fenomeno certamente non prevedibile, tanto più che l’alfiere di questa torrida miscela arriva da Trieste con confini geografici a volte molto labili. E per di più, fin da subito, capitale dell’ operetta.
Al di là di “Studio Uno”, la sua frequentazione televisiva è molto assidua: “Il paroliere questo sconosciuto” (con una Raffaella Carrà diciottenne) e “Ieri e oggi” i programmi da ricordare. I fasti di “Studio Uno”, lo storico show del sabato sera, abitua i telespettatori alle grandi star e Luttazzi ne assume la conduzione e i suoi duetti con Mina ed Alice ed Ellen Kessler e con tanti altri ospiti diventano mitici. Entrano prepotentemente nella storia della Tv.
Nel 1967 la Rai gli affida la “Hit Parade”, prima classifica di dischi compilata dalla Rai. Per la prima volta un programma radiofonico raggiunge i 4 milioni di ascoltatori.
Nel 1970 Luttazzi viene arrestato per colpa di Walter Chiari, ma il conduttore dopo tre settimane ne uscirà con la formula piena e l’anno dopo la Rai gli restituirà il programma. Ma è l’uomo ad uscirne frastornato, moralmente contuso, anche se l’artista e il talento ne usciranno “illesi”.
Luttazzi si defila, abbandona Roma, si stabilisce a Ceri, paese di alta collina in zona Cerveteri,e soltanto nel 1979, dopo aver sposato Rossana Moretti, ripartirà anche artisticamente.
Arriva la Tv, nuove composizioni, dischi, collaborazioni e un tributo continuo e sincero di tutto il mondo dello spettacolo, comprese le nuove generazioni.
Lelio Luttazzi muore l’8 luglio 2010 ad 87 anni, dopo che era tornato a vivere a Trieste, la sua città.
In occasione della ricorrenza del centenario della nascita, la Fondazione Luttazzi, ha prodotto un nuovo album, “Oltre il blu”, contenente le gemme cinematografiche, ovvero i film musicati come compositore. La title-track è da considerarsi l’ultima composizione del Maestro, scritta nel 2008 e rimasta inedita fin da oggi.
Un brano strumentale, mai eseguito, con un arrangiamento e un’orchestrazione a cura di Gabriele Comeglio e all’ultimo, con la voce sognante di Gianluca Gori (alias Drusilla Foer). Un personaggio del momento che ha stupito tutti, che interpreta questo brano con sofisticata emotività, con il suo stile, il suo garbo, con leggerezza, proprio lo specifico di Lelio: la capacità di entrare sempre in punta di piedi.
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