Alessandro Rico per “La Verità”
Prima regola del Grande fratello: premiare i sudditi obbedienti. È orribile, è distopico, ma ha una logica. Quella che nei Paesi occidentali, sedotti dal modello dello Stato di sorveglianza, sta andando a farsi benedire. Leggete cos' ha scritto Die Welt sul piano della Bundesnetzagentur, l'authority tedesca per l'energia: dal 2024, l'agenzia vuole ridurre drasticamente l'erogazione di elettricità destinata alle pompe di calore e alle stazioni di ricarica delle auto.
Una bella beffa, per i virtuosi che hanno eliminato le caldaie a gas, sperando di limitare l'inquinamento e fare un dispetto a Vladimir Putin. E che hanno rottamato il veicolo a diesel o a benzina, in favore di uno con le batterie. Come mai sarebbero i probi, quelli a impronta ecologica minima, i più colpiti dai tagli? È facile comprendere dove stia l'inghippo.
Alla graduale scomparsa delle fonti fossili e alla mitizzata transizione totale all'elettrico non si potrà far fronte, nel breve periodo, con pannelli solari e pale eoliche. Specialmente in Germania, la nazione che ha ritardato ma non cassato la decisione di rinunciare al nucleare e che, nel mentre, sconta il disaccoppiamento dall'abbondante ed economico metano russo.
Più consumi, meno energia prodotta - peraltro a carissimo prezzo. La soluzione tampone, che rischia di diventare la «nuova normalità» (vi ricorda qualcosa?), è quella proposta dall'ente federale teutonico: «Accettare le necessarie limitazioni delle comodità». Rinchiusi oggi per riabbracciarci domani: stessa solfa.
Nel nome di nobili principi, beninteso: la difesa della democrazia in Ucraina, la salvaguardia dell'ambiente in cui vivranno i nipotini di Greta Thunberg, la tutela dei nonni in cambio di una puntura ogni quattro mesi. Cosa c'entra il vaccino? Be', il ritornello, con la pandemia, il conflitto nel Donbass e l'agenda green, è sempre il solito: siamo nell'età della «permacrisi» (Ursula von der Leyen) e ci toccano sacrifici per un bene superiore.
La Bundesnetzagentur, per adesso, ha in mente una prima applicazione soft delle restrizioni: i flussi di corrente sarebbero portati a un minimo di 3,7 kilowattora. I comuni elettrodomestici funzionerebbero. Per l'aria calda e le Tesla, invece, il discorso cambierebbe: servirebbero tre ore di ricarica per garantire alla macchina un'autonomia di 50 chilometri. Una fregatura, eh? In alternativa, non resta che pedalare, come nell'incubo fantozziano del megadirettore maniaco delle bici: in sella alla bersagliera, da Berlino a Francoforte.
L'authority tedesca, al momento, non ha i mezzi né per sapere chi e quando sta consumando troppo, né per intervenire su singoli dispositivi. Ciò significa che per cinque anni - dal 2024 al 2029: capito? Lo stato d'eccezione non finisce mai - bisognerà utilizzare una sorta di controllo statistico, calcolando in anticipo in quali ore ci si deve aspettare un utilizzo particolarmente elevato di corrente e sforbiciando i flussi a interi nuclei familiari. Un modo per rendere più precisi gli interventi ci sarebbe: si tratterebbe di installare ovunque i contatori intelligenti. Il guaio è che ci vorrà parecchio. Ma tanto basta a dimostrare che il mantra dello «smart» nasconde gigantesche trappole.
Tutti connessi, tutti irretiti dalle chimere di efficienza e risparmio, tutti più esposti alla scure del Leviatano, che s' abbatte comodamente da remoto. L'industria dell'automotive, in Germania, è furibonda: teme che l'approvazione del programma scoraggi l'acquisto di macchine elettriche. A intaccare la solidità degli affari, comunque, ci penserà già l'inflazione: se n'è accorta anche la società di consulenza Ernst & Young.
Proprio in Germania, per percorrere circa 160 chilometri, oggi, una Tesla Model 3 assorbe 18,46 euro di ricarica in una stazione Supercharger. Con una Honda Civic quattro porte, che l'Epa considera l'equivalente a combustione della Model 3, ce ne vogliono 18,31 di benzina. Maria Bengtsson, partner di Ernst & Young e responsabile del business delle auto elettriche, ha avvertito che, visti i prezzi delle vetture, i costi dell'energia e il ritiro degli incentivi, il futuro full electric è ancora di là da venire.
Il domani può attendere; chi s' era portato avanti, sborsando quattrini per l'adeguamento climatico, dovrà rimettere mano al portafoglio, nonostante le solenni promesse degli ecoprofeti. Un esempio? A inizio dicembre, sul sito dell'Agenzia italiana per le nuove tecnologie, l'energia e lo sviluppo economico sostenibile, campeggiava il rapporto dell'Agenzia internazionale dell'energia, secondo il quale, grazie alle pompe di calore, «aumenta il risparmio energetico e calano le emissioni». Di questo passo, a calare saranno il conto in banca e la temperatura di casa. Sembra di rivedere il film del Covid.
Non a caso, l'attuale ministro della Salute del Bundesregierung, Karl Lauterbach, aveva collegato esplicitamente crisi sanitaria e crisi ambientale: «I provvedimenti e le restrizioni della libertà personale necessari per contenere la pandemia servono anche per le politiche sul cambiamento climatico». E in fondo, a gente tipo Frans Timmermans, vicepresidente della Commissione Ue, sembra che vada tutto bene: è giusto svenarsi per le bollette, così le persone si convinceranno che è indispensabile accelerare la transizione. La stessa che poi comporterà ulteriori spese, nonché decenni di razionamenti, stile socialismo di guerra. Penserete voi: almeno, il mondo ne uscirà un po' più verde. Può darsi. Di certo, nel frattempo, al verde ci finiremo noi.