CALCIO DOTTO - MI GIOCO FACCIA E (EVENTUALE) REPUTAZIONE. LA ROMA DI RUDI GARCIA DOMANI SERA FARÀ IMPAZZIRE DI GIOIA I SUOI TIFOSI E L’OLIMPICO SARÀ UNA FESTA. ORA VI RACCONTO PERCHÉ
Giancarlo Dotto per Dagospia
Mi gioco faccia e (eventuale) reputazione. La Roma di Rudi Garcia domani sera farà impazzire di gioia i suoi tifosi e l’Olimpico sarà una festa. Non dovesse accadere, chiedo a tutti i gabbiani di Trastevere e Testaccio di scaricarmi addosso fino a domenica inclusa i loro schifosi escrementi per punirmi di tanta vaticinante tracotanza. Lo so che la Roma passerà e ora vi racconto perché.
Garcia, Totti, De Rossi, Florenzi e tutti gli altri lo devono a sé, prima che ai loro tifosi. Aggiungo Walter Sabatini. Lui è contagioso anche da distanza. Sanno di essere una grande squadra, ma hanno bisogno di darsi una prova inequivocabile, un poster gigante da inchiodare nella mente, perché quello che sanno diventi quello che sono. La partita con il Manchester City arriva ideale. Non ci sono scuse.
Questa Roma deve anche brutalmente rispondere alla parte mortifera e antropofaga della città, quella dotata di tastiere e microfoni. Non tutti, certo, ma i più rumorosi, quelli che riescono a certificare la propria esistenza solo arruolandosi in un plotone d’esecuzione. I bersagli cambiano, la sete di sangue mai.
Gentucola che ha un solo modo di rimpinzare il proprio ego malconcio, sparare e massacrare. E’ questo miserabile luna-park il peggio della Roma pallonara. L’ultima grande novità, in fatto di entità da impallinare, è Rudi Garcia (De Rossi ci ha fatto il callo o forse no, sicuramente no, ce ne sono di pieghe amare sotto la barba).
Venerato fino poche settimane fa, si dice e si mormora del francese di sangue andaluso che si è “romanizzato”, che è diventato “arrogante” e che, soprattutto, si è “innamorato”, che a Roma equivale a dire “rincoglionito”. Si rimprovera a Garcia quello per cui lo si celebrava fino a ieri. Di essere stato temerario contro il Bayern, suicida nell’aggiudicarsi uno scudetto non ancora vinto, pazzo e sconsiderato nelle scelte a Mosca e con il Sassuolo.
Cecchini di ogni sponda ci spiegano con la solita, infallibile scienza del poi che il tecnico romanista ha privilegiato il Manchester al Sassuolo. Ridicolo. Garcia voleva quella vittoria sabato sera più di ogni altra cosa. Parliamo di un uomo che fa dell’ottimismo il suo metodo e dell’empatia la sua chiave d’accesso.
Lui ha davvero una fiducia esagerata nella sua banda e la formazione che ha scelto gli dava tutte le garanzie possibili. Non poteva prevedere che De Sanctis inciampasse in quella gaffe da presunzione (tipica di un uomo la cui personalità è più forte del talento di portiere) e che Destro si nascondesse tutto il tempo.
EMPOLI ROMA NAINGGOLAN DE ROSSI PJANIC
L’ottimismo di Garcia non è la mortadella negli occhi del fesso ma un esercizio ascetico di grande livello. Serve a questa città come un elisir di vita. Ha salvato la chiesa Roma più che depressa di un anno e mezzo fa e sappiamo dove l’ha sospinta dove nessuno immaginava.
E’ vero, qua e là, può anche essere il suo limite (è sottile il bordo tra la preghiera dell’ottimista e lo slancio suicida), ma è quanto di meglio Roma e la Roma possano augurarsi da qui all’eternità, un allenatore straniero (ma straniero davvero, alla Camus, senza codici da spartire), che ama la vita e se ne fotte dei fegatosi pettegoli e amplificati. Uno straniero che, però, sente quando è il momento di non esserlo più, sotto la Sud.