
SPALLETTI, E' ARRIVATO IL MOMENTO DI FARE I CONTI CON LA REALTA'. ANDARE AI MONDIALI NON SARA’ FACILE: E’ UN’ITALIA SENZA QUALITA’ E IL GIRONE DI QUALIFICAZIONE È PIENO DI INSIDIE - IL PROBLEMA NON È HAALAND, CHE CI ASPETTA CON LA SUA NORVEGIA. IL PROBLEMA E’ UNA NAZIONALE NON DI ALTO LIVELLO (EUFEMISMO) COME DIMOSTRA IL PARI IN GERMANIA. È DIFFICILE RICORDARE UN DIFENSORE SCARSO COME GATTI CON LA MAGLIA AZZURRA ADDOSSO. VEDI MALDINI E CAPISCI PERCHE’ GASP LO TIENE IN PANCHINA. SPALLETTI TOPPA LA FORMAZIONE INIZIALE E RINUNCIA AI SUOI PROGETTI TATTICI VISIONARI: È STATO UN BEL PAREGGIO? NO. ABBIAMO TUTTI VISTO TROPPO CALCIO PER RACCONTARCI UNA BUGIA COSÌ… - IL SECONDO GOL PRESO DA CALCIO D'ANGOLO NON SI VEDE NEANCHE NELLE SERIE MINORI - VIDEO
Fabrizio Roncone per il Corriere della Sera - Estratti
Presagi: andare ai Mondiali non sarà facile. Dobbiamo prepararci ad attraversare un girone di qualificazione pieno di insidie.
Però, guardate: il problema non è Haaland, che ci aspetta con la sua Norvegia. Il problema siamo noi. È dentro di noi, è il nostro calcio tremendamente modesto. Con la Germania pareggiamo una partita intensa, confusa, anche emozionante, ma tragicamente sbagliata per tutto il primo tempo.
(...) Ci difendiamo in nove. Talvolta, in dieci. Solo Kean si astiene dall’arretrare sulla barricata. In linea, davanti a Donnarumma, Spalletti ne sistema addirittura cinque, e tutti di ruolo. Neppure Rocco ed Herrera osavano schierarne tanti in marcatura.
Da destra: Di Lorenzo, Gatti, Buongiorno, Bastoni e Udogie. Gatti va a uomo sul delizioso Musiala. Lo punta: e lo aggredisce, spesso falciandolo. L’arbitro, ad un certo punto, dopo l’ennesima randellata, è costretto ad ammonirlo e, mentre gli fa vedere il cartellino giallo, ha l’aria di dirgli: ragazzo, qui giochiamo a pallone, non a rugby.
Ma Gatti cosa può fare di diverso?
Avete presente i piedi di Gatti, no? È difficile ricordare un difensore tanto scarso con la maglia azzurra addosso.
Sono note sgradevoli. Anche a scriverle si è assaliti da una certa pena. Che gli vuoi dire a calciatori così?
Prendete Maldini. Ormai dovreste sapere che è pure d’un anno più vecchio di Musiala. E stasera sarebbe la sua grande occasione. Purtroppo, invece, stasera è chiara la ragione per cui Gasperini, a Bergamo, continua a farlo partire dalla panchina.
Sbaglia passaggi a un metro, non salta mai l’uomo, non innesca niente se non il rimpianto per quei due, tre palloni, che Ricci riesce a fargli arrivare nel cerchio di centrocampo, dove galleggia. La verità è che, di rango internazionale, Maldini ha solo il cognome. Non è una cattiveria: è la realtà. Qui bisogna cominciare a dirci le cose come stanno. Anche a costo di essere spiacevoli. Del resto, Maldini ha preso il posto di Raspadori, che a Milano era stato, letteralmente, inutile. E che qui è in panchina: lo facciamo entrare? Siamo messi così. È tutto il calcio italiano ad essere messo così.
Lo sa bene, Spalletti. Ha clamorosamente sbagliato la formazione iniziale, d’accordo. L’idea di aspettarli, per poi provare a ripartire, non ha funzionato. Il primo tempo lo chiudiamo sotto di tre gol (rigore di Kimmich, poi Musiala — con la difesa azzurra come narcotizzata: pazzesco, mai visto niente di simile — e quindi Kleindienst).
Ma è evidente che anche Spalletti, una volta rinunciato ai suoi progetti tattici visionari, e dentro un calcio più elementare, ha a disposizione un materiale umano non di alto livello (eufemismo). Chissà cosa dice ai suoi, nell’intervallo. Forse gli urla che si stanno facendo prendere a pallate. Comunque ordina a Maldini e Gatti di farsi la doccia, e al loro posto mette Frattesi e Politano. In effetti, torniamo in campo e siamo un po’ meno schiacciati.
Proviamo almeno a giocare il pallone, ecco. Certo siamo sempre casuali, completamente privi di un progetto preciso. Il gol di Kean arriva senza preavviso. La butta dentro. Punto. E questo, ovvio, ci dà morale. Se non hai qualità, ti attacchi a tutto. Anche ai piccoli segnali del destino. Il nostro c.t. forse avverte qualcosa nell’aria e si sbraccia, indica aperture e percorsi. Però poi rinfila le mani in tasca e incassa la testa. Rassegnato? Di certo, nei suoi occhi non c’è più traccia della sua celebre brace.
Ecco: adesso fa uscire Tonali, anche lui in difficoltà, impreciso, e fa entrare Raspadori. Sembra una mossa inutile. Ma neanche il tempo di valutarla, che Kean s’inventa un altro gol. Siamo 3-2, con i tedeschi che appaiono un po’ sorpresi. «Italiani sempre crante fottuna», soffia un cronista locale. Sì, però fai il bravo e pensa a scrivere. La verità è che i suoi hanno meno gamba. Meno testa. Sono in affanno.
L’arbitro, il polacco Marciniak, ci fischia un rigore a favore. Ma dai? Ma che fico. Che bellezza il calcio. Solo che poi l’uomo vestito di nero, tomo tomo, va a rivedersi l’azione al monitor. E perché? Arbitro, era fallo netto. Macché. Mezzo sguardo, e ci ripensa. Rigore annullato. Però poi ce ne dà un altro. Batte Raspadori: 3-3.
E allora che dobbiamo pensare, adesso: è stato un bel pareggio? No.
Abbiamo tutti visto troppo calcio per raccontarci una bugia così.