FORT APACHE BIANCONERO – ASSIST, GRINTA E 18 GOL: LA DIFFERENZA DI TEVEZ, L’EX “TEPPISTA” CHE HA TRASFORMATO LA SUPERIORITÀ DELLA JUVE IN UNA DITTATURA PALLONARA – ORA A BUENOS AIRES LO VOGLIONO A FUROR DI POPOLO AI MONDIALI


Emanuela Gamba per ‘La Repubblica'

La differenza tra vincere e dominare è Carlitos Tevez, l'uomo che ha trasformato la superiorità della Juve in una dittatura. Conte ha vinto - due scudetti su due, il primo dei quali senza perdere - anche senza l'Apache, ma è con lui che ha annientato la concorrenza, scavando una distanza incolmabile.

I gol di Tevez compensano le fasi di stanca, i limiti del gioco, le giornate storte. Se nelle prime due stagioni della gloriosa epoca contiana la Juve doveva spendersi fino all'ultima risorsa, ora può permettersi di speculare sul gol che arriverà, e che per lo più segnerà Tevez. Nelle ultime quattro partite (tre 1-0 e il 2-1 sul Parma) ha incasellato dodici punti segnando cinque reti con appena otto tiri nello specchio: un'evoluzione esistenziale per una squadra che due anni fa portò un solo giocatore in doppia cifra (Matri, dieci gol) malgrado attaccasse molto più di oggi, e che pareggiò quindici partite su trentotto perché le mancava l'istinto omicida: il rapporto tra volume di gioco e produttività era sproporzionatissimo.

Nell'annata passata le cose non sono cambiate molto: la Juve è evoluta tatticamente, stabilizzandosi nel 3-5-2, ma ha continuato ad arrivare alla rete attraverso un esercizio collettivo, tant'è che il miglior marcatore è risultato Vidal, dieci centri (e cinque nelle coppe) come Vucinic.

Quest'anno, tatticamente la Juve non ha fatto altri progressi. Conte si è limitato a ritoccare i movimenti degli attaccanti (che prima favorivano gli inserimenti di mezze ali ed esterni) per sfruttare al massimo le qualità di Llorente e Tevez, due punte come non aveva ancora avuto: con tutta la simpatia, Matri, Quagliarella, Vucinic, Giovinco, Borriello, Bendtner, l'ultimo Del Piero e l'ultimissimo Anelka sono di un livello più basso. La qualità del gioco si può dire peggiorata. Le partite sono meno spettacolari. Tatticamente, la maggiore parte degli avversari ha capito come imbrigliare i campioni d'Italia.

Ma la difesa resta intaccabile e con Tevez basta avere due occasioni da gol per segnarne uno: è una svolta capelliana più ancora che trapattoniana, anche se Conte nega ogni tipo di dipendenza: « Abbiamo già fatto a meno di lui». Ma non in gare complicate come quella di domenica a Napoli, che l'Apache salterà per squalifica. In ogni caso, l'allenatore considera questa una fase di transizione perché nel futuro della Juve vede il 4-3-3, dove Tevez casca a fagiolo. Tornerà ad evolvere la tattica, perché in Europa non basta essere tiranni di paese, per sfondare.

Dopo tutto, l'Apache nelle coppe non segna da cinque anni e ha sempre balbettato, malgrado abbia vinto una Champions con lo United. L'Europa (sei gol in 41 parite) è il suo limite, è la differenza tra un grande e un grandissimo, è forse la ragione per cui l'hanno lasciato venire in Italia a un prezzo abbordabile e magari anche dell'esilio dalla nazionale, dove non viene chiamato dall'infelice Copa America del 2011. Dicono che ci sia un veto di Messi, più a suo agio con i quattro che Sabella regolarmente convoca (Higuain, Agüero, Palacio, Lavezzi).

Dicono che il cittì preferisca evitare la pressione di stampa e tifosi, innamorati del jogador del pueblo più ancora che di Messi. Conte è felice perché così il suo fenomeno resta fresco («Dovessi alzare il telefono, a Sabella direi di continuare a non chiamarlo»), Tevez se n'è fatto una ragione («Vorrà dire che a luglio andrò a giocare a golf»). E all'Argentina i gol non mancheranno, in ogni caso.

 

TEVEZ JUVE PARMA TEVEZ E PIRLO IN JUVENTUS TORINO papa francesco bergoglio con tevez antonio-conte-fabio-capellolionel messi barcellona

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