BALO DESAPARECIDO - E’ IL CENTRAVANTI CHE NON C’È: CONTRO UNA SQUADRA CHE MESSA INSIEME NON GUADAGNA QUANTO LUI, SI MANGIA UN GOLAZO SOTTO PORTA, PERDE LE STAFFE, SI FA AMMONIRE E RESTA IL SOLITO OGGETTO MISTERIOSO
Emanuela Audisio per “la Repubblica”
mario balotelli in conferenza stampa
UN FANTASMINO che spaventa solo all’inizio. Poi ti accorgi che il primo a tremare è lui, baby Balotelli. Il centravanti che non c’è. Non ci sono state nemmeno le cinquanta sfumature di Mario. Giusto un po’ di colore, poi solo il grigio. Doveva salire, è affondato, anzi svanito. Doveva scandalizzare, nel modo migliore, facendo ammattire difese, anticipando avversari. E invece si è fatto ammonire per una stupida manata al difensore, quando l’Italia aveva la palla e doveva rimontare.
Uno schianto da dilettante, da pavone spiumato, un’abulia oblomoviana, ma quella almeno era un bel romanzo. Contro una squadra che forse messa insieme non guadagna quanto lui. Doveva fare il gladiatore, nell’Arena di Recife. Ma sì Davide contro Golia. Acchiappare la preda, esaltarsi, mostrare cosa c’è dentro ai muscoli, dopo la sua prima rete mundial. Stupire, affascinare, distruggere.
gli inglesi soffrono per balotelli
Invece ha sciupato due gol, e per il resto si è astenuto. Prima al 32’ ha sbagliato il controllo su una palla alta, accidenti sembrava fatta, ma il pallonetto è andato alle stelle, poi un minuto dopo si è fatto deviare un destro al volo da Navas. Tutto qui. In un primo tempo con l’Italia a trazione posteriore, Balo ci ha provato, nel secondo tempo, con una squadra a trazione anteriore, si è perso.
Come l’alunno a cui riesce una buona risposta alla prof, ma il giorno dopo ripiomba in un mutismo che non è di nessuno aiuto e che ti fa domandare: ma è lo stesso di ieri? Certo, non è stato il solo a franare. Ma era lui che doveva sbranarsi i ticos del Costarica, mica i re del futebol brasiliani.
Aveva parlato alla vigilia quasi fosse sotto effetto di una metamorfosi kafkiana, da saggio, da comandante maturo, meglio vincere insieme che segnare da solo, meglio la finale che una bella prestazione. Anche se gli toccava la stoccata di Julio Cesar, portiere del Brasile: «Con Mario ho avuto l’opportunità di giocare all’Inter, lui era un ragazzo. Me se devo scegliere tra Mario e Neymar, scelgo l’ultimo, più completo, più maturo ».
Incarta e porta casa giovane golden-boy azzurro che ti fai ammonire inutilmente. E che quando devi giocare con la tua classe, essere incontrollabile, esagerato, ti scomponi in un non progetto, come quelli che vanno in bagno per non essere interrogati. Il pallonetto non era facile, non è dai gol mancati che si giudica un giocatore, ma dalla continuità, dalla costanza, dalla voglia di esserci anche nelle difficoltà, di essere costruttivi, soprattutto quando il mondo dà prova di bellezza, e tu invece ti impantani.
balotelli dopo italia inghilterra
E nemmeno provi ad uscire dal fango, ma ti ci metti a sguazzare. Capita di sfiorare il gol, ma invece di dare le spalle a tutto, dovresti inquadrare meglio il destino, metterti a servizio di una rimonta, nel momento in cui la squadra ha un disperato bisogno di te e sulle tribune avversarie si canta “Sì se puede”. E tu invece rientri in te stesso, nel tuo io, che non riesce a diventare noi, chiudi la porta e inizi a litigare con tutti. Ripiombando in un passato da ragazzino, musone con le cuffie, che non sa alzare lo sguardo, tanto è concentrato sui suoi tormenti.
balotelli dopo italia inghilterra
Anche l’anno scorso nella partita di qualificazione contro la Repubblica Ceca aveva fatto lo stesso: promesso una maturità, per poi farsi espellere. Disturbo bipolare? Frustrazione per non essere capaci di essere quello che vogliamo? Ok lo disegnano sempre così, ma com’è che quando la matita tocca a lui viene quasi sempre fuori uno sgorbio freudiano?
Da fratellone doveva tenere per mano gli esordienti mondiali, Insigne e Cerci, la new wave azzurra in cerca del gol. Ma pure loro sono naufragati, mostrando inconsistenza, tutti e solo ragazzini, davanti a uomini che invece giocavano per la loro grande occasione della vita. Cerci: «Non è che con quattro palle che tocchi in 20’ riesci a risolvere la partita».
Ah no? Peccato che in questo mondiale chi è entrato dalla panchina abbia segnato 11 gol in 23 partite e spesso anche in quei fatidici venti minuti. Canterà nel cielo “Paloma Negra” per il suo Costarica, abbandonato da bambina, la grande Chavela Vargas che fumava il sigaro e si travestiva da uomo. E anche per questo Mario, che ha la testa lontana e che non riesce a liberarsi da se stesso.