L’IRA FUNESTA DI BALO - “I DIFENSORI MI PICCHIANO SCIENTIFICAMENTE E GLI ARBITRI SI VOLTANO DALL’ALTRA PARTE: MI VENGONO I 5 SECONDI POI MI PASSA SUBITO, MA È TARDI”
Enrico Currò per "la Repubblica"
L'imperscrutabile Totti per il momento la guarda da lontano: per lui la Nazionale non è ancora una sirena, ma al massimo una sirenetta, visto che dopodomani giocherà a Copenaghen e che il Mondiale è a otto mesi luce di distanza. Invece Cassano, dimagrito com'è, prova a prendere la rincorsa per il Brasile, ma ignora se l'atterraggio
sarà accanto a Prandelli o nell'Amazzonia delle sue troppe occasioni perdute.
Così, per adesso, l'attacco azzurro da esportare al Maracanà e dintorni è Balotelli & Rossi, la coppia di talento multietnica, il nuovo italiano e l'italiano d'America, il bad boy e il bravo ragazzo. Quando i luoghi comuni sono esauriti, restano due calciatori della categoria più gradita al ct - l'attaccante moderno - e perciò assai complementari. Infatti ieri sono stati provati accanto, nel tridente completato da Candreva a destra, e si sono scambiati spesso posizione, un po' centravanti e un po' ala sinistra. E' un indizio per la partita con la Danimarca, ma soprattutto per il Mondiale, sempre se resisteranno alle intemperie e alle intemperanze: gli infortuni di Pepito e le follie di Mario.
Prandelli l'idea l'aveva in testa già al debutto in panchina del 2010, a Londra, per l'amichevole con la Costa d'Avorio. I due si sfiorarono soltanto: Balotelli uscì dopo un'ora, Rossi entrò dopo un'ora e dieci. L'unica volta che hanno giocato accanto è stata tre mesi più tardi, nel primo tempo della sciagurata amichevole con la Romania: Rossi a fare il capitano di 23 anni, Balotelli la recluta di 20 anni col sottofondo degli agghiaccianti cori neonazisti, a lui dedicati, sull'inesistenza dei neri italiani. Ora la coppia può finalmente ricongiungersi: a Prandelli deve sembrare un miracolo e forse un po' anche a loro due, per questo nessuno si sbilancia sulla formazione.
Balotelli, tra un dribbling al codice etico e uno agli avversari, è preoccupato che la sua presenza in Nazionale non si trasformi in un rosario di recriminazioni a Milanello, dove a volte gli rimproverano di tornare scarico dalle parentesi azzurre, come El Shaarawy. Ieri ha controllato con pignoleria le tabelle degli esercizi atletici personalizzati per lui, per Montolivo, per Poli e per Abate, che in azzurro si è infortunato l'ultima volta.
Ma in questi giorni a Coverciano ha soprattutto confessato a qualche compagno il proprio tormento di inguaribile iracondo: «In Italia i difensori mi picchiano scientificamente, per farmi reagire, e gli arbitri si voltano dall'altra parte. A me vengono i cinque secondi. Mi passa subito, però a volte è troppo tardi. Devo cercare di resistere». Paolo Maldini l'ha invitato a farlo al più presto. «Ormai Mario è un uomo, mi aspetto una maturazione da lui».
Il cosmopolita Rossi è un tipo più riflessivo. «Ma non dite che Mario è il cattivo e io il buono. Lui non è come viene descritto e io non sono un santo». Un piccolo martire dell'infortunio, però, sì: il crociato del ginocchio destro gli è saltato tre volte in un anno, dall'ottobre 2011, e gliel'hanno infine rimesso a posto tre operazioni. Ha perso due anni di Nazionale - l'ultima partita, in Serbia, fu appunto nell'ottobre 2011 - e non vuole più avere fretta, adesso che la Fiorentina lo ha gloriosamente strappato a una vita da girovago, dal New Jersey a Parma, dall'Inghilterra alla Spagna. «Ho già pagato dazio, tra la prima e la seconda operazione, all'ansia dell'Europeo. Ora ragiono giorno per giorno». Lippi lo
gratificò di un pubblico rimpianto: «Mi pento di non averlo chiamato in Sudafrica».
Ma Pepito, che pareva già un giocatore del Barcellona di Messi, dai rimpianti fugge. «Mio padre, che non c'è più e al quale devo tantissimo, mi ha insegnato a pensare sempre al futuro, come la mia famiglia e il mio fisioterapista, Luke Bongiorno». Nel futuro dovrebbe esserci il Mondiale brasiliano. «Speriamo. Il calcio italiano è cresciuto tanto, anche se gli manca ancora qualcosa per essere all'altezza della Premier e della Liga. Ma questa Nazionale ha un gioco moderno: mi piace, è la mia casa. La sola cosa in cui non cresciamo è il modo di vivere la partita. Certi cori devono sparire dalla nostra cultura. Una partita a Lampedusa con la Nazionale? La giocherei subito».
BALOTELLI PIANGE CONSOLATO DA PRANDELLIprandelli balotelli italia danimarca ANTONIO CASSANOCANDREVA ESPULSO IN MILAN LAZIO GIUSEPPE ROSSI Balotelli segna il rigore calcio